(Foto di Twitter)
Il 30 agosto scorso, a Lampedusa, sei pescatori di Zarzis erano stati tratti in arresto con l’accusa di favoreggiamento all’immigrazione clandestina.
I Giudici del Tribunale del riesame di Palermo hanno deciso di revocare la misura cautelare della detenzione in carcere, rimettendo in libertà Chamseddine Bourassine, il quale, insieme al suo equipaggio formato da Lofti Lahiba, Farhat Tarhouni, Salem Belhiba, Bechir Edhiba e Ammar Zemzi, potrà lasciare il carcere di Agrigento e tornare a casa.
L’accusa gli è stata mossa a seguito del salvataggio di 14 persone, di cui almeno tre minori, che si trovavano in pericolo in mare. Le persone erano a bordo di una piccola barca in attesa di essere soccorse dalla guardia costiera italiana, ma il mancato intervento ha costretto i pescatori a prendere la decisione di rimorchiare la barca e trarre in salvo le persone. I sei pescatori hanno fatto quello che la legge del mare e le convenzioni internazionali impongono: salvare vite umane in pericolo.
Bourassine e i pescatori di Zarzis negli ultimi anni hanno salvato molte vite in mare e hanno anche recuperato diversi cadaveri. Una delle persone salvate ha dichiarato che non sarebbero sopravvissuti senza l’intervento dei pescatori.
Le immagini video pubblicate da Frontex mostrano come i pescatori trainino la barca e che l’equipaggio, prima di incontrare i 14 migranti, era impegnato nelle abituali attività di pesca.
Il film di Giulia Bertoluzzi “Strange Fish”, che il 16 settembre ha ricevuto un premio al Festival del documentario di Milano, racconta le attività di salvataggio messe in atto dell’associazione di pescatori di Zarzis, il cui presidente è Chamseddine Bourassine.
Inoltre, l’Associazione dei pescatori di Zarzis, insieme ad altre 65 organizzazioni particolarmente impegnate a salvare le persone in mare, ha ricevuto la candidatura per il Premio Nobel per la pace dal titolo “I diritti del Mediterraneo – Per il salvataggio umanitario marittimo delle persone migranti”.
I sei pescatori, all’indomani dell’arresto, hanno ricevuto solidarietà e sono state diverse le iniziative in Tunisia ma anche in Francia e in Italia, in cui erano presenti cittadini, sindacati e associazioni per chiederne il rilascio. Anche il governo tunisino si è rivolto al governo italiano affinché venissero liberati.
In una lettera inviata all’ambasciata italiana a Tunisi, gli altri pescatori dell’Associazione di Zarzis hanno scritto: “Quando incontriamo naufraghi in mare non pensiamo al colore della loro pelle, alla loro origine, alla loro religione e ancor meno se la Lega o il movimento a 5 stelle sono d’accordo o meno. Perché pensiamo solo a salvare vite umane, anche se dobbiamo sacrificare le nostre”.
Borderline Europe
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