di Donatella Donati*
Leggo e ascolto sempre più spesso la parola: impotenza. Impotenza rispetto a che cosa, rispetto a chi?
Non mi piace questa parola, è troppo affine, anche se per contrasto, alla parola potere, e io vorrei che cercassimo altri punti di riferimento per orientare il nostro cammino e che pur cercando di avere presente, se ci riusciamo, il mondo intero, dessimo più valore alle nostre persone, alle singole ore delle nostre giornate, alle mille piccole cose che possiamo fare o non fare.
Non ho le idee chiare ma sento e sono convinta che non basta tenersi informati e informate sulla politica nazionale e internazionale e confrontarsi nel tentativo di delineare un abbozzo di analisi e di percorso comune, o partecipare a convegni, scioperi, riunioni, cortei, perché è proprio a questo punto che lo sconforto ci prende e avvertiamo la sproporzione di forze tra noi e il potere in tutte le sue forme: dunque non dobbiamo inseguire sempre il potere, o almeno non solo e non soprattutto, altrimenti saremo sempre più sulla difensiva.
Voglio dire: il terreno strettamente politico è importante e certo non va trascurato, ma dobbiamo pur ammettere che per la maggior parte delle persone e a volte anche per noi è noioso e respingente e ci fa sentire appunto impotenti, ci fa venir voglia di fuggire su un altro pianeta, il che poi si traduce magari nello spegnere radio e Tv o anche Facebook e andare a fare una passeggiata, o una torta di mele, o a rileggere i romanzi più amati, o a cercare qualcuno o qualcuna per una chiacchierata o per mangiare insieme, perché in queste cose possiamo esprimere e incontrare qualche forma di eros quando nella politica non riusciamo a trovarlo più.
Ecco, io vorrei proporre un rovesciamento di prospettiva: invece di continuare a predicare una maggiore partecipazione alla vita politica, predica che come tutte le prediche è inutile e ogni volta dobbiamo riconstatare che per la maggior parte delle persone e in misura minore anche per parte di noi politica e vita sono separate, perché non proviamo a spostare il centro della politica dentro la nostra vita, perché non siamo noi per primi e prime a dare più importanza, più valore e più peso ai nostri pensieri, alle nostre parole, alle nostre azioni quotidiane? Per esempio tra lasciare un bambino o una bambina davanti alla Tv oppure ai videogiochi e invece giocare o passeggiare con lui o con lei, può esserci una differenza il cui peso politico forse supera il valore del voto, tanto più che il nostro voto conta sempre meno (a un "rovesciamento di prospettiva" e alla possibilità di un cambiamento radicale, profondo, che sorge dal basso e per questo è spesso nascosto ha dedicato molte attenzioni soprattutto John Holloway, autore di "Cambiare il mondo senza prendere il potere" per Carta/Intra Moenia, leggi ad esempioMettiamo in comune, ndr). E questa è una scelta che dipende da noi, è un agire politico che non ci leva nessuno e se proprio vogliamo parlare in termini di forme del potere, forse anche questa lo è.
Qui mi fermo, senza pretese, sono idee poco chiare lo so, in sostanza è un invito a cercare insieme nuove forme di lotta e di eros, per vivere una politica calda, quotidiana, attraente, faticosa magari ma noiosa no.
* Per molti anni insegnante di lettere in una scuola media pubblica, vive a Pisa dove ha studiato Lettere classiche. Questa l'adesione di Donatella Donati alla campagna Facciamo Comune insieme:Costruire il cambiamento [Donatella Donati]Sono d’accordo su quanto è scritto alla fine: “È insensato continuare a chiedere ai potenti di fare il contrario di quel che fanno, è assurdo aspettarsi da loro i cambiamenti alla profondità necessaria. Possiamo invece costruirli noi, quei cambiamenti, ma dobbiamo imparare ad ascoltare e ad ascoltarci. E poi bisogna inventare uno sguardo diverso sulla realtà e una nuova capacità di vivere il tempo e di sognare. Noi pensiamo però che sia importante anche cominciare a raccontarli, i cambiamenti”. A questo è orientata la mia presenza su fb; non credo di potermi impegnare altrove, vi auguro buon lavoro e tanta immaginazioneDA LEGGERE
LOTTARE PER RIPRENDERSI LA POLITICA
Nell’estate scorsa il leader spagnolo di Podemos ha avuto il coraggio di dirlo in modo chiaro: “Si tengano le bandiere rosse e ci lascino in pace. Io voglio vincere”. Ha vinto quel che ha vinto: il sacro diritto a sgomitare. Non si tratta di cinismo, è la realtà del gioco elettorale: per vincere è indispensabile vendere l’anima, una volta arrivati in cima non è consentito tenersela. È per questo che la lotta è altrove. Deve resistere all’orrore di una guerra senza precedenti contro la vita in tutte le sue forme e costruire giorno per giorno nelle case, nelle famiglie, nelle comunità, nei collettivi, nelle organizzazioni di ogni tipo il mondo nuovo. Un mondo che si lasci alle spalle le relazioni sociali capitaliste e la loro forma di esistenza politica, il dispotismo democratico che prevale negli stati-nazione e nelle istituzioni internazionali. Quello che è appena cominciato sarà un anno di intensa lotta politica, nel bel mezzo della guerra. La lotta tra i politici, però, sarà irrilevante. La cosa più difficile e importante sarà lottare per la politica stessa, per riscattarla GUSTAVO ESTEVA |
mercoledì 27 gennaio 2016
politica e vita:quale prospettiva?
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