mercoledì 9 dicembre 2015

diritti umani e clima


La Commissione per i diritti umani delle Filippine ha annunciato che domani 10 dicembre (Giornata mondiale per i diritti umani) aprirà un’inchiesta che potrebbe mettere sul banco degli imputati i grandi inquinatori. Tra le cinquanta compagnie sotto inchiesta compaiono le italiane Eni ed Italcementi, insieme ad  ExxonMobil, BP, Shell e Chevron. Fanno tutte parte delle novanta realtà considerate responsabili della maggior parte delle emissioni di CO2 e di metano, come ha mostrato la ricerca “Carbon Majors”, pubblicata nel 2014 dopo aver superato il vaglio della peer review.
Proprio a poche ore dalla conclusione del summit sul clima di Parigi, parte dunque un’indagine che potrebbe portare alla ribalta delle cronache internazionali sviluppi non ancora del tutto immaginabili.
La Commissione per i diritti umani delle Filippine ha aperto l’inchiesta in seguito ad una petizione promossa da Greenpeace insieme ad altre 14 organizzazioni che ha raccolto oltre centomila firme. Tra i sottoscrittori della petizione ci sono i sopravvissuti al tifone Haiyan nel 2013 che ha ucciso 6.300 persone nelle sole Filippine producendo 13 miliardi di dollari di danni. «L’iniziativa rappresenta un punto di svolta nella lotta contro i cambiamenti climatici» ha affermato Kumi Naidoo, direttore esecutivo di Greenpeace International. «Si apre un nuovo filone nella battaglia contro le compagnie dei combustibili fossili, responsabili dei disastri causati dal riscaldamento globale. Ci auguriamo che altre commissioni per i diritti umani in tutto il mondo intraprendano inchieste analoghe».
Le Filippine, un insieme di isole nel Pacifico meridionale, sono particolarmente vulnerabili all’impatto dell’innalzamento del livello dei mari e agli eventi meteorologici estremi causati dall’aumento dei gas serra. E proprio per questo la Commissione ha deciso di procedere nella direzione dell’inchiesta.
Malgrado la evidente emergenza legata all'utilizzo dei combustibili fossili e all'altissimo rischio cui sono esposte le isole del Pacifico, il governo filippino  ha approvato di recente oltre 50 centrali a carbone che saranno costruite nel paese nei prossimi anni e che, evidentemente, rappresentano la risposta dell'esecutivo alla domanda di approvvigionamento energetico. Considerando che una centrale a carbone ha una vita media di 40-45 anni, ciò significa che le Filippine continueranno sicuramente a immettere nell'atmosfera i residui della combustione del carbone mentre il mondo sta "discutendo" su come superare l'utilizzo delle fonti energetiche più inquinanti.

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