sabato 12 dicembre 2015

cop 21 e la laudato si

Per greenreport l'analisi degli esponenti del gruppo di ricerca R4S (Regulation for Sustainability)

La Cop21 tra l’enciclica di Papa Francesco e gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu

Per il Pontefice finora abbiamo vissuto un sostanziale “fallimento dei vertici mondiali sull’ambiente”, dovuto anche alla “sottomissione della politica alla tecnologia e alla finanza”
[7 dicembre 2015]
Papa speranza
Tutti gli occhi sono puntati sulla Conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici (Cop21) e vi è grande attesa per i suoi possibili risultati. Ma in quale contesto di riferimento si inserisce questo evento? In che rapporto stanno tra di loro le questioni legate alla lotta contro i cambiamenti climatici con il tema dello sviluppo sostenibile? A nostro avviso, si dovrebbe cercare di collocare la Conferenza di Parigi in un contesto di riferimento più ampio e organico. A tal fine, i negoziati sui cambiamenti climatici dovrebbero essere messi in relazione con due importanti eventi occorsi nel 2015: la pubblicazione dell’enciclica Laudato Sì di Papa Francesco dedicata alla “cura della casa comune” e l’adozione dei Sustainable development goals (Sdgs), gli obiettivi di sviluppo sostenibile, da parte delle Nazioni Unite.
L’individuazione di tali due eventi non è casuale, in quanto essi rappresentano a nostro avviso due punti di riferimento imprescindibili per ogni futura analisi sui temi della sostenibilità dello sviluppo. Infatti, da una parte, l’enciclica di Papa Francesco è un documento il cui valore va ben al di là di quello prettamente religioso, contenendo degli importanti profili che investono anche la sfera politica, economica, sociale ed etica. In particolare, l’enciclica si pone come risposta alla “sfida urgente di proteggere la nostra casa comune” e “comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale”; a tal fine, Papa Francesco rivolge un invito a “rinnovare il dialogo sul modo in cui stiamo costruendo il futuro del pianeta” promuovendo un “confronto che ci unisca tutti, perché la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e ci toccano tutti” (par 13 e 14). Dall’altra parte, gli Sdgs, il cui obiettivo è quello di trasformare il nostro mondo (“transforming our world”) partendo dall’esperienza dei precedenti Millennium development goals, si propongono come l’agenda per lo sviluppo sostenibile mondiale nel periodo 2016-2030; essi originano da un processo partecipativo di rilevanza globale che, a prescindere dai risultati raggiunti, va comunque apprezzato per aver catalizzato l’attenzione della comunità internazionale sui temi dello sviluppo sostenibile nel suo complesso.
Dalla lettura dei due documenti summenzionati, emerge innanzitutto il riconoscimento delle profonde connessioni che esistono tra le criticità ambientali e quelle sociali tanto che, come affermato nell’enciclica Laudato Sì di Papa Francesco, non ci sono “due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale” (par. 139). D’altronde, anche l’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, della quale gli Sdgs costituiscono parte integrante, si presenta come un piano di azione per le persone, il pianeta e la prosperità (preambolo), affermando inoltre che lo sviluppo sostenibile non può essere realizzato senza pace e sicurezza e che queste ultime sono a rischio senza lo sviluppo sostenibile (par. 35).
Di fronte alla complessità che deriva da tale interazione, si manifesta quindi la necessità di un nuovo modello culturale per affrontare la crisi in maniera olistica e sistemica. Su tale punto, però, l’enciclica di Papa Francesco e l’agenda 2030 sembrano parzialmente divergere. Mentre nell’enciclica si legge che “È fondamentale cercare soluzioni integrali, che considerino le interazioni dei sistemi naturali tra loro e con i sistemi sociali” (par. 139), gli Sdgs appaiono più cauti, rimanendo sostanzialmente nel tradizionale solco dell’approccio settoriale alle varie problematiche. Infatti, nonostante nell’agenda 2030 si dica esplicitamente che i 17 goal e i 169 target associati sono integrati e indivisibili (“are integrated and indivisibile”), la dimensione ambientale viene scomposta nei suoi vari aspetti (acqua, energia, cambiamenti climatici, foreste, biodiversità) invece che essere considerata in maniera integrata sotto un unico goal dedicato alla tutela dell’ambiente tout-court.
Sulla base di quanto sopra, l’enciclica propone addirittura di procedere verso una vera e propria “rivoluzione culturale” (par. 114), mentre va rilevato che un altrettanto chiaro slancio non si trova negli Sdgs. In particolare, l’Enciclica sviluppa il tema della ricerca di soluzioni integrali, affiancando al riconoscimento del bisogno di un nuovo approccio culturale per affrontare le sfide poste dalla crisi socio-ambientale, la necessità di creare un nuovo sistema normativo a tutela degli ecosistemi, della politica, della libertà e della giustizia. Vi si legge infatti che “si rende indispensabile creare un sistema normativo che includa limiti inviolabili e assicuri la protezione degli ecosistemi, prima che le nuove forme di potere derivate dal paradigma tecno-economico finiscano per distruggere non solo la politica ma anche la libertà e la giustizia” (par. 53). Tale impianto normativo, come rileva l’enciclica, affinché possa svolgere la sua azione di essenziale sostegno operativo del nuovo approccio culturale, dovrebbe essere applicato attraverso una leadership efficace.
Purtroppo, però, le risposte che la politica internazionale è stata in grado di offrire fino ad oggi non corrispondono alle aspettative e lasciano quindi sostanzialmente irrisolte le problematiche poste dalla crisi socio-ambientale. In particolare, la reazione a quella che è identificata come la sfida più pressante del nostro tempo, il fenomeno dei cambiamenti climatici, è stata debole e frammentaria, risolvendosi finora in un sostanziale “fallimento dei vertici mondiali sull’ambiente”, dovuto anche alla “sottomissione della politica alla tecnologia e alla finanza” (par. 54). Troppo spesso, infatti, “l’alleanza tra economia e tecnologia finisce per lasciare fuori tutto ciò che non fa parte dei loro interessi immediati” (par. 54) e “i poteri economici continuano a giustificare l’attuale sistema mondiale, in cui prevalgono una speculazione e una ricerca della rendita finanziaria che tendono ad ignorare ogni contesto e gli effetti sulla dignità umana e sull’ambiente” (par. 57).
Dallo spirito dell’enciclica, che richiama alla necessità del superamento di un’ecologia superficiale o apparente a favore di decisioni coraggiose per contrastare i vizi autodistruttivi della specie umana (par. 59), potrebbe quindi sorgere il messaggio più importante per la ricerca di un accordo internazionale alla Conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici. In tale sede, sarebbe cioè auspicabile che si mirasse alla definizione di una strategia di medio-lungo periodo in grado di affrontare il problema dei cambiamenti climatici in modo integrato e coordinato con l’attuazione, a livello internazionale e dei singoli Stati, degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’agenda 2030, nello spirito della “conversione ecologica” auspicata da Papa Francesco (par. 217). Non possiamo quindi che augurarci che il 2015 ci riservi ancora delle buone sorprese, riuscendo a stupirci sul finale.
di Massimiliano Montini e Francesca Volpe, gruppo di ricerca R4S in esclusiva per greenreport.it 

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