mercoledì 28 dicembre 2016
appunti sul terrorismo
Terrorismo
Ma cosa ci raccontano?
di Antonio Moscato (sito)
domenica 25 dicembre 2016
Anche senza aderire alle teorie “complottiste” che circolano in rete, è lecito dubitare delle
versioni ufficiali fornite sui diversi episodi più recenti di terrorismo.
Se nell’immaginario collettivo appaiono ben più collegati tra loro di quanto non siano, in
realtà in tutti i casi l’unico elemento che li accomuna è la straordinaria inefficienza di tutti gli
organi di polizia e della cosiddetta intelligence.
Perfino nella Turchia ultrarepressiva, rimane inspiegata la facilità con cui un poliziotto fuori
servizio (non “ex poliziotto” come molte testate hanno detto per nascondere l’imbarazzo)
possa avvicinarsi armato all’ambasciatore russo (cioè di una potenza con cui il rapporto è in
evoluzione ma non è privo di incognite) e ucciderlo dopo aver fatto una clamorosa
proclamazione dei suoi intenti.
Mentre non sorprende la sua immediata esecuzione a sangue freddo, che permette di mettere
il suo gesto in conto all’ex amico e oggi nemico giurato di Erdogan Fethullah Gűlen e
contemporaneamente al PKK.
Nel caso del mercatino natalizio berlinese i pezzi del puzzle che non combaciano
sono parecchi, e sono stati rilevati da molti commentatori, tra cui il generale Fabio
Mini.
Intanto il bilancio della strage, che poteva essere ben più terribile data la mole del
Tir e il carico di acciaio, e che è stato spiegato con una colluttazione con l’autista
polacco ancora in grado di deviare il veicolo: ma se dicono che il Tir era stato
sequestrato da molte ore e procedeva in modo irregolare, non è facile spiegare
perché il dirottatore si fosse portato appresso l’autista ferito.
In ogni caso appare chiaro che non era per aggirare i controlli che, come a Nizza,
erano inesistenti.
E il dirottatore era solo?
Fosse o no concordata con qualcuno, la fuga dal luogo del massacro era stata
evidentemente facile, mentre veniva additato come responsabile dell’attacco
terrorista un pakistano, che ha avuto la fortuna di poter dimostrare la sua estraneità
ai fatti in tempi relativamente rapidi, comunque sufficienti a permettere ad Anis Amri
di lasciare la zona del mercatino e Berlino, e poi di traversare indisturbato in treno
la Germania e la Francia, nonostante su tutti i giornali fosse apparsa la sua foto.
La tragica conclusione del suo viaggio sembra poi dovuta a una casualità, a un
normale controllo (fatto da due poliziotti di commissariato) dell’identità di uno
magrebino che girava a quell’ora insolita della notte nel piazzale deserto della
stazione di Sesto S. Giovanni.
E che era dotato solo di una calibro 22 e di una scarsa rapidità (e precisione) di
tiro.
Si è aperto un dibattito sull’irresponsabilità di pubblicare nomi e foto dei due
poliziotti, esponendoli a possibili vendette, ma la spiegazione è semplice:
l’uccisione di Amri è stata un incidente in una normalissima azione di controllo
di eventuali “clandestini” da parte della polizia, senza nessuna partecipazione
dei tanto decantati corpi antiterrorismo, che avrebbero ben saputo proteggere i
loro uomini.
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