alla vigilia della Conferenza dei sindaci convocata per domani, ed anche sulla base delle sollecitazioni che sono arrivate dalla vostra iniziativa del 25 settembre scorso, ho ritenuto utile esprimere alcune considerazioni a proposito dell’organizzazione dei servizi sanitari nel Savonese.
A disposizione per proseguire il confronto con gli “amici del San Paolo”, per me sempre molto utile, vi saluto cordialmente
Anna Giacobbe
Lettera aperta sulla sanità savonese, alla vigilia della Conferenza dei Sindaci dell’ASL 2
Domani si riunisce Conferenza dei Sindaci dell’ ASL n. 2 Savonese per la presentazione del Piano di Riordino Aziendale.
In questi giorni si è parlato di riduzione di sevizi e di cessione ai privati, a proposito della sanità savonese. Per di più dopo che il fondo sanitario nazionale, dopo tanti anni di tagli, è tornato a crescere.
Altre istituzioni hanno il diritto/dovere di organizzare l’offerta sanitaria, a partire dalla Regione. Credo che anche i sindaci debbano pretendere di avere titolo a decidere insieme, e a governare l’integrazione tra servizi sanitari e sociali, non appaltandola alla burocrazia regionale (per quanto competente)
Mi compete ascoltare e dare voce ai cittadini: loro pensano che i servizi sanitari siano inadeguati, liste di attesa lunghe, che si evitano pagando. Ma hanno anche maturato verso alcune strutture una stima ed un attaccamento che deriva da buoni servizi ricevuti, dalla qualità degli interventi e del rapporto con gli operatori. La fiducia nel servizio sanitario si costruisce facendolo funzionare.
La “Balduzzi”? Deve essere applicata con i margini di flessibilità che contiene per sostenere al meglio la rete savonese: noi abbiamo una realtà articolata che va resa adeguata alle esigenze della popolazione, i cittadini devono avere dalla struttura in cui si recano i servizi che da quella struttura ci si devono attendere. Savona per il bacino di popolazione servito, per il numero degli accessi, per il ruolo di capoluogo, deve avere un ospedale “vero”, in grado di affrontare le emergenze e tutto ciò che compete ad una struttura destinata a chi ha patologie in fase acuta; l’ospedale di Pietra L. si è guadagnato il ruolo di DEA di Secondo Livello (per altro mai completato nella sua dotazione di strutture) e ha al proprio interno eccellenze, che rischiano di essere via via impoverite; abbiamo un’area disagiata come la Valle Bormida, investimenti in strutture nuove, come ad Albenga, che devono essere utilizzate.
Un sistema che deve essere fatto funzionare meglio, anche in modo più razionale, e che non possiamo difendere “pezzo per pezzo”; l’insieme della provincia di Savona è “in credito”. Inoltre, considerare solo l’ospedale in sé, e non il rapporto con l’insieme dei servizi sanitari e sociosanitari, riduce la possibilità di trovare soluzioni e fare buona sanità.
La soluzione non sta certo nell’immaginare che i problemi di equilibrio economico e di efficienza siano risolvibili da operatori privati: a maggior ragione se si pensa di affidare loro la gestione dell’emergenza, legando a questo il mantenimento del pronto soccorso e il ruolo di “ospedale” a Cairo e Albenga. Chi gestisce il punto di accesso decide quanto e per cosa si spende; e tira la coperta corta dalla sua parte, se non ci riesce chiude e basta. E così salta il rapporto tra controllore e controllato, rispetto alla spesa, e rispetto alla appropriatezza.
Si può risparmiare? Ci sono sprechi, ad esempio negli effetti della “medicina difensiva” (ti faccio fare esami anche non utili e qualche volta dannosi, per non essere poi accusato di avere omesso interventi). Spesso gli anziani non hanno bisogno dell' ospedale ma di assistenza domiciliare e di cura: ma si riducono progressivamente gli spazi per la residenzialità non ospedaliera: e così si finisce di nuovo in ospedale.
Integrare gli Ospedali, ridurre i doppioni è giusto: ma un ospedale come quello di Savona, ad esempio, deve essere dotato delle attrezzature necessarie per salvare la vita delle persone, quando ce ne sono le condizioni, e la regola deve essere che si spostano gli operatori e non i malati: certo, bisogna avere per questo l’organizzazione adeguata e il personale necessario.
Altro ancora va fatto. Nulla è facile, e non è scaricando le responsabilità gli uni sugli altri, tra diverse istituzioni, che si trovano soluzioni.
Dopo anni di tagli, va riaperta la possibilità di assumere il personale necessario, di formarlo, di rinnovare i contratti di lavoro: questo compete al livello istituzionale a cui appartengo; anche questo è difficile, i margini sono stretti, ma va fatto: è il mio impegno.
Vedremo in dettaglio il Piano di Riorganizzazione Aziendale dell'ASL, ci sarà modo di discutere e di valutarne i contenuti nelle prossime settimane.
Anna Giacobbe, deputata savonese del Pd
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