lunedì 28 settembre 2015

expo ragionando sugli esiti

SUI CONTENUTI DI EXPO

Scritto da Aldo Bonomi.
Expo
Intervista ad Aldo Bonomi di Repubblica.
"Per valutare Expo uso due categorie: i segnali forti e quelli deboli. Per adesso quelli deboli sono sottotraccia: bisogna vedere se riusciranno ad imporsi, ora che si avvicina la chiusura dell'evento e che bisogna pensare a cosa lascia davvero in eredità". Il sociologo Aldo Bonomi è responsabile dei progetti regionali di Expo e, in questa veste, segue da vicino quello che accade, da cinque mesi, dentro e fuori il sito di Expo.
Professor Bonomi, cosa sono i segnali forti e i segnali deboli?"I primi sono quelli per cui Expo viene, giustamente, celebrata da tutti: i numeri dei visitatori, la logistica e le infrastrutture, la presenza costante di capi di Stato, le autocelebrazioni che gli stessi stati stanno facendo. E, non ultima, la movida che si è creata nel sito: tutti questi fattori sono, nei fatti, quelli che danno la dimensione del successo di Expo".
Il senso dell'Esposizione, però, dovrebbe andare oltre questi aspetti, non trova?"Qui arriviamo ai segnali deboli. Attenzione: li chiamo deboli in senso ironico, perché in realtà dovrebbero essere quelli predominanti. Guardando al calendario di Expo sono stati tantissimi, diffusi carsicamente: il convegno della Caritas sulla povertà, i tantissimi momenti di riflessione alla Cascina Triulza e negli spazi regionali, dai forum sull'acqua ai seminari sulle migrazioni".
Bastano, per dire che il tema è stato in primo piano?"Certo che l'effetto fiera globale è quello che colpisce. Ma il dibattito non è mancato, e gli stessi segnali li ho visti anche nel fuori Expo. Certo, non tutti, dentro e fuori al sito, sono attinenti al tema "Nutrire il pianeta, energia per la vita"".
E quindi restano deboli?"Il vero problema è il riequilibrio tra i due aspetti: capisco che l'attenzione di tutti, a partire dai media, è concentrata su quelli forti. E capisco che, se arriva Putin lo stesso giorno in cui c'è un convegno pur interessante, si parli solo del primo. Ma adesso che siamo vicini alla fine bisogna capire se i ragionamenti che si stanno sviluppando avranno la forza di imporsi".
Forse è anche un problema di numeri: quelli che visitano Expo come una grande fiera sono molti di più di quelli che partecipano ai convegni."Non si può pretendere che 15 milioni di persone si appassionino ai dibattiti, è un processo sicuramente lento, ma è un punto di partenza. In quest'ultimo mese, fatta salva la necessità di celebrare i segnali forti del successo, è necessario che il tema di Expo torni in primo piano. Perché è un argomento che interroga le coscienze, quindi non si può chiudere con i cancelli il 31 ottobre".
In questo processo che ruolo ha la Carta di Milano?"È fondamentale, ed è molto positivo che dopo l'incontro di febbraio all'Hangar Bicocca ci sia un'altra convocazione sul sito. È chiaro che siamo dentro un discorso simbolico e sono certo che servirà più tempo per fare un bilancio delle ricadute reali della Carta. D'altra parte, però, questo momento storico - il tema delle migrazioni lo dimostra - è, tragicamente, quello nel quale è più necessario affrontare questi temi".

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