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domenica 31 marzo 2019
per i parchi liguri
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Liguria, gli ambientalisti in Regione: “Giù le mani dai nostri parchi”
Seduta del consiglio sospesa per la protesta delle associazioni
Proteste, cori e urla nel Consiglio Regionale della Liguria che è stato sospeso dal presidente Alessandro Piana a seguito delle intemperanze del pubblico e di alcuni consiglieri dopo che è stato deciso di non incontrare le numerose associazioni di ambientalisti che chiedono alla giunta Toti di non ridurre i confini dei parchi della Liguria.
A inizio lavori, l’Assemblea ha respinto la proposta di sentire le associazioni contrarie al disegno di legge per la riforma del sistema dei parchi, che prevede la riduzione di circamille ettari complessivi dei confini dei parchi Antola, Aveto e Beigua, la cancellazione di 42 aree protette e la parola fine al progetto d’ istituzione del parco del finalese mai istituito dal lontano 1995 per carenza di risorse. Sedici i voti contrari del centrodestra e 12 i favorevoli (centrosinistra, M5S, Rete a Sinistra/LiberaMente Liguria e Liguri con Paita).
La votazione ha scatenato la reazione di opposizioni e pubblico presente sulla tribuna che ha iniziato a intonare cori contro la giunta tra cui ‘Giù le mani dai nostri parchi’. Il presidente dell’assemblea Alessandro Piana è stato costretto a sospendere i lavori dell’assemblea.
Tra le associazioni che manifestano contro la proposta della giunta guidata da Giovanni Toti ci sono Wwf Italia, Legambiente Liguria, Italia Nostra Liguria, Lipu Liguria, Fie Liguria, Cittadini Sostenibili, Fridays For Future e Federparchi. “Non è vero che tagliamo di mille ettari i parchi, ma solo di 540, il 2,4% del totale, per dare finalmente delle regole certe al sistema di gestione ha spiegato l’assessore Stefano Mai -. Il taglio è stato chiesto da alcuni presidenti e da alcuni sindaci dei territorio coinvolti”.
‘Basta favori ai cacciatori’, ‘Change Genova not climate’, ‘Fridays for Future’: sono alcuni dei cartelli esposti dai manifestanti davanti all’ingresso del Consiglio regionale per protesta. “E’ vergognosa la scelta della maggioranza di non audire le associazioni ambientaliste” denuncia Gianni Pastorino (Rete a Sinistra/LiberaMente Liguria).
“Fate entrare i manifestanti in aula e incontriamoli” chiede Giovanni Lunardon (Pd). “E’ il terzo consiglio consecutivo che discute del disegno di legge sui parchi – replica Giovanni De Paoli (Lega) – le associazioni ambientaliste sono state audite più volte, sarebbe l’ennesima audizione per sentire le solite cose, io sono contrario”. “Non è mai successo che l’assemblea non voglia ascoltare delle persone” ha attaccato Alice Salvatore (M5S).
“Sono sei mesi che lavoriamo al disegno di legge per la riforma dei parchi, abbiamo già audito gli ambientalisti in commissione, non capisco quali siano le novità da doverci incontrare nuovamente. Non è vero che tagliamo di mille ettari i parchi liguri, ma di 540, il 2,39% del totale”. Così l’assessore regionale ai Parchi Stefano Mai a Genova durante la sospensione dei lavori dell’assemblea commenta la richiesta di audizione delle associazioni ambientaliste in conferenza dei capigruppo respinta a maggioranza dall’assemblea con 16 voti contrari (centrodestra).
“Due giorni fa ho ricevuto una lettera della associazioni ambientaliste – ha aggiunto l’assessore -, si rendono conto che il disegno è a uno stato avanzato di approvazione, quindi è impossibile fermarlo e quindi mi chiedono un tavolo tecnico di confronto, che sono disponibile ad aprire”. In base al disegno di legge la superficie del parco dell’Antola diminuirà di 436 ettari, le Alpi Liguri di 59 e l’Aveto di 52, “in linea con le richieste degli stessi enti parco e dei sindaci del territorio”. A questi le associazioni ambientaliste sommano però anche il taglio delle aree protette e la mancata istituzione del parco regionale del savonese.
un appello di buon senso
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l'estrema destra fossile
Soldi pubblici per le fonti fossili: spesi 18,8 miliardi l’anno
Ambiente. La battaglia di Legambiente contro i sussidi diretti e indiretti al settore «oil and gas»: oltre 14,3 miliardi di euro all’anno di aiuti sono eliminabili in parte subito e del tutto entro il 2025. Ma nel «Piano energia e clima» non è previsto nessun impegno
Il Cip6, il sussidio diretto alla produzione di energia elettrica da fonti fossili più noto e longevo, attivo dal 1992, costa all’Italia 444 milioni di euro all’anno. A fine 2017, secondo il Gestore dei servizi energetici (Gse), risultano in esercizio 20 impianti che ne fruiscono. A sostenere la spesa è, per oltre la metà del valore complessivo, il cittadino, con la famigerata «componente A3» della bolletta.
IL CIP6, PERÒ, È SOLO una della forme con cui lo Stato continua a incentivare il settore Oil&Gas: la somma totale è pari a 18,8 miliardi di euro secondo Legambiente, che ieri ha presentato da Ravenna (dov’è in corso l’Omc-Offshore Mediterranean Conference & Exhibition, appuntamento biennale dedicato al settore energetico internazionale) il rapporto Stop sussidi alle fonti fossili.
Un esempio paradossale sono le esenzioni in merito al costo del carburante che riceve il trasporto aereo, uno dei settori più impattanti in materia di cambiamento climatico, che ne beneficia per ben 1,5 miliardi di euro all’anno. Questo dato è tratto dal Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e favorevoli, pubblicato dal ministero dell’Ambiente nel 2017 (i dati fanno riferimento al 2016), secondo il quale il settore trasporti riceve sussidi in forma di sconti ed esenzioni per complessivi 6.98 miliardi di euro.
Legambiente, che a dicembre – alla vigilia della chiusura della Cop24, la Conferenza Onu sul clima di Katowice (Polonia) – aveva consegnato al governo 35mila firme per chiedere lo stop ai sussidi, oggi rinnova la richiesta all’esecutivo guidato da Giuseppe Conte, chiedendo anche di aggiornare il Catalogo, che è in ritardo di almeno 9 mesi: il documento di rendicontazione per il 2017 avrebbe dovuto essere presentato e reso pubblico entro il 30 giugno dello scorso anno. «La cancellazione dei sussidi alle fonti fossili è stata uno dei cavalli di battaglia del Movimento 5 Stelle, ma nell’ultimo Piano energia e clima non è previsto nessun impegno e il tema viene trattato solo marginalmente» spiega un comunicato di Legambiente.
L’INVENTARIO DEI SUSSIDI alle fonti fossili è un campionario dell’orrore climatico: oltre al Cip6, dentro ci si trovano i sussidi alle trivellazioni oltre alle esenzioni e le riduzioni per l’utilizzo di combustibili fossili in diversi settori considerati energivori, ma anche gli extracosti per le isole minori, che valgono appena 64 milioni di euro ma rappresentano una ipoteca per il futuro: questa voce ripaga infatti la produzione di centrali vecchie e inquinanti in regime di monopolio, un vero freno all’innovazione. L’operatore controlla anche la rete, impedendo di fatto lo sviluppo di impianti da fonti rinnovabili per potrebbero rendere le nostre isole un modello oil free per l’Europa.
SECONDO L’ANALISI dell’associazione ambientalista, oltre 14,3 miliardi di euro all’anno di sussidi alle fonti fossili sono eliminabili in parte subito e del tutto entro il 2025, mentre 4,5 miliardi di euro possono essere rimodulati, nello stesso settore o in altri, ma in modo da spingere l’innovazione e ridurre le emissioni. Che cosa manca? La volontà politica, «e se non lo si fa è perché evidentemente si vuole continuare a proteggere una rendita di cui beneficiano alcune imprese» sottolinea Legambiente. Che guarda in particolare a due ambiti, le royalties e i finanziamenti pubblici all’industria fossile. Per quanto riguarda il primo aspetto, i «diritti» sono pari al 10% per le estrazioni in terra ferma e del 7% per quelle in mare. A beneficiarne sono i principali operatori, come Eni ed Edison.
Un confronto europeo aiuta a capire meglio l’anomalia italiana: in Norvegia leroyalties sono in media del 78%, nel Regno Unito oscillano tra il 68 e l’82%, in Danimarca il sistema non esiste più e il prelievo fiscale tocca il 77%. Anche nei Paesi a bassa produzione simili all’Italia, come Irlanda e Francia, le tasse pagate dalle società per produrre gas e petrolio arrivano fino al 50%. Per questo, Legambiente propone di adeguare le nostre royalties portandole almeno al 30%: invece di 117,5 milioni ci troveremmo con un gettito da 414 milioni di euro. Senza contare le esenzioni: in base alle leggi italiane, sono esenti dal pagamento di aliquote allo Stato le prime 20mila tonnellate di petrolio prodotte annualmente in terraferma, le prime 50mila tonnellate di petrolio prodotte in mare, i primi 25 milioni di metri cubi standard di gas estratti in terra e i primi 80 milioni di metri cubi standard in mare.
UN SECONDO ASPETTO critico riguarda i finanziamenti pubblici a progetti internazionali: tra il 2017 e il 2018 – secondo Legambiente – sono state almeno 10 le operazioni che hanno coinvolto una o più società del gruppo Cassa Depositi e Prestiti a sostegno del settore Oil&Gas, per un ammontare complessivo di 2,21 miliardi di euro, 1,49 miliardi dei quali nel 2018.
Un altra forma di sostegno è quello delle garanzie a finanziamenti, come quelle garantite da Sace (la società controllata dalla Cassa depositi e prestiti) per i 625 milioni di dollari che Bbva Sa Milan Branch ha concesso alla Kuwait National Petroleum Company per l’ammodernamento e l’espansione delle raffinerie Mina Abdullah e Mina Al-Ahmadi in Kuwait. O il supporto assicurativo di Sace a Sicilsaldo per la realizzazione di un nuovo metanodotto in Messico. O ancora l’acquisizione da parte di Simest (società controllata al 76% dalla Sace) dell’11% di Ansaldo Energia Switzerland. Società partecipate dallo Stato su cui il governo Lega-M5S ha già preso il controllo.
con la CIPRA
Se desideri n
in piazza per gli ulivi
I Verdi della provincia di Taranto esprimono solidarietà e apprezzamento per il presidio che si terrà a Lecce domani, domenica 31 marzo, alle 15.30 per discutere sulle scelte in materia di CO.DI.RO., cosiddetta xilella, alla luce delle promesse di decisori locali e nazionali e delle scelte che si evincono dall'ultimo decreto di venerdì scorso che a quanto pare non ha soddisfatto nessuno.
Noi condividiamo con gli ecologisti salentini la priorità di tutelare il paesaggio e la salute, valori difesi dalla costituzione, e condanniamo fermamente le scelte antidemocratiche che impongono l'obbligo di eradicazione persino di ulivi secolari e millenari, di utilizzare il glisofato o altri pesticidi chimici mentre riteniamo che si debbano proseguire le sperimentazioni di trattamenti biologici e tradizionali sotto iil controllo di centri di ricerca e tutelare i piccoli produttori e i vivaisti che subiscono tanti e troppi divieti frutto di una decisione scellerata che ha portato a dichiarare lo stato di epidemia e quindi uno stato eccezionale nel quale il territorio è commissariato e militarizzato. In Italia il 97% degli incentivi pubblici europei viene destinato a forme di agricoltura dannose per la salute. Lo dice il rapporto Cambia la terra 2018 che conclude che per salvare il clima serve il 40 per cento di campi biologici entro il 2027 per salvare il clima. In Puglia invece si deve usare il glisofato per combattere la xilella. Bisogna invece puntare sull'agricoltura biologica. Verdi della Provincia di Taranto |
un appello
APPELLO AD ELVIRA SEBASTIO E A GREGORIO MARIGGIO’
Gregorio Mariggiò rappresenta per noi Verdi una guida importante oltre ad essere una persona di grande equilibrio ed esperienza.
Oltre a conoscere i problemi della città e della provincia di Taranto ha mostrato sempre grande sensibilità per tutte le vertenze ecologiste.
Non possiamo pensare di percorrere un nuovo cammino verde senza la sua operosità e lungimiranza.
Per questo abbiamo chiesto al nostro amico Gregorio di riprendere il ruolo di co-portavoce provinciale in questo momento in cui la questione globale – clima e plastica – e le altre numerose vertenze a livello territoriale richiedono una persona come lui.
Chiediamo ad Elvira Sebastio, donna di poche parole e di molti fatti, di continuare ad affiancare Gregorio in qualità di co-portavoce per rilanciare l’ecologismo politico in provincia di Taranto.
Cara Elvira la tua lucidità e determinazione hanno di sicuro contribuito al lavoro di tutti noi e ti chiediamo dunque di continuare ad operare per la federazione provinciale di Taranto.Angelo BonelliVerdi di ManduriaVerdi di Taranto
Oltre a conoscere i problemi della città e della provincia di Taranto ha mostrato sempre grande sensibilità per tutte le vertenze ecologiste.
Non possiamo pensare di percorrere un nuovo cammino verde senza la sua operosità e lungimiranza.
Per questo abbiamo chiesto al nostro amico Gregorio di riprendere il ruolo di co-portavoce provinciale in questo momento in cui la questione globale – clima e plastica – e le altre numerose vertenze a livello territoriale richiedono una persona come lui.
Chiediamo ad Elvira Sebastio, donna di poche parole e di molti fatti, di continuare ad affiancare Gregorio in qualità di co-portavoce per rilanciare l’ecologismo politico in provincia di Taranto.
Cara Elvira la tua lucidità e determinazione hanno di sicuro contribuito al lavoro di tutti noi e ti chiediamo dunque di continuare ad operare per la federazione provinciale di Taranto.Angelo BonelliVerdi di ManduriaVerdi di Taranto
si comincia
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venerdì 22 marzo 2019
giovedì 21 marzo 2019
Ramy cittadino italiano
LPN-Milano, Verdi: Ramy merita cittadinanza italiana, governo si attivi
Roma, 21 mar. (LaPresse) - "Noi crediamo che il piccolo Ramy, il 13enne che ieri, sul bus sequestrato dall'autista, è riuscito a dare l'allarme nascondendo il suo telefono e chiamando il 112, meriti la cittadinanza italiana, ai sensi del 2° comma dell'art. 9 della legge di cittadinanza italiana". Lo scrivono in una nota Matteo Badiali, coportavoce dei Verdi e Angelo Bonelli, coordinatore nazionale dell'esecutivo, che spiegano: "Quello che è accaduto ieri è un episodio angosciante ed è stata evitata la strage grazie alla gestione dell'Arma dei Carabinieri, ma anche grazie alla prontezza di riflessi e il coraggio dei giovani passeggeri, in particolar modo del piccolo Ramy, che con il suo gesto ha contribuito a salvare la vita a tutti i suoi compagni. Per questo noi chiediamo che il governo proponga al Presidente Mattarella, sentito il Consiglio di Stato e previa deliberazione del Consiglio dei Ministri come prevede la norma, di concedere la cittadinanza a Ramy per per gli 'eminenti servizi all'Italia' che ha reso". "Noi Verdi faremo partire immediatamente una petizione in tal senso. Ramy e gli altri ragazzi hanno fatto una cosa grandiosa e coraggiosa, ma a Ramy manca una cosa rispetto ai suoi amici: la cittadinanza italiana" Concludono Bonelli e Badiali
mercoledì 20 marzo 2019
Spiaggia e università a Savona
L'università occuperà la spaggia?
In questi giorni sta uscendo sui quotidiani una notizia secondo cui un tratto di spiaggia vicino a villa Zanelli verrà ceduto al campus universitario e tale fatto potrebbe costituire l'anticipo del nuovo piano di sistemazione del litorale di ponente.
Noi Verdi ci poniamo alcune domande soprattutto chiediamo al centrodestra cittadino e all'Autorità portuale alcune cose:
1) Perche' ridurre ancora una volta lo spazio della spiaggia pubblica per creare una sorta di spiaggia riservata quando studenti e studentesse potrebbero andare sulle spiagge libere come tutte le persone o ottenere accessi a prezzi agevolati agli stabilimenti cittadini?
2) Perche' invece di rischiare a stare a notizie di stampa la privatizzazione di un altro tratto di litorale non si danno risposte certe alla cooperativa oltremare,che sta pesantemente rischiando di non poter replicare l'esperienza della spiaggia senza scalini?Perche' non si individua l'area destinata agli animali invece di impedire l'accesso ai cani e ai loro padroni?
3) La decisione del Comune non viene ancora una volta affiancata da scelte precise sul ponente cittadino,che vadano in senso diametralmente opposto ai progetti delineati ovvero sul fronte solo strutture per il turismo ed il tempo libero evitando ogni nuovo insediamento abitativo poiche' Savona non può piu' sopportare una ulteriore ed inutile colata di cemento.
Gli interventi,che possono invece essere realizzati,sul lungomare di ponente dovrebbero puntare solamente al recupero edilizio ,quando possibile, e al social housing oltre alla necessità di puntare alla realizzazione del museo del liberty a Villa Zanelli.
Savona vuole spiagge e non cemento inutile e ormai solo pericoloso.
Danilo Bruno
lunedì 18 marzo 2019
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