Due appuntamenti a Roma per opporsi al CETA
Per quanto riguarda il voto di ratifica del trattato CETA tra Europa e Canada è stato rinviato a martedì 27 giugno il parere in Commissione Affari esteri del Senato. La campagna Stop TTIP Italia, insieme alle associazioni agricole, ambientaliste e sindacali, rilancia la mobilitazione di piazza per bloccare l’accordo. Appuntamento martedì 27 alle 10 al Pantheon. Tutti presenti con piatti, casseruole, tricchetracche. Prove generali, per il grande evento del 5 luglio a piazza Montecitorio…
di Elena Mazzoni*
Questa settimana il CETA, il Trattato di liberalizzazione commerciale tra Unione Europea e Canada, è approdato in Senato, nel più assoluto silenzio mediatico e con l’intenzione della maggioranza di avere la ratifica pronta per accompagnare il Presidente Mattarella nel suo viaggio istituzionale canadese.
L’imponente mobilitazione organizzata dalla Campagna StopTTIP-StopCETA Italia, le migliaia di lettere, tweet e dossier inviati ai senatori e al Presidente stesso dai cittadini, sono riuscite nell’impresa titanica di far slittare il voto della Commissione Affari Esteri a martedì 27 e quello in plenaria a mercoledì 28.
Il successo maggiore però non consiste nello slittamento del voto ma nell’aver costretto il presidente della Commissione, Pier Ferdinando Casini, a tenere audizioni e ad aprire una discussione, pur se di due soli giorni, su un tema tanto delicato ed altrettanto taciuto.
Un vero e proprio esempio di politica dal basso che ha infiammato gli animi e spinto Coldiretti, Cgil, Greenpeace, Slowfood e tutte le organizzazioni che sostengono la Campagna italiana, ad organizzare due momenti di intensa partecipazione in piazza a Roma, martedì 27 al Pantheon alle 10:00 e mercoledì 5 luglio, sempre alle 10:00, proprio in piazza Montecitorio
Qualcuno potrebbe chiedersi cosa non ci piaccia del CETA con il simpatico Canada del bel premier Trudaeu. I motivi sono tanti e potete trovarli riassunti nel libro bianco sottoscritto con Coldiretti, Cgil, Greenpeace, Arci, Acli, Legambiente Fairwatch e tre associazioni di consumatori e nei due dossier tecnici che la campagna italiana ha presentato in audizione in Senato.
Trudaeu non è il fascinoso vessillo dell’ambiente da sventolare per scacciare lo spauracchio arancione di Trump perchè, con le politiche attuali, il paese nord americano non manterrà i propri impegni nel controllo delle emissioni, elargendo 3,3 miliardi di dollari l’anno di sussidi pubblici ai combustibili fossili, tra cui l’inquinante petrolio da sabbie bituminose .
Una recente ispezione effettuata nelle zone di estrazione mineraria canadesi dall’OHCHR dell’ONU ha riscontrato delle violazioni dei diritti umani ed esortato le autorità canadesi a “integrare i diritti delle popolazioni indigene nelle loro politiche e nelle pratiche che disciplinano lo sfruttamento delle risorse naturali”. La delegazione ha inoltre sottolineato “la necessità per il governo di rafforzare l’accesso agli strumenti legali di ricorso per le vittime di abusi di diritto”.
Lo stesso Trudeau ha supportato incondizionatamente la costruzione dell’oleodotto Keystone XL, un progetto da 8 miliardi di dollari per portare quel petrolio negli Stati Uniti. Non proprio in linea con la narrazione mainstream del paese dello sciroppo d’acero.
Le risposte sono quindi molteplici ed anche molto tecniche ma la prima che viene in mente a me ogni volta in cui qualcuno mi chiede perchè io mi opponga al CETA, quella data con la pancia e non con lo studio dei testi, è che chiunque abbia un’idea del commercio sostenibile, equo, rispettoso dei diritti dei lavoratori, dell’ambiente, dei diritti umani, dei beni comuni, deve dire NO al CETA. Un NO potente.
Un NO di gente stanca di un mondo che abbatte le barriere per merci e capitali ed alza, inesorabilmente, invalicabilmente, quelle per la libera circolazione delle persone.
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