di Pier Virgilio Dastoli*
La vicenda del rimorchiatore Asso Ventotto solleva inquietanti interrogativi. Essi non hanno avuto finora risposte adeguate da parte delle autorità che avrebbero dovuto garantire il rispetto delle regole essenziali delle convenzioni internazionali e del diritto europeo.
Quel che è avvenuto in queste ore rischia di creare una situazione nuova nel Mediterraneo che richiede una reazione forte e rapida da parte dell’Unione europea e della comunità internazionale per evitare che un singolo atto compiuto ignorando il diritto internazionale sia accettato e condiviso come il segnale di avvio di un’azione politica deliberata del governo italiano e poi dei governi europei.
Già nel 2009, il governo Berlusconi – su iniziativa dell’allora ministro degli interni Maroni – aveva deciso di respingere collettivamente in Libia 200 migranti contro la loro volontà, senza essere prima identificati, ascoltati e preventivamente informati sulla loro effettiva destinazione. Tre anni dopo la Corte Europea dei diritti dell’Uomo condannò l’Italiaper violazione dell’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali mentre la politica migratoria del Governo Berlusconi-Bossi-Fini fu progressivamente smantellata dal Consiglio di Stato, dalla Corte di Cassazione, dalla Corte Costituzionale e dalla Corte di Giustizia UE che avevano fatto cadere l’aggravante della clandestinità, il divieto di matrimonio fra irregolari e infine il reato di clandestinità.
La sentenza – disse allora l’UNHCR – “è un’importante indicazione per gli Stati europei per la regolamentazione delle misure di controllo e delle intercettazioni alle frontiere”.
Come sappiamo, le indicazioni di quella sentenza sono state invece disattese dai governi europei a cominciare dall’accordo fra l’UE E la Turchia del marzo 2016.
La vicenda di Asso Ventotto è ben più grave di quella del 2009 perché si inserisce nel quadro della politica del Governo Conte-Salvini-Di Maio di chiusura dei porti e di ostacolo all’azione delle navi delle organizzazioni non governative senza che questo abbia prodotto effetti consistenti nella lotta al traffico di esseri umani e agli scafisti.
In questo quadro non è immaginabile che Asso Ventotto, un mezzo di supporto della piattaforma petrolifera della Mellitah Oli&Gas di cui l’ENI detiene il 50%, abbia agito senza l’accordo o – peggio - senza dare seguito ad ordini provenienti dal Viminale d’intesa con il ministero delle infrastrutture. Se così non fosse il comandante di Asso Ventotto si sarebbe assunto la grave responsabilità – agendo di fatto su “territorio italiano” – di obbedire agli ordini della Guardia Costiera di un paese terzo infrangendo nello stesso tempo le norme del diritto del mare e il codice della navigazione italiano.
Appare invece credibile che, di fronte alla reiterata difesa del ruolo umanitario della Guardia Costiera Italiana, all’Asso Ventotto sia stato dato ordine di non agire nel quadro delle operazioni condotte dal centro di coordinamento di Roma IMRCC.
Gli interrogativi inquietanti che suscita la ricostruzione dell’intervento di Asso Ventotto vanno ben al di là della discussione “in punta di diritto” sulle violazioni del diritto internazionale ed europeo. Cerchiamo di metterne in luce quelli principali:
E’ evidente che né l’Agenzia delle Nazioni Unite per le Migrazioni (OIM) né l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) hanno i mezzi e il personale sufficiente per poter monitare il rispetto dei diritti umani dei richiedenti asilo e per intervenire quando questi diritti umani sono violati.
Il disprezzo della dignità umana di milioni di persone richiede un atto di coraggio e di immaginazione a livello internazionale. Nell’anno delle celebrazioni del settantesimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo (10 dicembre 1948) noi riteniamo che debba essere convocata una conferenza internazionale sulle migrazioni di governi, parlamentari, poteri locali e organizzazioni della società civile che abbia all’ordine del giorno l’aggiornamento dell’art. 1 della Convenzione di Ginevrarelativa allo statuto dei rifugiati che si applica solo a chi “si trova fuori dallo Stato di cui possiede la cittadinanza” e ritiene di essere perseguitato “per ragioni di razza, religione, cittadinanza e appartenenza a un determinato gruppo sociale o per opinioni politiche” escludendo chi fugge dalle guerre, dalla fame e dai disastri ambientali e che ha diritto a protezione umanitaria.
Contemporaneamente noi riteniamo necessario andare al di là dei limiti degli strumenti internazionali per la difesa dei diritti dell’Uomo sia rafforzando l’azione a protezione dei “difensori dei diritti umani” sia estendendo al monitoraggio e alla protezione dei diritti dell’Uomo lo strumento del peace enforcement previsto dal Capitolo VII dello Statuto delle Nazioni Unite.
*presidente del Consiglio Italiano del Movimento Europeo
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mercoledì 1 agosto 2018
asse 28 ed Europa
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