Articolo preso dal quotidiano "Il Corriere della Sera", di Amalia De Simone. Si richiede al Ministro dell'Interno, l'On. Angelino Alfano, la Direzione Centrale della polizia criminale e nello specifico il Dipartimento della Pubblica Sicurezza, il Dott. Franco Gabrielli, di analizzare la storia della ragazza in oggetto ed eventualmente di intervenire in suo soccorso con il programma "testimoni".
Ha 24 anni ma i suoi documenti dicono che ne ha 28. Viene dalla Nigeria e la sua giovane vita è già una precoce odissea. Grace (la chiameremo così, per questioni di sicurezza), da mesi vive nascondendosi perché la mafia nigeriana la vuole morta. Anche per realizzare questa intervista abbiamo dovuto fare una serie di passaggi per essere sicuri che nessuno ci seguisse e che nessuno potesse vederla. Non ha voluto più prostituirsi e non ha voluto più trasportare droga per conto dell’organizzazione e non ha i soldi per pagare il suo riscatto. Questa è la sua condanna.Vogliono 50 mila euro: è il debito contratto con il patto siglato in Nigeria, quando le hanno fatto un rito segnandole le sue parti intime.
Il giuramento «Ci hanno fatto promettere di pagare, di non parlare con la polizia e di non provare a fuggire. È un giuramento che fanno tutti quelli che fanno partire verso l’Europa. La mafia nigeriana ha affiliati ovunque e sono in grado di rintracciarti sempre. Io sono stata inseguita fino in Austria». Dalla Nigeria alla Libia a Lampedusa poi Manduria e infine Rieti. La Via Crucis di Grace comincia con queste stazioni. «A Rieti avrei dovuto lasciare subito il campo per mettermi a lavorare sulla strada come prostituta. L’organizzazione mi obbligava a farlo, io invece ho cercato di trattenermi lì il più possibile poi ho dovuto cedere. Non avevo scelta, ma quella non era la mia vita».
La droga Per cercare una via d’uscita Grace accetta di fare un viaggio a Palermo insieme con un’amica. Lei però non sa che le hanno infilato della droga nella sua valigia e quando la polizia la ferma e trova quella busta con 6 kg di sostanze stupefacenti le crolla il mondo addosso. Finisce in carcere e poi agli arresti domiciliari. Dei mafiosi non dice nulla perché l’avevano minacciata di sterminare la sua famiglia. «Pensiamo di arrivare in Europa e trovare la libertà invece finiamo per essere schiavi di un’organizzazione fatta della nostra stessa gente. Quando vieni qui non hai scelta o fai la prostituta o il narcotrafficante. Gli uomini vengono avviati allo spaccio e se sono bravi utilizzeranno come corrieri. Io non ho voluto fare nulla di tutto questo e non avevo i soldi per pagare il riscatto e per questo loro si sono vendicati. Una sera mi contattò mia madre e mi disse che avevano aggredito mio padre, che stava male, aveva il corpo pieno di sangue e non parlava più. Dopo qualche settimana lui è morto. Da allora sono cominciate alle telefonate da un numero sconosciuto “Allora? Hai avuto la bella notizia?” Riferendosi chiaramente all’assassinio di mio padre. In quel periodo ero a Roma da lì mi sono spostata a Rosarno dove ho lavorato un po’ e poi sono andata in Austria. Qui una donna dell’organizzazione mia rintracciata picchiata e ha cercato di trattenermi ma sono riuscita a fuggire e sono tornata in Italia ed allora mi sposto in continuazione cercando di non farmi trovare».
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