Federalismo o barbarie
Appello per una iniziativa federalista europea
«Occorre fugare dal cuore degli uomini l’idolo immondo dello stato sovrano».
Luigi Einaudi
I nazionalismi nel ‘900 hanno provocato indicibili tragedie, facendo precipitare l’umanità nel suo punto più basso. Il fanatismo e l’egoismo scaturiti nello spazio geopolitico europeo a causa di quello che Einaudi giudicava «l’immondo idolo dello stato sovrano» hanno portato per due volte gli stati europei a distruggersi tra di loro, su una montagna di milioni di morti e sull’annientamento di ogni etica pubblica e privata.
Da questa constatazione, recuperando i valori fondamentali della critica e della libertà per tutti, alcuni spiriti illustri concepirono il disegno necessario, ancor prima che ideale, dell’unità europea. E le istituzioni di quella che è divenuta l’attuale Unione Europea nacquero, alla fine del secondo conflitto mondiale, da uno sforzo di cooperazione e di rinuncia parziale a un bruto perseguimento dell’interesse nazionale, basato sull’accordo delle componenti più avanzate delle tre gradi tradizioni di cultura politica del continente, liberalismo, socialismo e popolarismo.
La formazione dell’Europa unita e federale è stata però lentissima, poi sostanzialmente abbandonata con il prevalere degli interessi economici nazionali e in anni recenti di fatto travisata, con la riduzione dell’idea dell’unità europea a semplice conglomerato di stati rappresentati dai loro governi.
Gli Stati uniti d’Europa sono ben altra cosa: sono il riconoscimento di una comune identità fondata storicamente sulla cultura greco-romana e sui valori nati e cresciuti in seno ai paesi europei, ben rappresentati dalla divisa della libertà, dell’uguaglianza e della fratellanza, che hanno fatto del popolo europeo l’antesignano di modelli di vita fondati sui diritti dei viventi e sulla creazione e distribuzione del benessere che non ha storicamente uguale.
Il tradimento di questi ideali ha provocato come reazione la rinascita dell’immondo idolo nazionalista, che come una metastasi sta provocando caduta di valori, messa in discussione e svuotamento della stessa democrazia, invasione della incultura di massa, miseria crescente, prevalenza del ventre sulla mente, insorgenza del razzismo che speravamo definitivamente seppellito.
Tocca però alle istituzioni dell’integrazione, fino ad oggi dimostratesi inadeguate, riprendere in mano il vessillo di un comune sentire democratico europeo. Se i paesi di Visegrad non si ritrovano in quest’area di valori e di politiche si assumessero la responsabilità di uscire dall’Europa, di rinunciare ai non pochi privilegi che questa garantisce loro, e di ricadere sotto la sfera di influenza russa.
Il sovranismo va battuto sul nascere. L’Europa non può continuare a finanziare paesi che sono già avanti nella china autoritaria, se non totalitaria. L’Europa non può tollerare contraddizioni tra la propria Costituzione, per quanto non propriamente federale ma ispirata a dichiarati valori di democrazia e di cooperazione sempre più stretta, e le Costituzioni dei paesi membri.
Mai il liberalismo, il socialismo e il migliore popolarismo sono stati cosi in crisi dalla fine della seconda guerra mondiale. Le ragioni sono tante, certo è che proprio in Europa il comunismo ha fatto danni incommensurabili, ma forse la principale sta nel fatto che tutti si sono dimenticati delle loro politiche pubbliche, dei loro valori, trasformandosi nella caricatura di sé stessi. Hanno inseguito le destre razziste e da sempre antieuropee, addirittura accogliendone membri nei loro cosiddetti “partiti” europei, paradossalmente facendole estremizzare. E certo non si può sostenere che siano stati superati da un pensiero più moderno. Solo i Verdi, allo stato, sono l'unica formazione ad aver costituito un vero partito, coeso e coerente, e di conseguenza maggiormente federalista, mentre le altre formazioni più recenti, come il GUE, hanno come unico denominatore comune o la nostalgia per l'ideologia comunista o l'antagonismo ideologico. Il sovranismo del “dio, patria e famiglia” e il conseguente populismo sono addirittura preistorici al loro confronto, sono stati già abbattuti una volta, e lo saranno anche domani. Liberalismo socialismo e popolarismo oggi in Europa hanno un dovere storico: creare davvero gli Stati uniti d’Europa come esempio per il mondo e come antidoto alla metastasi crescente. L’ormai acclarato fallimento del funzionalismo, grottesco e rachitico succedaneo di una vera cultura federale, lo impone loro.
Come fare? Non c’è tecnicismo a Trattati invariati che consenta la piena inversione di marcia dall’errore del funzionalismo degli anni ’60. Serve una ripresa dell’iniziativa politica, schiettamente e coraggiosamente politica, per definire nuove regole capaci di rianimare lo stanco tessuto di regole di una Unione senza più né anima né forza.
Un’iniziativa politica che nei prossimi mesi, forse per l’ultima vota, le grandi tradizioni politiche del liberalismo, del socialismo e del popolarismo possono intestarsi per contrapporre un vero disegno all’avanzata della demagogia nazionalista.
Per spingerle a questo passo apparentemente coraggioso, ma in realtà indispensabile e realista, i movimenti che hanno difeso per decenni, in buona fede e con sforzi immani, quel po’ di Europa che c’era, devono sciogliere a loro volta l’equivoco di fondo, ripudiare il funzionalismo e abbracciare senza riserve la battaglia federalista.
Il programma minimo è presto detto.
Rovesciare di 180 gradi le politiche comunitarie passate e sciogliere tutte le contraddizioni oggi tollerate. E farlo presto.
Dare finalmente sovranità al parlamento europeo e poteri costituenti. Anche con un'assunzione forzata da parte di esso di responsabilità, magari autoproclamandola.
Destrutturare i Gruppi politici oggi esistenti, che costituiscono un coacervo di potere che contiene al suo interno rappresentanze politicamente assai disomogenee, espellendo senza remore e senza riguardi le componenti non riconducibili alla storia delle rispettive culture politiche, svendute per qualche finanziamento utile alla rielezione delle proprie incolori e quindi sempre più irrilevanti delegazioni nazionali. I nuovi Gruppi dovrebbero essere la rappresentanza di veri partiti europei, e i rispettivi partiti nazionali dovrebbero essere solo diramazioni di quelli.
Costruire lo stato federale con i Paesi che condividono le finalità e gli obiettivi del federalismo e che rispondono a rigorosi requisiti di democrazia. Costituire con gli altri paesi un’area di solidarietà economica e di libero scambio, ma senza impossibili sottintesi politici. Gli Stati uniti d’Europa non sono tali se non prevedono una cessione massiccia di sovranità, che è l’esatto contrario di quanto voluto dalle politiche sovraniste.
La nuova costituzione europea deve contenere la clausola imprescindibile in base alla quale, come accade oggi per le politiche di bilancio nazionali, che devono rispondere obbligatoriamente a certi criteri, ci sarà un controllo periodico sulla permanenza delle condizioni politiche, di libertà individuale, di garanzia dei diritti dei cittadini, oggi solo verificate blandamente una volta per tutte per l’entrata nell’Unione.
Pare già di sentire le solite sciocche invocazioni al realismo e al senso comune (che non è sempre buon senso) dei troppi che da più di mezzo secolo intralciano la via di un vero federalismo con palliativi e tecnicismi che stanno ormai per crollare definitivamente davanti all’insorgere della lue sovranista.
Senza una vera iniziativa federalista, che innalzi aspettative, visione politica, impegni programmatici seri, declinati in diritti di libertà e di democrazia per tutti, e perciò finalmente comprensibili per i cittadini, le prossime elezioni europee del 2019 non potranno che essere l’occasione del trionfo dei nazionalismi. Il cui passo successivo, come la storia ci insegna, sarà quello di inasprire le relazioni reciproche e ridare corso all’eterna guerra europea.
Nessuna conquista di pace e civiltà è raggiunta per sempre. Gli eunuchi del senso comune se ne facciano una ragione, e scelgano finalmente tra federalismo e barbarie.
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