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Articolo e foto di Alessandro Di Ciommo
Tokio - Il disegno di legge, voluto dal governo conservatore, che reinterpreta lo storico articolo 9 della Costituzione giapponese per esercitare l'"autodifesa collettiva" sta per essere approvato (il voto definitivo, ormai scontato, è atteso per il 19 settembre).
Eppure l’articolo nove parla(va) chiaro:
“Il popolo giapponese rinuncia per sempre alla guerra come diritto sovrano della nazione e alla minaccia o all’uso della forza come strumento di soluzione delle dispute internazionali. Le forze terrestri, navali o aeree, così come altri potenziali strumenti di guerra, non saranno mai più mantenuti”.
La reinterpretazione permette all’esercito di entrare in guerra all’estero per proteggere gli alleati anche in mancanza di una minaccia diretta per il Giappone o i suoi alleati. Le pressioni degli Usa, dei mercanti di armi e delle mafie locali hanno dunque vinto, almeno sul piano legislativo: occorre produrre e vendere piu tecnologia bellica e comprare armi, quell'articolo 9 è un ostacolo.
Tuttavia, negli ultimi mesi il paese ha registrato proteste in difesa dell'articolo 9 piuttosto inusuali. A scendere in strada a Tokio sono soprattutto i giovani universitari ma anche gli insegnanti e gli anziani pacifisti. Nei giorni scorsi non sono mancati alcuni arresti. Le proteste potrebbero continuare anche nelle prossime settimane: il legame tra nuove spese militari e politiche liberiste è evidente (come sanno anche i promotori della protesta nel Mediterraneocontro la Nato, leggi L’economia di guerra targata Nato).
Certo qui le proteste per i diritti dei lavoratori sono praticamente inesistenti e la mercificazione della vita sembra inarrestabile. In realtà non tutti, in un paese che ha avuto più di tre milioni di morti in guerra e il bombardamento nucleare di Hiroshima e Nagasaki, vogliono tornare a immischiarsi con la politica militarizzata e con il nucleare delle grandi potenze.
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venerdì 18 settembre 2015
Giappone:un grido contro la guerra
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