Buchenwald ieri Damasco oggi
Un libro che tutti dovrebbero leggere, soprattutto i tanti ignavi che, di fronte a quello che sta avvenendo in Siria, pensano che Assad sia “il male minore”. Leggendo La macchina della morte, della giornalista francese Garance Le Caisne, sembra di tornare indietro nel tempo, quando si inorridiva di fronte alla consapevolezza di un’altra macchina della morte: quella dei lager nazisti.
L’autrice e gli editori del libro hanno scelto di non pubblicare le immagini che “Caesar”, ex fotografo della polizia militare siriana, ha fatto uscire clandestinamente dal Paese, motivando così la loro scelta. “Buona parte delle foto sono visibili in rete. Non avremmo saputo quali scegliere, né con quale criterio. E poi si tratta di immagini davvero molto, molto forti. Alcuni potrebbero esserne turbati al punto da non volere o potere proseguire la lettura”. E’ una scelta condivisibile, perché le immagini dell’orrore della tragedia siriana sono da anni a disposizione di tutti, attraverso le migliaia di filmati e di fotografie che gli attivisti rivoluzionari hanno postato sui social network e che documentano la repressione delle manifestazioni, gli effetti dei bombardamenti del regime, le torture… ma questa valanga di immagini ha finito per mitridatizzare l’opinione pubblica, rendendola insensibile, abituandola a convivere con lo scempio. La parola scritta, al contrario, nella sua apparente freddezza, finisce con il rendere comprensibile e razionale quello che le immagini possono lasciare intuire e che, a fronte della loro insostenibilità, contribuiscono a rimuovere.
Leggendo La macchina della morte è impossibile non cogliere le analogie con l’organizzazione dello sterminio degli Ebrei, degli Slavi, dei comunisti, degli oppositori – veri o presunti – costruita dai gerarchi del III Reich. La stessa ossessione per la burocrazia, la stessa paranoica ripetitività, la stessa banalizzazione del Male. Del resto, gli apparati repressivi del regime degli Assad sono stati costruiti con la consulenza e la supervisione di Alois Brunner, assistente di Adolf Eichmann, il quale lo definì il suo uomo migliore. Come comandante del campo di internamento di Drancy dal giugno 1943 all'agosto 1944, Alois Brunner fu responsabile dello sterminio nelle camere a gas di oltre 140.000 ebrei. Dopo la sconfitta del nazifascismo, sfuggito alla cattura, Brunner, dopo un lungo girovagare, trovò rifugio in Siria, dove il regime di Assad padre gli fornì protezione e un impiego come insegnante di tecniche di tortura presso i servizi segreti del regime. Scorrendo le pagine deLa macchina della morte non si può non constatare come gli “insegnamenti” di Brunner siano stati diligentemente appresi e messi in pratica.
Altri insegnamenti, invece, sembrano essere stati dimenticati, come rivelano le parole di Margit Meissner, sopravvissuta all’Olocausto: “I rifugiati che fuggono dalla Siria hanno lo stesso sguardo disperato che ho visto in chi fuggiva dal regime nazista. Ma la distruzione degli ebrei in Europa era segreta, e le poche informazioni vennero respinte perché la gassificazione di civili era ritenuta improbabile. La crisi umanitaria in Siria non è certo un segreto. E’ stata documentata per quattro anni ed è, a detta di tutti, la più grande crisi di rifugiati dalla Seconda Guerra Mondiale. (…) Quando i fatti della Seconda Guerra Mondiale sono stati conosciuti, ho creduto che una cosa del genere non sarebbe mai potuta accadere di nuovo. Che pensiero ingenuo”.
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mercoledì 27 gennaio 2016
Siria.la macchina della morte di Assad
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