mercoledì 30 dicembre 2015

lotta all'evasione come cosa seria

Lotta all'evasione, Renzi ci metta la faccia e anche la voce

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Il nostro Premier fa uso continuo e fluviale di twitter e messaggi alla Nazione: ciò ha cambiato nel tempo il rapporto del capo di palazzo Chigi con l'opinione pubblica, rendendo più agevole e scorrevole la comunicazione. Su questa base - non l'avrei altrimenti fatto - sento di potermi rivolgere a Matteo Renzi con una sorta di preghiera esortazione sul fronte delle tasse, profittando del prossimo Capodanno. Non una lettera a Babbo Natale ma ad un signore prodigo di promesse (alcune veramente mantenute). Una missiva al responsabile principe dell'esecutivo affinché, semmai, trovi un angolino nella sua fittissima agenda di lavoro nazionale ed internazionale anche per la mia modesta istanza.
Presidente, qui bisogna metter mano all'evasione fiscale. Non che non ci stia provando il suo governo e che non si siano compiuti significativi passi in avanti in questa durissima battaglia, questo no. E tuttavia l'anno che verrà dovrà produrre uno forzo invincibile avverso chi le tasse non le paga e le fa pagare a chi invece se ne fa carico fino all'ultimo euro. È una questione, una emergenza nazionale sentitissima che coinvolge e avvolge varie dimensioni del vivere sociale e civile. Gli evasori parziali o totali sono ladri per lo Stato e, dunque, verso tutti. Vanno stanati, puniti, indicati come soggetti pericolosi. Non voglio qui affermare che i 224 detenuti per evasione(negli Usa sono alcune centinaia di migliaia e con condanne che sfiorano l'ergastolo) sono una dimostrazione numerica di quanto, se non altro sul fronte della repressione, il fenomeno non riceva un trattamento penalmente adeguato. E tuttavia un po' fa sorridere che a fronte di 120 miliardi di evasione accertati le persone finite in carcere siano in fondo poche decine. Manca, voglio dire, un potente deterrente a questo genere di reati.
La gente pensa che chi evade può contare di cavarsela con poco, quasi mai con l'onta e il peso della carcerazione. Il controllo deve assumere dimensioni più larghe: non solo del Fisco inteso in senso stretto con i suoi mezzi di indagine e di verifica ma anche tra la gente, bel vissuto quotidiano, nel confronto con la realtà che ciascuno è chiamato ad affrontare. Lei direbbe, perché lo ha detto e ripetuto per altri soggetti, che si tratta di una questione culturale. Bene: affrontiamo l'evasione anche dal punto di vista culturale, diciamo ai ragazzi delle scuole che le tasse sono indispensabili e che i cittadini devo pretendere che siano spese bene e che il ritorno in termini di benefici e servizi sia visibile, palpabile, godibile. Ai ragazzi nelle scuole o dalla scuole, insegnano che l'evasione non è soltanto un reato in sé, previsto dal codice e punito come delitto, ma è prima ancora un comportamento incivile, un ladrocinio, uno sgarro alla convivenza civile.
I ragazzi devono sentire tutto questo come l'onore, come un nobile sentimento, come un obbligo che si fa scelta di civiltà e viene apprezzato quale segno distintivo del bene comune. Tutto questo, signor presidente, siamo sinceri, manca del tutto. L'evasione fa capolino nei servizi di cronaca giudiziaria quando un divo, un campione, un personaggio pubblico viene "beccato" con il dito nella marmellata dell'evasione e solo allora il suo nome riceve la dovuta disconferma della opinione pubblica. Salvo poi scoprire, qualche tempo dopo, che la "pratica" è stata aggiustata e dalla originaria pena pecuniaria ci si è avvalsi di generosi sconti. Anche questo aspetto degli sconti, pur legittimi, non fa bene all'immagine del Fisco: il quale rischia di passare per un mostro assetato di sangue con i poveri e molto attento alle buone maniere con i personaggi famosi. Poi anche la tv, mezzo che a lei sta particolarmente a cuore e che frequenta più di qualsiasi altro premier prima di lei, potrebbe diventare un eccellente megafono per diffondere il Verbo del Fisco buono e giusto ma anche del cittadino onesto e puntuale.

Mi creda, per mestiere, so che le tasse sono un boccone amaro per tutti coloro che le pagano e assai meno per quelli che si assumono l'onere di evaderle. Ecco: bisognerebbe riuscire a rovesciare il concetto. Tasse accettabili per chi le paga e molto, molto minacciose per chi cerca scorciatoie. Credo che la sua forza riformatrice, così attenta anche agli aspetti culturali delle questioni sociali possa prendere a cuore la questione. Lei, nelle cose di governo ci mette la faccia: qui ci metta anche la voce.

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