(Foto di SamueleGhilardi via Foter.com / CC BY-NC-ND)
Rete Disarmo: tendenza che alimenta i conflitti, servirebbe invece più controllo e maggiore responsabilità
Crescono vertiginosamente le autorizzazioni all’export militate italiano: 14,6 miliardi di euro (+85% rispetto al 2015, +452% rispetto al 2014). Il valore delle esportazioni effettive si attesta sui 2,85 miliardi, in linea con il passato, ma gli effetti delle autorizzazioni 2016 si vedranno nei prossimi anni. Pesa la mega-commessa (oltre 7 miliardi) di caccia Eurofighter per il Kuwait, ma tra i principali Paesi destinatari troviamo anche Arabia Saudita, Qatar, Turchia, Pakistan, Angola, Emirati Arabi Uniti. Oltre il 60% delle nostre armi finirà a Paesi fuori da UE e NATO.
Per Rete Disarmo si tratta di una politica insensata e che contribuirà a far crescere i conflitti, in contrasto con le nostre necessità di politica estera, come vorrebbe la legge 185/90
Sempre più autorizzazioni rilasciate per la vendita in tutto il mondo (ben 82 Paesi) di armamenti e sistemi d’arma italiani, con il rischio di andare a rifornire regimi autoritari che vanno ad infiammare le regioni di maggior tensione del pianeta. E’ quanto emerge chiaramente dai dati diffusi ieri dal Governo (con la trasmissione al Parlamento della Relazione ex legge 185/90) e che danno ragione alle posizioni della Rete Italiana per il Disarmo che da tempo esprime preoccupazione per il continuo deterioramento di trasparenza e controllo sulle vendite di armi. In pieno spregio della legislazione vigente i cui principi impediscono di esportare armamenti verso regioni in conflitto o con rischio di violazioni dei diritti umani.
“Al di là del preoccupante livello raggiunto dalle autorizzazioni all’export militare e della la problematicità di alcuni Paesi destinatari, l’elemento che maggiormente ci preoccupa riguarda la soddisfazione sia della Presidenza del Consiglio che del Ministero degli Esteri per l’aumento delle vendite di armamenti italiani – commenta Francesco Vignarca coordinatore di Rete Disarmo – In realtà il ruolo del Governo, e in particolare dell’UAMA (Unità per Autorizzazione dei Materiali d’Armamento), sarebbe quello di controllore al fine di rilasciare autorizzazioni in linea con le indicazioni della legge i principi della Legge 185/90, non di sponsor dell’industria militare”
Una Legge che si basa, fin dal titolo, su aspetti di controllo rispetto ad un export delicato come quello militare e su criteri molto chiari riguardanti la liceità o meno di alcune autorizzazioni. “Come possiamo però fidarci di un arbitro e di un controllore che continua in un certo senso a fare il tifo per la produzione armiera italiana e per la sua diffusione in tutto il mondo?” conclude Vignarca
Lo testimoniano diverse frasi del Rapporto diffuso ieri tra le quali è opportuno ricordare: “l’obiettivo è quello di coniugare una crescente efficienza sia del servizio pubblico che delle società, a tutto vantaggio della competitività degli operatori sui mercati internazionali, nonché dell’immagine dello stesso operatore e del sistema Paese” oppure “l’Italia è stata classificata terza per numero di Paesi di destinazione delle vendite, dopo USA e Francia, a dimostrazione di una capacità di penetrazione e flessibilità dell’offerta nazionale all’estero. L’Italia e’ stata altresì classificata fra i primi 10 per valore delle esportazioni”
Ciò ancora più grave pensando al ruolo di Autorità nazionale che UAMA ha assunto dal 2013 con la riforma delle procedure legate alla 185/90. “Appare notevole non solo il livello complessivo delle autorizzazioni all’export 2016 connesso in misura significativa all’accordo siglato con il Kuwait per 28 aerei Eurofighter – sottolinea Maurizio Simoncelli vicepresidente dell’Istituto di Ricerche Archivio Disarmo – ma anche il fatto che il totale di autorizzazioni all’export militare italiano conferma la sua robusta crescita. Se infatti nel quinquennio 2010-2014 si attestava mediamente intorno ai 3 miliardi di euro, ora abbiamo conferma di un salto a livelli superiori dato che già nel 2015 si era giunti ad 8 miliardi di euro di autorizzazioni alla vendita”.
Dati su export militare italiano 2016
Nel 2016 le esportazioni italiane di sistemi militari hanno superato i 14,6 miliardi di euro, con un aumento dell’85,7% rispetto ai 7,9 miliardi del 2015. La Relazione annuale evidenzia come detto soprattutto la commessa di 28 Eurofighter della Leonardo al Kuwait del valore di 7,3 miliardi di euro. Proprio il Kuwait (7,7 miliardi) è al primo posto tra gli 82 paesi destinatari di armamenti italiani seguito da Gran Bretagna (2,5 miliardi), Germania (1,1 miliardi), Francia (574 milioni), Spagna (444 milioni), Arabia Saudita (427,5 milioni), Usa (380 milioni), Qatar (341 milioni), Norvegia (226 milioni) e Turchia (133,4 milioni).
Nel 2016 il valore delle autorizzazioni all’esportazione e dei trasferimenti intra-comunitari ha riguardato solo per il 36,9% i paesi dell’Unione europea e della Nato (5,4 miliardi) che per la gran parte, cioè per il 63,1%, sono stati diretti a nazioni extra UE e Nato (9,2 miliardi). In particolare, tra le zone geopolitiche di esportazione, figurano al primo posto i paesi dell’Africa Settentrionale e del Medio Oriente che con oltre 8,6 miliardi euro ricoprono da soli più del 58,8% delle autorizzazioni, mentre al secondo compaiono i già citati paesi UE-Nato.
“Proprio questo dato – commenta Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere e le Politiche di Sicurezza e Difesa (OPAL) di Brescia – conferma una tendenza allarmante delle politiche di esportazione di sistemi militari in atto negli ultimi anni: Africa Settentrionale e Medio Oriente sono, infatti, le aeree di maggior tensione del mondo e sono zone governate in gran parte da regimi autoritari e da monarchie assolute irrispettose dei più basilari diritti umani. Fornire armi e sistemi militari a questi regimi, oltre a contribuire ad alimentare le tensioni, rappresenta perciò un tacito consenso alle loro politiche repressive. I risultati di queste politiche sono le migliaia di migranti che con ogni mezzo cercano rifugio sulle nostre coste. E’ pertanto urgente che il Parlamento chieda al Governo Gentiloni ed in particolare al ministro Alfano se intendono continuare a sostenere militarmente questi regimi, come ha fatto il governo Renzi e l’allora ministro degli Esteri, Gentiloni”.
Nessun miglioramento per quanto riguarda la trasparenza
Anche quest’anno dalle migliaia di pagine della Relazione e dalle decine di tabelle non è possibile sapere nel dettaglio quali specifici sistemi militari sono stati esportati negli 82 pPesi destinatari. A parte, infatti, gli Eurofighter al Kuwait, la Relazione non riporta informazioni al riguardo e tutto questo rende praticamente impossibile al Parlamento di esercitare quel ruolo di controllo dell’attività dell’esecutivo che gli compete.
Non solo. E’ praticamente inutile e anzi fuorviante la relazione (allegato) fornito dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF). Il Ministero continua infatti a riportare nelle tabelle solo gli “Importi segnalati” senza indicare il valore della corrispettiva operazioni autorizzata facendo così mancare un’informazione fondamentale per un effettivo controllo da parte del Parlamento delle transazioni bancarie.
“Va ricordato inoltre che dalla relazione governativa viene indicato anche un valore ulteriore di oltre 176 milioni di euro per non meglio identificate intermediazioni in campo commerciale – aggiunge Maurizio Simoncelli – su cui un maggiore trasparenza ci parrebbe dovuta ed importante”.
In virtù di tute queste considerazioni la Rete Italiana per il Disarmo chiede a tutti i gruppi parlamentari di attivarsi al più presto nelle commissioni competenti per compiere un ampio ed attento esame della Relazione governativa e sulle operazioni autorizzate dal Governo in materia di esportazione di sistemi d’armamento (un dibattito che in maniera approfondita manca ormai da troppi anni) stimolando nel contempo una maggiore attenzione del Governo stesso verso le istanze della società civile italiana su questo tema.
Nessun commento:
Posta un commento