https://www.huffingtonpost.it/alfredo-de-girolamo/sharing-mobility-svolta-italiana-nella-mobilita-sostenibile_a_23398611/?utm_hp_ref=it-homepage
venerdì 30 marzo 2018
mercoledì 28 marzo 2018
una spiaggia per disabili
BEACH ARENA
I Comitati: "Questione ancora aperta, restiamo attenti"
"Si ripristini subito la passerella disabili"
Apprendiamo tramite comunicato stampa dell’Amministrazione che per il progetto Beach Arena è pervenuta una sola proposta, che non è stata considerata conforme a quanto previsto dall’avviso pubblico. Le associazioni che firmano questa nota (Italia Nostra, Comitato Spiagge Libere Rimini, One Labour Party) sono moderatamente soddisfatte per l’attenzione che siamo riusciti ad attirare sul tema, ma ancora non consideriamo la partita chiusa.
Sebbene fosse sin da principio evidente che nessuno, se non preparatosi in precedenza, avrebbe potuto presentare una proposta adeguata ad un progetto del genere in 20 giorni, non ci sono mai nemmeno state concesse indicazioni su cosa sarebbe successo in caso di mancato affidamento. Anche oggi la sola dichiarazione:
“L’Amministrazione si riserva di valutare caso per caso eventuali proposte che dovessero pervenire da parte di soggetti interessati a realizzare iniziative ed eventi di carattere temporaneo capaci di integrare e rendere ancora più attrattiva la già ricca programmazione di manifestazioni che la città di Rimini offre durante l’estate”
spiega ben poco delle intenzioni. Palco e chiringuitos rimarranno comunque ad occupare la spiaggia per 50 giorni o si provvederà a rispettare i 30 delle normative regionali? Non vorremmo che, come l’anno scorso, anche se scongiurato il problema dei 3 anni (+1) di affidamento, si lasciasse semplicemente il palco in coda alle non meglio precisate necessità della Molo Street Parade. In questo caso è evidente che tutti i problemi di merito, occupazione e sicurezza si riproporrebbero identici a come li abbiamo evidenziati nel primo comunicato. In ogni caso riteniamo permanga un forte dubbio riguardo ai concetti di principio per la spiaggia pubblica. Questa porzione del nostro territorio deve essere tutelata dal punto di vista paesaggistico nel suo uso prioritario, stabilito dalle norme nazionali e ribadito da diverse manifestazioni di volontà pubblica, con petizioni e manifestazioni, espresse nel corso degli anni. La Spiaggia Libera, deve essere libera.
Un’altra delle cose che ci preoccupano è la “valutazione diretta delle proposte che dovessero pervenire”. Un’affermazione vaga, che non vorremmo finisse per favorire il solo Consorzio del Porto, che ha già il Monopolio esclusivo di quanto istallato per la Molo Street Parade. Questo rispecchia, secondo il nostro parere, una mentalità accentratrice non proprio conforme ai principi di cui all' art. 30 del Codice dei Contratti Pubblici, (richiamato espressamente dall'art. 36) cioè: economicità, libera concorrenza, proporzionalità, non discriminazione, trasparenza.
Lasciamo per ultima, ma solo perché ci sta più a cuore, la faccenda della passerella per disabili, con punto d’ombra, non ripristinata dal 2016. A noi, ma non solo a noi certamente, pare che ora sia arrivato il momento di provvedere. Giacché nessuno è stato capace di intestarsi l’occupazione sine die della Spiaggia Libera, non vediamo nessun ostacolo a che sia occupata da un atto di civiltà.
Italia Nostra, Comitato Spiagge Libere Rimini, One Labour Party, Marco Affronte
noi scriviamo alla Sindaca
Buongiorno e Buona Pasqua sig. Sindaca di Savona,
siamo le casse processionali della Processione del Venerdì Santo e vorremmo porLe alcune questioni tramite i Verdi:
1) Forse Ella saprà che, tempo permettendo, venerdì usciremo in processione portate da fedeli ci verrà a vedere ? Sappiamo che Ella è molto impegnata a portare in giro il nome di Savona e a “tagliare nastri” ma ci dedicherà un momento del Suo prezioso tempo ,tenendo presente che è una processione implicante la fede e non una occasione di incontri per tenere insieme la Sua giunta e fare quel rimpasto ennesimo sempre annunciato e mai realizzato?
2) Noi statue però corremmo essere conosciute anche nel seguito dell’anno e allora perche’ non fare una promozione congiunta con la Diocesi?
3) Perche’ non aprire tutti gli oratori savonesi almeno nei weekend in modo che pure le cittadine e i cittadini possano venire a vederci e a gustare spesso anche le altre opere d’arte oltreche’ avere un diverso approccio verso di loro trattandosi pur sempre di edifici sacri?
4) Infine Le vorremmo chiedere, senza infierire, ma quando è venuta a vederci perche’ noi non lo rammentiamo dato che si muove sempre con una lunga scia di giornalisti e giornaliste? E’ andata a vedere la collezione di burattini Gambarutti, che ha promesso pubblicamente di visitare prima della fine della legislatura? Ha risposto alla cella di Mazzini, che da tempo aspetta una risposta e un orario di apertura piu’ consono alla propria funzione storica?
Ella ci verrà a vedere o dovremo aspettarLa invano come spesso succede ad altri monumenti savonesi?
Danilo Bruno e le casse della Processione del Venerdì Santo di Savona
nessuno tocchi Caino
NESSUNO TOCCHI CAINO NEWS
La newsletter a cura di Nessuno Tocchi Caino
Questo servizio e' realizzato nell'ambito di un progetto sostenuto dall'Unione Europea. Le opinioni espresse in questa pubblicazione non riflettono necessariamente quelle della Commissione dell'Unione Europea.
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Anno 18 - n. 10 - 24-03-2018
Contenuti del numero:
1. LA STORIA DELLA SETTIMANA : ZIMBABWE: PRESIDENTE COMMUTA LE CONDANNE A MORTE
2. NEWS FLASH: PAKISTAN: ASSOLTO CRISTIANO CHE ERA STATO CONDANNATO A MORTE PER BLASFEMIA
3. NEWS FLASH: IRAQ: PIU’ DI 3.000 CONDANNATI A MORTE PER TERRORISMO
4. NEWS FLASH: SINGAPORE: IMPICCATO PER TRAFFICO DI DROGA
5. NEWS FLASH: ARABIA SAUDITA: LAVORATORE INDONESIANO GIUSTIZIATO PER OMICIDIO
6. I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA :
ZIMBABWE: PRESIDENTE COMMUTA LE CONDANNE A MORTE
21 marzo 2018: Il presidente Emmerson Mnangagwa ha commutato in ergastolo la pena per i detenuti che sono nel braccio della morte da oltre 10 anni.
Annunciando l'amnistia, il Commissario per i servizi correzionali e carcerari dello Zimbabwe Alford Mashango Dube ha detto che il Presidente ha concesso le commutazioni "ai sensi della sezione 112 (1) (a), (c) e (d) della Costituzione dello Zimbabwe.
"La commutazione della condanna a morte in ergastolo è concessa a tutti i prigionieri che sono nel braccio della morte da dieci anni e oltre".
All'inizio del 2017 c'erano 97 detenuti condannati a morte e il Paese non giustizia prigionieri da più di 10 anni.
Inoltre, è stata concessa la remissione completa a tutti i prigionieri maschi condannati all'ergastolo il 28 febbraio 1998 o prima, e a tutte le detenute condannate all'ergastolo il 31 dicembre 2010 o prima.
Lo ZPCS (Servizio Correzionale e Carcerario dello Zimbabwe) ha applaudito alla mossa attuata dal presidente Mnangagwa nell'esercizio della sua prerogativa di grazia nei confronti di alcuni prigionieri dietro le sbarre.
"La misura non ha solo fatto molta strada nel decongestionare le nostre prigioni ma è servita come promemoria per i detenuti e la società che lo scopo della reclusione è fondato sul principio della riforma piuttosto che retributivo", ha affermato il Commissario.
Ha aggiunto: "Ora è lasciato alla società garantire che coloro che sono stati rilasciati si reintegrino sani e salvi nelle rispettive comunità".
I prigionieri graziati appartengono a 11 categorie.
La prima categoria è rappresentata da tutte le detenute condannate che hanno ottenuto la piena remissione del restante periodo di reclusione "a prescindere dal reato commesso, salvo per le condannate all'ergastolo e a morte".
Nella seconda categoria, a tutti i minori è stata concessa la remissione completa del restante periodo di reclusione. Questi sono stati graziati a prescindere dai reati commessi.
Tutti i prigionieri condannati alla reclusione per un periodo di 36 mesi o meno, e hanno scontato un quarto della pena, hanno ottenuto la remissione completa per il restante periodo di reclusione.
Mnangagwa ha anche graziato tutti i detenuti malati terminali che difficilmente sopravviveranno alle loro pene detentive. L'amnistia è concessa a coloro che saranno certificati da un ufficiale medico del carcere o da un ufficiale medico governativo.
L'amnistia è concessa anche ai prigionieri della prigione aperta.
"Questa categoria è composta da detenuti che, a seguito di un buon comportamento e di un genuino desiderio di riforma mentre sono nel carcere chiuso, sono stati selezionati per i programmi di riabilitazione del carcere aperto".
La piena remissione è stata concessa anche a tutti i detenuti di età pari o superiore a 60 anni e che hanno scontato un terzo della pena, salvo per quelli condannati all'ergastolo o a morte.
I detenuti condannati per furto di bestiame e che hanno scontato un terzo della pena hanno ricevuto un'amnistia completa.
Il commissario Dube ha chiesto alle comunità di accogliere chi ritorna.
"Facciamo appello a tutte le parti interessate, comprese le famiglie, le chiese, i gruppi di assistenza, la comunità imprenditoriale e la società in generale per facilitare la reintegrazione degli ex detenuti".
Ha anche esortato i beneficiari del perdono presidenziale a rispettare l'amnistia, astenendosi dal commettere ulteriori reati che li riporterebbero in prigione.
"Ci aspettiamo che vivano come cittadini rispettosi della legge se la società si fida di loro e li abbraccia".
(Fonti: bulawayo24.com, 21,03/2018)
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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH
PAKISTAN: ASSOLTO CRISTIANO CHE ERA STATO CONDANNATO A MORTE PER BLASFEMIA
23 marzo 2018: Un cristiano pakistano che era stato condannato a morte per blasfemia circa due anni fa è stato recentemente assolto.
L’accusa contro di lui - presentata da un agente di polizia la cui protezione aveva cercato contro due ricattatori - era "chiaramente fabbricata", ha detto il suo avvocato dopo l'assoluzione del 13 marzo.
Anjum Sandhu, della città nord-orientale di Gujranwala, nella provincia del Punjab, era andato dalla polizia nel maggio 2015 per riferire che Javed Naz e Jafar Ali gli avevano estorto 20.000 rupie ($ 200) e chiedevano ulteriori 50.000 rupie ($ 500).
I due uomini furono arrestati, ma dissero alla polizia che Sandhu, durante una discussione nella sua scuola, aveva "usato parole blasfeme" e che avevano una registrazione del fatto.
Napoleon Qayyum, attivista per i diritti umani e parente di Sandhu, ha affermato che "il ricatto riguardava una registrazione audio di una voce che sembrava quella di Sandhu.
Naz, con l'aiuto del suo amico Ali, produsse una registrazione audio con una voce simile a quella di Sandhu e lo minacciò di terribili conseguenze se non avesse dato i soldi che chiedevano.
Quando ancora una volta richiesero denaro, Sandhu si consultò con i suoi amici e presentò una denuncia alla polizia.
La polizia, invece di registrare un caso di ricatto, chiese ulteriori soldi a Sandhu, sapendo che gestiva una catena di scuole con successo economico".
Quando Sandhu cercò di rendere un Primo Rapporto Informativo presso la stazione di polizia, che secondo il codice di procedura penale del Pakistan avrebbe dovuto essere registrato per iscritto, "il poliziotto, piuttosto che registrare la dichiarazione di Sandhu, assunse il ruolo di accusatore", ha detto Qayyum.
La registrazione fu esaminata dal Laboratorio Scientifico Forense. L’opinione dei tecnici che si trattasse della voce di Sandhu convinse il giudice, e Sandhu fu dichiarato colpevole.
Riaz Anjum, uno degli avvocati difensori di Sandhu durante l'udienza di appello, dichiarò a World Watch Monitor che il caso era "chiaramente fabbricato".
"I giudici notarono che, sebbene l'inchiesta fosse viziata, non era stata trovata alcuna prova che potesse dimostrare se Sandhu avesse in qualche modo l'inclinazione a discutere di religione in primo luogo", ha detto Anjum.
"E’ un caso senza prove", ha aggiunto.
I giudici che hanno assolto Sandhu, i giudici Sayyed Mazahar Ali Hussain Naqvi e Mushtaq Ahmad, hanno affermato che "nessun noto esperto religioso della zona, con una vasta conoscenza dell'Islam, era coinvolto nel caso" e quindi non c’era garanzia di un'indagine corretta, trasparente e imparziale.
Le loro note di giudizio dicevano anche: "Il laboratorio forense a Lahore non aveva un sistema di riconoscimento vocale ... In assenza di un rapporto di comparazione vocale, non si può affermare con certezza che il discorso in questione sia stato effettivamente pronunciato da Anjum Naz Sindhu."
Sandhu è uno dei tre direttori della Science Locus School di Gujranwala. In occasione della sua condanna nel giugno 2016, anche Naz e Ali sono stati condannati a morte, ma solo dopo aver scontato 35 anni di prigione. Hanno anche ricevuto multe di 80.000 rupie ($ 800).
(Fonti: worldwatchmonitor.org, 23/03/2018)
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IRAQ: PIU’ DI 3.000 CONDANNATI A MORTE PER TERRORISMO
21 marzo 2018: L'Iraq ha arrestato o imprigionato almeno 19.000 persone accusate di legami con il gruppo dello Stato Islamico o altri reati legati al terrorismo e condannato a morte più di 3.000 di loro, secondo un'analisi della Associated Press.
L'incarcerazione di massa e la rapidità dei verdetti di colpevolezza sollevano preoccupazioni su possibili errori giudiziari - e preoccupazioni che i militanti in carcere stiano reclutando all'interno della popolazione carceraria per costruire nuove reti estremiste.
Il conteggio della AP si basa in parte sull'analisi di un foglio di calcolo che elenca tutte le 27.849 persone detenute in Iraq a fine gennaio, fornito da un funzionario che ha richiesto l'anonimato perché non autorizzato a parlare con i media. Si ritiene che altre migliaia siano detenuti da altri organismi, tra cui la polizia federale, l'intelligence militare e le forze curde. Queste cifre esatte non possono essere immediatamente ottenute.
L'AP ha stabilito che 8.861 dei prigionieri elencati nel foglio di calcolo siano stati giudicati colpevoli di accuse di terrorismo dall'inizio del 2013 - arresti molto probabilmente legati al gruppo dello Stato Islamico, secondo un membro dell'intelligence a Baghdad.
Inoltre, altre 11.000 persone sono attualmente detenute dal servizio segreto del ministero dell'Interno, sottoposte a interrogatorio o in attesa di processo, ha detto un secondo funzionario dell'intelligence. Entrambi i funzionari dell'intelligence hanno parlato in condizioni di anonimato perché non autorizzati a informare la stampa.
"C'è un grande sovraffollamento ... L'Iraq ha bisogno di un gran numero di investigatori e giudici per risolvere questo problema", ha detto alla AP Fadhel al-Gharwari, membro della Commissione per i diritti umani, nominata dal parlamento iracheno.
Al-Gharwari ha detto che molti procedimenti legali sono stati ritardati perché il Paese non ha le risorse per rispondere al picco delle carcerazioni.
Un gran numero di iracheni sono stati detenuti durante gli anni 2000, quando i governi degli Stati Uniti e dell'Iraq combattevano i militanti sunniti, compresa al-Qaida, e le milizie sciite. Nel 2007, al culmine dello scontro, l'esercito americano deteneva 25.000 persone. Il foglio di calcolo ottenuto dall'AP ha mostrato che circa 6.000 persone arrestate per reati di terrorismo prima del 2013 stanno ancora scontando le pene.
Ma l'attuale ondata di detenzioni ha colpito il sistema giudiziario iracheno molto di più perché gli arresti passati sono stati spalmati su un periodo molto più lungo e il maggior numero di detenuti è stato a carico dell'esercito americano, con solo una parte inviata ai tribunali iracheni e il resto rilasciato.
Human Rights Watch ha avvertito a novembre che l'ampio uso delle leggi sul terrorismo significa che coloro che avevano connessioni minime con il gruppo dello Stato Islamico sono coinvolti in procedimenti penali insieme ai responsabili dei peggiori abusi. Il gruppo ha stimato il numero di tali arrestati e prigionieri - circa 20.000 in tutto.
"Sulla base di tutti i miei incontri con alti funzionari governativi, ho la sensazione che nessuno - forse nemmeno il primo ministro in persona - conosca l'intero numero dei detenuti", ha detto Belkis Wille, ricercatore iracheno dell'organizzazione.
Il primo ministro Haider al-Abadi, che è in corsa per mantenere la sua carica nelle elezioni nazionali previste per maggio, ha ripetutamente chiesto condanne a morte accelerate per le persone accusate di terrorismo.
Il foglio di calcolo analizzato dall'AP ha mostrato che 3.130 detenuti sono stati condannati a morte con accuse di terrorismo dal 2013.
Dal 2014 sono state effettuate circa 250 esecuzioni di membri dell’IS, secondo il funzionario dell'intelligence di Baghdad. Circa 100 delle esecuzioni hanno avuto luogo l'anno scorso, un segno del ritmo accelerato delle impiccagioni.
Le Nazioni Unite hanno avvertito che le esecuzioni rapide mettono le persone innocenti a maggior rischio di essere condannate e giustiziate", con conseguenti errori giudiziari grossolani e irreversibili".
Il numero crescente di arrestati e imprigionati riflette la lotta di oltre quattro anni contro il gruppo dello Stato Islamico, che si è formato nel 2013 e ha conquistato quasi un terzo dell'Iraq e della vicina Siria l'anno successivo.
Le forze irachene e curde, sostenute da una coalizione guidata dagli Stati Uniti, alla fine hanno fatto arretrare il gruppo su entrambi i lati del confine, riconquistando quasi tutto il territorio entro la fine dell'anno scorso.
Durante i combattimenti, l'Iraq ha messo migliaia di sospetti dell'IS sotto processo nei tribunali antiterrorismo. I procedimenti cui hanno assistito la AP e i gruppi per i diritti umani spesso non duravano più di 30 minuti.
La stragrande maggioranza è stata condannata ai sensi della legge sul terrorismo irachena, che è stata criticata come eccessivamente ampia.
Alla domanda sui processi, Saad al-Hadithi, un portavoce del governo, ha dichiarato: "Il governo è impegnato affinché ogni criminale e terrorista riceva la giusta punizione".
La più grande concentrazione di persone con condanne relative all'IS si trova nella prigione centrale di Nasiriya, circa 320 chilometri a sud-est di Baghdad, un vasto complesso di massima sicurezza che ospita oltre 6.000 persone accusate di reati legati al terrorismo.
Le celle progettate per ospitare due prigionieri ora ne hanno sei, secondo un funzionario della prigione che ha parlato in condizioni di anonimato, in linea con i regolamenti. Il funzionario ha affermato che il sovraffollamento rende difficile l’isolamento dei prigionieri accusati di terrorismo e che un numero inadeguato di guardie significa che i membri dell’IS stanno promuovendo apertamente la loro ideologia all'interno della prigione.
Sebbene ai prigionieri di Nassiriya sia stato vietato l'anno scorso di tenere sermoni e reclutare compagni di prigionia, il funzionario ha detto di aver visto ancora prigionieri diffondere insegnamenti religiosi estremisti.
Nei reparti che detenevano per lo più dei terroristi, i membri di più alto livello dell’IS hanno vietato ai prigionieri di guardare la televisione. Molti alla mensa rifiutano di mangiare carne, credendo che non sia stata preparata secondo le linee guida religiose, ha detto il funzionario della prigione.
Il relativo controllo degli estremisti rievoca la prigione di Bucca, una struttura ormai chiusa che gli Stati Uniti hanno gestito nel sud dell'Iraq negli anni 2000.
L'impianto si è dimostrato una capsula di Petri dove i detenuti militanti si sono mescolati - compreso l'uomo che ora guida lo Stato Islamico, Abu Bakr al-Baghdadi, che vi ha trascorso quasi cinque anni, unendosi ad altri militanti che sono diventati importanti nel gruppo.
Funzionari iracheni affermano di aver preso provvedimenti per impedire la ripetizione del fenomeno di Bucca.
"Non permetteremo che Bucca succeda di nuovo", ha detto un funzionario del ministero degli Interni che sovraintende alla detenzione dei sospetti dell’IS nell'area di Mosul, parlando anche lui a condizione di mantenere l'anonimato, in linea con i regolamenti.
"Gli americani hanno liberato i loro prigionieri; sotto l'Iraq, riceveranno tutti la pena di morte ", ha detto.
Apparecchi per disturbare il segnale dei cellulari sono stati installati nelle carceri con sospetti dell’IS. Ma a Nassiriya, il funzionario della prigione ha detto che i detenuti sembrano rimanere in contatto con l'esterno.
Ha raccontato come pochi giorni dopo che una guardia ha punito un membro dell’IS nella prigione, l'uomo ha minacciato la famiglia della guardia, elencando i nomi e l'età dei suoi figli.
Gli imprigionamenti hanno colpito duramente la minoranza araba sunnita irachena, minacciando di peggiorare le tensioni con il governo controllato dagli sciiti. La comunità era allo stesso tempo il bacino da cui l’IS reclutava e la popolazione più brutalmente colpita dal suo dominio.
Le incarcerazioni di massa sotto l'ex primo ministro Nouri al-Maliki hanno provocato un diffuso risentimento tra i sunniti, contribuendo ad alimentare la crescita di IS.
Il capo della Croce Rossa Internazionale, un'organizzazione che visita regolarmente strutture di detenzione in Iraq, ha avvertito che le detenzioni di massa spesso contribuiscono a futuri cicli di violenza.
"Sono le torture, i maltrattamenti, le continue cattive condizioni a lungo termine nelle detenzioni che hanno radicalizzato molti soggetti che ritroviamo poi armati sul campo di battaglia", ha detto il presidente del CICR Peter Maurer durante una recente visita in Iraq.
(Sources: AP, 21/03/2018)
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SINGAPORE: IMPICCATO PER TRAFFICO DI DROGA
16 marzo 2018: Un uomo di Singapore è stato impiccato per traffico di droga nel Complesso della Prigione di Changi dopo non essere riuscito il giorno precedente a far riaprire il suo caso.
Hishamrudin Mohd, 56 anni, era stato dichiarato colpevole del traffico di 34,94 g di diamorfina e condannato a morte dall'Alta Corte il 2 febbraio 2016.
Un portavoce del Central Narcotics Bureau (CNB) ha detto che Hishamrudin era stato arrestato in un'operazione il 7 ottobre 2010, durante la quale erano stati recuperati dalla sua auto 59 pacchetti contenenti 604,05 g di sostanze polverose e granulari.
Le sostanze furono analizzate e trovate contenere 3,56 g di diamorfina o eroina pura.
Fu portato a casa sua, dove furono recuperati 193 pacchetti contenenti 4.061,68 g di sostanze polverose e granulari che contenevano 34,94 g di eroina pura.
Il portavoce del CNB ha ricordato che la legge sulla droga prevede la pena di morte se la quantità di diamorfina trafficata è superiore a 15 g.
Il suo ricorso contro la condanna a morte era stato respinto dalla Corte d'Appello il 3 luglio scorso. Anche le sue richieste di clemenza al Presidente sono fallite.
Il 15 marzo pomeriggio, ha presentato una mozione per riaprire il caso ed è stato ascoltato dai giudici di appello Andrew Phang, Judith Prakash e Hoo Sheau Peng.
Il tribunale, respingendo il ricorso, ha rilevato che non c'era nulla di nuovo nella sostanza nelle sue argomentazioni scritte o orali poiché i punti erano stati precedentemente ascoltati e respinti.
(Fonti: tnp.sg, 19/03/2018)
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ARABIA SAUDITA: LAVORATORE INDONESIANO GIUSTIZIATO PER OMICIDIO
18 marzo 2018: L'Arabia Saudita ha decapitato un lavoratore indonesiano per omicidio, nonostante le ripetute richieste del presidente Joko "Jokowi" Widodo affinché gli fosse concessa clemenza.
M. Zaini Misrin di Bangkalan, East Java, è stato giustiziato il 18 marzo, secondo la Migrant Care, un'organizzazione indonesiana che si occupa delle condizioni dei lavoratori migranti indonesiani.
Zaini, che lavorava come autista, era stato condannato a morte il 17 novembre 2008, dopo essere stato riconosciuto colpevole di aver ucciso il suo datore di lavoro, Abdullah bin Umar Munammad Al Sindy. Era stato arrestato il 13 luglio 2004.
La Migrant Care sospetta che il 53enne abitante del Bangkalan sia stato costretto a confessare l'omicidio.
Il gruppo sostiene inoltre che Zaini non abbia ricevuto assistenza legale durante il processo e che sia stato accompagnato solo da un traduttore ritenuto complice nel costringerlo a confessare il crimine che ha affermato di non aver commesso.
"L'Arabia Saudita non ha informato l'Indonesia [dell'esecuzione] né attraverso il consolato generale a Gedda né attraverso il ministero degli Esteri", ha detto il gruppo in un comunicato.
Il ministero degli Esteri indonesiano ha confermato l'esecuzione e il Migrant Care sostiene di non essere stata informata in anticipo da Riyad sulla decapitazione di Zaini.
Il presidente Jokowi ha chiesto clemenza per Zaini e altri indonesiani nel braccio della morte in Arabia Saudita in almeno tre occasioni: durante la sua visita a Riyadh nel settembre 2015, durante la visita di Re Salman a Giacarta nel marzo 2017 e attraverso una lettera inviata alle autorità saudite nel mese di novembre 2017.
Il consolato generale indonesiano a Jeddah aveva anche chiesto che il caso di Zaini fosse rivisto e una nuova inchiesta era stata condotta tra il 2011 e il 2014, secondo la Migrant Care. Gli sforzi legali, tuttavia, non sono riusciti a ribaltare la sua condanna.
(Fonti: The Jakarta Post, 19/03/2018)
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martedì 27 marzo 2018
che succede in Spagna da ecumenici.it
est'articolo è disponibile anche in: Spagnolo
Venerdì scorso, 23 marzo, il giudice della Corte Suprema Pablo Llarena ha emesso sentenza di incarcerazione incondizionata per il candidato alla Presidenza del governo catalano, Jordi Turull; l’ex presidentessa del Parlamento catalano Carme Forcadell e gli “exconsellers” Raül Romeva, Josep Rull e Dolors Bassa. Questa domenica, 25 marzo, l’ex presidente della Generalitat Carles Puigdemont è stato arrestato e imprigionato mentre attraversava il confine tedesco in direzione del Belgio, in risposta al mandato di arresto europeo emesso dallo stesso giudice, che ha anche emesso mandati di cattura contro i politici Antoni Comín, Meritxell Serret, Lluís Puig, Clara Ponsati e Marta Rovira, rispettivamente in Belgio, Scozia e Svizzera.
Può essere legale, ma è immorale che dei vengano incarcerati per le loro idee senza aver avuto un processo, mentre le persone giudicate e condannate per corruzione e riciclaggio di denaro rimangono libere.
In risposta alle incarcerazioni in centinaia sono scesi per le strade delle principali città catalane: a Tarragona hanno bloccato l’autostrada AP7 con slogan come “Puigdemont il nostro presidente” a Sallent hanno bloccato l’”Eix trasversale” e a Girona hanno manifestato davanti alla sub delegazione del governo spagnolo e successivamente interrotto l’autostrada AP7; ci sono state anche interruzioni in alcune città dei Pirenei come Sort o Puigcerdà e nel sud della Catalogna.
A Barcellona si è svolta una manifestazione di massa aperta da uno striscione con scritto “Libertà per i prigionieri politici”, iniziata di fronte alla delegazione dell’Unione europea e conclusasi con la lettura di una dichiarazione davanti al consolato tedesco. Sempre a Barcellona ci sono state manifestazioni davanti al palazzo della delegazione del governo spagnolo in Catalogna.
Il presidente del parlamento è apparso in TV per rilasciare un messaggio istituzionale che chiedeva ai cittadini di rispondere con la nonviolenza a questo oltraggio dello stato spagnolo, di fronte a questa involuzione democratica. Ha avvertito che la Catalogna è diventata un laboratorio in cui il governo spagnolo può sperimentare la repressione contro qualsiasi opinione contraria ai suoi interessi. Ha anche annunciato che si sta lavorando a una proposta politica congiunta tra tutti i partiti e le entità per rispondere alla repressione. Ha insistito sul fatto che la situazione richiede una risposta politica e non giudiziaria.
In questi momenti i partiti indipendentisti ventilano tre alternative: sciopero generale, mobilitazione permanente o investitura immediata di Carles Puigdemont.
lunedì 26 marzo 2018
l'acqua del sindaco da scienziato preoccupato
Scienziato Preoccupato |
Posted: 23 Mar 2018 03:21 AM PDT
Gli italiani, sono tra i principali consumatori d’acqua in bottiglia: con 196 litri a testa, bevuti in un anno, gli italiani sono al terzo posto, a livello mondiale, dopo messicani e tailandesi.
Per Messico e Tailandia, la spiegazione degli elevati consumi di acqua imbottigliata è semplice: questi paesi hanno ancora gravi problemi di approvvigionamento di acqua potabile e l’uso d’acqua in bottiglia evita dissenteria e colera.
Per l’Italia, questo record è veramente difficile da spiegare.
L’Italia è ricca di sorgenti, con un’antichissima tradizione di gestione delle sue acque e oggi, tutte le abitazione dispongono d’acqua potabile.
Azzardo un’ipotesi: per la promozione delle tante sorgenti sfruttate per l’imbottigliamento, nel nostro paese c’è a disposizione un ricco repertorio di santi e madonne che rimandano agli antichi riti di purificazione e di guarigione che i popoli italici hanno, da sempre, abbinati alle fonti e alle sorgenti.
Certamente gli italiani ci tengono alla loro salute e, probabilmente si fidano più delle acque di fonte, e del santo protettore di turno, che dell’acqua del sindaco, portata in casa dalle laiche aziende municipalizzate.
Da qualche tempo, il luogo di approvvigionamento di acqua in bottiglia si sta spostando, dai centri commerciali, alle “casette dell’acqua”: distributori di acqua alla spina che, opportunamente pretrattata, può essere raccolta, con propri contenitori, liscia ma anche gasata e refrigerata.
Pubblicizzate come rimedio all’abnorme produzione di bottiglie di plastica che rapidamente diventano un ingombrante rifiuto, pericoloso per il mare e le sue creature, le “casette dell’acqua” si stanno moltiplicando a vista d’occhio. Il censimento dell’anno scorso ne ha contato, in tutta Italia, duemila e sedici, la maggior parte in Lombardia (574), a seguire Lazio (271) e Piemonte (233).
In Liguria, questa nuova forma di consumismo “verde” non sembra avere grande successo: le “casette” attive sono una decina (Lavagna, Bargagli, Campomorone, Varazze, Pietra Ligure, Loano, Savona, Sori).
Ci piacerebbe pensare che questo sia dovuto alla tradizionale saggezza e sobrietà dei liguri che hanno capito che, poiché la stessa acqua ti arriva comodamente in casa, non c’è nessun motivo di “camallarsi” acqua raccolta alla “casetta”, spesso fuori mano. Meno che mai, se bisogna pagare qualche centesimo a bottiglia.
E sia mai che si scoprisse che i 20.000 euro necessari per la realizzazione di una “casetta dell’acqua” e i costi per la sua costante manutenzione possano essere spalmati sulla tariffa dell’acqua, come sembra avvenire in Lombardia, con lo stanziamento, da parte della Regione Lombardia, di 800.000 euro per la realizzazione di questi distributori d’acqua.
In effetti, le indagini di Altro Consumo hanno confermato che non esistono grandi differenze tra l’acqua erogata dalle “casette” e quella raccolta, contemporaneamente, dal rubinetto di casa più vicino.
Peraltro, le analisi di quaranta diverse marche di acque in bottiglia, confrontate, sempre da Altro Consumo, con l’acqua raccolta alle fontanelle pubbliche di sette città italiane (Ancona, Roma, Torino, Padova, Palermo, Milano, Cagliari, Napoli) non hanno evidenziato sostanziali differenze: in entrambi i casi, circa la metà dei campioni analizzati ha totalizzato un punteggio-qualità superiore a 70 punti (su 100).
Con i dati IREN sulla qualità dell’acqua immessa negli acquedotti del genovesato ma, ancor più, con l’analisi dell’acqua raccolta direttamente dal mio rubinetto di casa, in quel di Bogliasco, posso confermare la buona qualità dell’acqua che oggi il sindaco Bucci offre ai suoi cittadini e ai comuni limitrofi, grazie all’interconnessione di tutti gli acquedotti realizzati a Genova, le cui acque, opportunamente trattate , provengono in gran parte dai laghi artificiali del Gorzente, del Brugneto e della Busalletta.
Si tratta d’invasi alimentati prevalentemente da acque piovane, lontani da aree abitate e da fonti inquinanti, quindi senza i problemi della presenza di contaminanti industriali e agricoli, spesso presenti nelle acque di falda delle zone di pianura.
Nessuna sorpresa, quindi, se nel campione di acqua raccolto dal rubinetto della mia cucina, il piombo sia assente e l’alluminio sia presente a concentrazione sei volte inferiore ai limiti di legge.
Anche la durezza, che misura la concentrazione nell’acqua di sali di calcio e magnesio, è molto bassa: 17,4 gradi francesi, di poco superiore al valore minimo (15 gradi) previsto dall’attuale normativa delle acque potabili e nettamente più bassa della durezza di una decina delle blasonate acque in bottiglia, analizzate da Altro Consumo.
In ogni caso, anche senza “casette dell’acqua” i genovesi e i turisti in giro per la città non sono lasciati a bocca asciutta.
Tutti, liberamente e senza spendere un centesimo, possono bere acqua dalle tante fontanelle pubbliche installate, da tempo, e che i genovesi conoscono come “bronzin”.
Nel 1835, nella città si trovavano milleduecento “bronzin”, che con le loro colonnine in ghisa, di sezione esagonale, dipinte di verde scuro e sormontate da un’elegante pigna, erano un elemento caratteristico dell’arredo urbano cittadino.
Purtroppo anni di disinteresse e abbandono hanno lasciato il segno e molte fontanelle hanno smesso di erogare acqua ma, in concomitanza con il referendum a tutela dell’acqua pubblica e con il crescente interesse dei cittadini per questa vitale risorsa, molte fontanelle di Genova sono tornate a nuova vita.
Il rinato interesse per le fontanelle pubbliche è testimoniato da un sito (https://www.fontanelle.org/mappa-citta.aspx) e una applicazione per smart-phone (Fontanelle) che, in molte città, permette di localizzare la fontanella più vicina.
Da questo sito, scopriamo che tra le cinquanta città italiane con maggior numero di fontanelle censite, Roma, con 2.611 “nasoni” stravince, ma Genova, con 225 “bronzini” funzionanti, è al quinto posto e Imperia, 91 fontanelle, al ventitreesimo posto.
Per la cronaca, la Spezia e Savona totalizzano, rispettivamente, 22 e 12 fontane pubbliche e 29 sono quelle rintracciabili nei paesi del Golfo Paradiso (Bogliasco, Pieve, Sori e Recco).
Ma, certamente, ancora molte fontanelle mancano all’appello: tutto il ponente genovese deve essere ancora censito, un’opportunità che offre l’applicazione “Fontanelle” che, smart-phone alla mano, permette anche di geo-referenziare nuove fontanelle da aggiungere all’elenco.
La caccia al “tesoro blu” che i nostri sindaci, con generosità ci regalano, è aperta.
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