di Marco Binotto e Marco Omizzolo
Sono 430 mila i lavoratori che, secondo l'ultimo rapporto Agromafie della Flai Cgil, vivono condizioni di sfruttamento lavorativo. Donne e uomini, di cui l'80 per cento migranti, che ogni giorno sono costretti a vivere un rapporto di forza sbilanciato in favore del proprio datore di lavoro. In alcuni casi quest'ultimo è un padrone, espressione estrema di un modello d'impresa fondato sulla prepotenza del capo. Cento mila lavoratori vivono condizioni invece di grave sfruttamento lavorativo, subordinati, senza possibilità di ribellarsi. Lo sfruttamento soprattutto nelle campagne avviene nel Sud come nel Nord del Paese. Ne sono investite le campagne del ragusano, della Capitanata, del casertano, del pontino ma anche del Piemonte, della Lombardia o del Veneto. È lo sfruttamento lavorativo che colpisce i più deboli e diventa sistema, modello conveniente di impiego della manodopera. Quest'ultima, se straniera e ricattabile, consente impieghi che arrivano a tradurre la condizione del lavoratore o della lavoratrice in quella di un servo moderno, obbligato a lavorare anche quattordici ore al giorno, sette giorni a settimana.
Il lavoro in Italia vive un costante degrado in termini di diritti non esigibili o addirittura cancellati. È il frutto di una lunga stagione di delegittimazione dell'azione sindacale, di riforme del lavoro che hanno rafforzato il ruolo del padrone, impedito l'emergere di vertenze, anche a causa di un sistema giudiziario lento e spesso inefficace, di politiche neoliberiste che hanno reso il datore di lavoro un capo e il lavoratore, nei casi più estremi, un servo se non uno schiavo.
Eppure in molte campagne, migliaia di lavoratori e lavoratrici, spesso braccianti migranti originari dell'Asia o dell'Africa, si ribellano a questo sistema. È capitato a Nardò, a Rosarno, a Castel Volturno e a Latina. È sulla scia di questi eventi, di analisi e inchieste che hanno riflettuto e denunciato le condizioni di reclutamento e impiego dei braccianti in Italia, nel desiderio di contrastare la tratta internazionale, il caporalato, i vincoli imposti della Grande distribuzione Organizzata, che si è costituita in Italia la reteColtiviamo Diritti. Non solo un coordinamento ma l'impegno costante e ragionato dei suoi aderenti ad agire per restituire dignità, diritti, rispetto, valore, al lavoro superando la strutturale emergenza che in particolare nelle campagne sembra drammaticamente emergere.
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Il comitato promotore è composto da Aiab Nazionale, Asgi, Arci, Cgil Nazionale, Cittalia, Flai Cgil, Nidil Cgil, Fondazione Di Vittorio, In Migrazione, Legambiente, Parsec e Tavolo Res. Realtà consolidate e radicate nei territori che fanno della legalità e della giustizia sociale valori imprescindibili.
“Coltiviamo Diritti – Campagna nazionale per la dignità e la legalità del lavoro in agricoltura” vuole affermare i pieni diritti di chi lavora in agricoltura attraverso quattro obiettivi sostanziali: promuovere strumenti per studiare e analizzare il fenomeno e l’applicazione delle norme vigenti, sia italiane che europee, che portino allo sviluppo di politiche per un’agricoltura di qualità e rispettosa dei diritti; costruire iniziative che stimolino le imprese a comportamenti più attenti e eticamente sostenibili e diano ai consumatori migliori strumenti per compiere scelte di consumo più responsabili; costruire un’ampia rete multidisciplinare contro lo sfruttamento in agricoltura, per rafforzare le lavoratrici e i lavoratori, per l’emersione e la legalità del lavoro, per facilitare e proteggere chi reagisce e denuncia e, infine, sostenere una informazione responsabile e corretta che favorisca una maggiore attenzione sul tema.
La campagna Coltiviamo Diritti merita di essere sostenuta, accompagnata nel suo percorso di analisi e impegno. Molti dei suoi componenti si spendono quotidianamente nei territori più complessi per contrastare lo sfruttamento e il ricatto che, quando colpisce le donne, diventa una drammatica perversione e violenza sessuale. Rivendicare i diritti dei lavoratori e soprattutto di coloro che tra questi sono più fragili, significa costruire un paese migliore, contrastare le mafie, un sistema imprenditoriale troppo spesso incline allo sfruttamento e una globalizzazione economica che ideologicamente legittima ogni deregolamentazione. Con Coltiviamo Diritti si ha ora uno strumento in più di contrasto al quale aggiungere un po' di coraggio e la capacità di unirsi alle lotte dei lavoratori e alle lavoratrici di questo paese e non solo.
Rete anti-sfruttamento
Tutte le info per aderire alla campagna sul blog coltiviamodiritti.altervista.org
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mercoledì 29 giugno 2016
coltivare diritti
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