giovedì 31 luglio 2014
NO ALLE TRIVELLE SICILIANE
Il si alle trivelle e il no alle pale eoliche è un paradosso tutto italiano
Posted on July 30, 2014 by newton
“Sconfortante la fotografia della situazione energetica del nostro Paese, che il governo Renzi vorrebbe a vocazione petrolifera mentre ignora colpevolmente le enormi potenzialità dell’energia rinnovabile del vento. E’ un paradosso purtroppo tutto italiano quello che vede la strada spianata per le trivelle ad alto rischio ambientale al largo delle coste, mentre le innocue pale dell’eolico off shore sono un tabù, per via dell’assenza di adeguati riferimenti normativi che definiscano le regole per le autorizzazioni”.
Così Francesco Ferrante di Green Italia commenta il puntuale dossier di Legambiente “Trivelle SI, Eolico off-shore NO”.
“Contro l’eolico off shore – continua Ferrante – il campo degli oppositori è variegato e ha gioco facile grazie appunto alle lacunosi prescrizioni di legge: le Soprintendenze, le stesse nel mirino di Renzi, sono avversarie dell’eolico a largo delle coste, come alcune frange ambientaliste reazionarie, e governatori di Regioni che si appellano ad una malintesa volontà di proteggere il paesaggio, ma si piegano poi alle volontà delle aziende petrolifere regalando royalties. Per carità, come sempre “anche il bene va fatto bene” e non avrebbero senso impianti troppo vicino alle coste che impattino davvero sulle meraviglie delle coste italiane. Ma nella realtà si blocca tutto “a prescindere” come diceva Totò. Si bloccano parchi eolici di fronte ad aree industriali come l’Ilva, si rinuncia alla possibilità di produrre 2500 MW di elettricità senza immettere CO2 nell’atmosfera, ma si guarda con favore alle piattaforme petrolifere in nome di una ridicola e del tutto inesistente autarchia energetica fossile, propagandata da Presidenti del Consiglio in carica e del passato. Si può coniugare l’aumento dell’offerta energetica rinnovabile eolica integrando nel paesaggio i parchi offshore, e si può aumentare l’apporto di elettricità fornita dalle fonti pulite ben oltre il 33% che oggi è già in essere, ma occorrono regole chiare e valide per tutti. Senza quelle – conclude Ferrante – l’Italia dal punto di vista energetico sarà sempre ostaggio delle lobby dell’industria fossile e dei comitati nimby”.
Sblocca-Italia o la solita “minestra”? Il bivio di Renzi
Posted on July 30, 2014 by newton
“Sblocca-Italia”: così Renzi ha chiamato il decreto che il suo governo sta per varare. Nome azzeccato, di sicuro: c’è un immenso e urgentissimo bisogno di “sbloccare” l’Italia, di utilizzare al meglio le (limitate) risorse pubbliche a disposizione per aprire cantieri, creare lavoro, spingere la ripresa. E però, a costo di attirarci l’accusa di “gufi” e “rosiconi”, azzardiamo a porre qualche questione di merito. Oltre al “come” sbloccare (benvenute semplificazioni), è importante anche il “cosa”. Per esempio: nelle nostre città sarebbe utilissimo stimolare la “riqualificazione”, la rigenerazione urbana, reinventare qualcuno dei tanti spazi oggi dismessi e malmessi, potenziare e rendere più efficienti i trasporti pubblici, mentre sarebbe un errore e un danno introdurre forme generalizzate di “silenzio/assenso” per chiunque voglia costruire (questa sembra l’intenzione del governo a leggere le bozze in circolazione del decreto). Come ormai sostengono gli stessi costruttori riuniti nell’Ance, l’edilizia italiana per non deperire deve un po’ cambiare mestiere: non più consumo di suolo, sempre meno nuove costruzioni, sempre più rinnovamento del patrimonio abitativo esistente che per buona parte è di pessima qualità architettonica, statica, energetica.
La via insomma è quella di consolidare ed estendere il credito d’imposta per chi ristruttura la propria casa migliorandone l’efficienza energetica o la resistenza antisismica, misura che in questi anni ha svolto una formidabile funzione anticiclica e ha consentito di risparmiare sui consumi energetici e di ridurre l’inquinamento urbano. È troppo chiedere al ministro Lupi e allo stesso Renzi di puntare su questo e di rinunciare a all’idea di “deregualation” urbanistiche generalizzate che non porterebbero alcuno sviluppo e perpetuerebbero la lunga e infausta stagione italiana della cementificazione, dell’abusivismo e dei condoni?
Un altro nodo decisivo – ci si perdoni l’insistenza sul merito – riguarda le cosiddette grandi opere. Già ci siamo dovuti sorbire l’inaugurazione in pompa magna dell’inutile e costosissima autostrada lombarda Brebemi, completata grazie ad un mega-mutuo “fuori mercato” della Cassa depositi e prestiti (significativo che le aste per realizzare stazioni di servizio su quel nuovo tratto autostradale vadano deserte: evidentemente i flussi di traffico previsti non sono così attraenti), adesso sembra che lo “Sblocca-Italia” servirà a pagare altre infrastrutture prive di senso e di futuro. Le grandi opere non sono tutte uguali. Così, va benissimo l’alta velocità ferroviaria Napoli-Bari, per la quale s’intendono “sbloccare” autorizzazioni e risorse pubbliche, ma va malissimo – qui facciamo nostro l’allarme delle associazioni ambientaliste, Legambiente e Wwf in testa – destinare, come il governo è intenzionato a fare, 270 milioni pubblici per l’autostrada tirrenica che non esiste né come cantiere e nemmeno come progetto.
Si sta parlando di un’opera che vede tuttora irrisolti nodi importanti, dai criteri di assegnazione dei lavori (l’Europa ha aperto su questo una procedura d’infrazione contro l’Italia) alla scelta del tracciato (se puntare sull’adeguamento dell’Aurelia, soluzione molto più rapida, meno costosa e dall’impatto ambientale pressoché inesistente, o invece su un’infrastruttura tutta nuova), e di un’autostrada che se mai venisse realizzata costerebbe agli utenti un pedaggio tre volte più caro della media delle autostrade italiane. Usare in questo modo 270 milioni dei contribuenti sarebbe una follia, questa somma basterebbe a finanziare alcune decine di opere molto più utili e immediatamente cantierabili, che varrebbero a creare qualche migliaio di posti lavoro e a migliorare la vita di decine di migliaia di italiani (a partire magari proprio dalla messa in sicurezza dei tratti più pericolosi dell’Aurelia, quella davvero un’opera necessaria e indifferibile).
Infine, ancora un appello a Renzi e a Lupi: provate a fare voi per primi la riforma “istituzionale” più importante di tutte, che non ha bisogno di guerre e guerriglie parlamentari. Scrivete un decreto asciutto, sobrio, in cui ci siano solo le norme indicate nel titolo e non il “di tutto e di più” cui siamo abituati da anni. Se deve essere un decreto “Sblocca-Italia” che “Sblocca-Italia” sia, senza trasformarlo in un “marchettificio” dagli incentivi per le auto (ancora!?) alle norme sui rifiuti (i termovalorizzatori…sic!). Forza Matteo, questa davvero è un’occasione per “cambiare verso”. Vuoi provarci?
mercoledì 30 luglio 2014
PERCHE' TIRRENO POWER ...PERCHE'?
Perché Tirreno Power non ha messo il misuratore SME a camino?": i dubbi della Rete Savonese Fermiamo il carbone
"L'azienda nutre forse qualche timore sui dati emissivi che avrebbero potuto o potrebbero emergere?"
“Perché Tirreno Power non ha messo il misuratore SME a camino? Ha forse qualche timore sui valori che potrebbero emergere?”. La Rete Savonese Fermiamo il Carbone interviene all’indomani del comunicato del colosso dell’energia, nel quale l’azienda affermava come: “alla centrale di Vado Ligure sia stato riconosciuto, nello stesso atto di sequestro, il rispetto dei limiti di emissione previsti dalla legge”. (Clicca qui per comunicato stampa)
“Ci pare, sottolinea l’associazione, un'affermazione non corretta o quantomeno gravemente incompleta. I documenti bisogna leggerli per intero e per completezza di informazione riportiamo alcuni passi molto importanti della stessa ordinanza del Giudice (pag 27): “non può tacersi la circostanza che tutti i dati sono stati registrati e monitorati dal gestore in assoluta autonomia e nella totale carenza di controlli da parte delle autorità preposte”; “Anche gli accertamenti compiuti di recente inducono a propendere per l’inattendibilità dei dati registrati dal Gestore attraverso lo SME (Sistema di monitoraggio delle emissioni) installato presso la Centrale termoelettrica” (**)”.
Tra le osservazioni dei giudici savonesi c’era anche quella di non aver sistemato, in base a quanto prescritto dall’AIA, i misuratori di polveri al vertice del camino, :”come richiesto, sottolinea la Rete Savonese Fermiamo il Carbone, anche da ISPRA e dal GIP nell'ordinanza (tanto da condizionare la ripresa dell'attività alla messa in opera del misuratore con controllo di tecnici nominati dal Giudice). Non solo, non troviamo cenni di questo misuratore al camino nemmeno nel nuovo progetto presentato”.
“Perché l'azienda (pur in presenza di una autorizzazione ministeriale) non ha messo il misuratore al camino? Eppure sarebbe stato molto semplice aderire alla espressa richiesta del GIP. Non crediamo si tratti di un problema economico per una azienda a cui non mancano evidentemente le risorse per avvalersi di eccellenti avvocati e di presunti “migliori esperti italiani del settore”. E allora una domanda si ripropone: l'azienda nutre forse qualche timore sui dati emissivi che avrebbero potuto o potrebbero emergere?”, conclude l’associazione.
No a Tavecchio, totalmente inadeguato. Intervenga Malago’
Posted on July 29, 2014 by newton
Green Italia,il nuovo movimento ambientalista italiano, prende posizione contro l’ipotesi di Presidenza Tavecchio per la Federcalcio e si appella a Malago’: “Abbiamo grande stima del Presidente Malago’- dichiara il coordinatore nazionale Fabio Granata – e ci fidiamo della sua autorevolezza:per questo chiediamo un suo intervento per scongiurare l’ipotesi delle candidatura e della Presidenza Tavecchio,figura inadeguata e di sostanziale continuità con il peggio del calcio italiano. La sua battuta becera rappresenta inoltre un inaccettabile ‘segnale’ di mancanza di cultura sportiva e di apertura mentale:il calcio italiano merita ben altro”.
CARO GABRIELLI,MENO MALE CHE CI SONO GLI AMBIENTALISTI
ree protette e biodiversità | Comunicazione | Rifiuti e bonifiche
Costa Concordia, gli ambientalisti: «Incomprensibile l’attacco di Gabrielli»
[29 luglio 2014]
Hanno suscitato molte perplessità (e forse amarezza) le accuse rivolte, subito dopo la conclusione dell’operazione di traino della Costa Concordia a Genova, dal capo della Protezione Civile Gabrielli contro le associazioni ambientaliste, accusate più o meno di aver imbastito una campagna denigratoria e propagandistica. A rispondergli indirettamente sull’edizione genovese de La Repubblica, dove cura la rubrica “Genova-New York”, è Federico Rampini che, in un lungo articolo sulla vicenda Concordia dal titolo “Gli Stati Uniti tra business e ambiente: il precedente genovese”, scrive: «E’ possibile, quando c’è l’attenzione politica e convergono gli sforzi di tutti gli attori economici e sociali, invertire la logica della cooperazione al ribasso. Fanno bene le organizzazioni ambientaliste a tenere gli occhi puntati su Genova, oggi e nei mesi che verranno. E’ proprio questo tipo di attenzione della società civile, un’attenzione carente o repressa in molte nazioni emergenti, quella che in futuro potrà dare una marcia in più nella competizione internazionale via via che le opinioni pubbliche diventano più esigenti e vigilanti».
Sulla questione abbiamo sentito il presidente nazionale di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, al quale abbiamo chiesto cosa ne pensi delle dichiarazione di Gabrielli che sembrava proprio avercela con la campagna “Costa ti tengo d’occhio” di Legambiente e Greenpeace.
«Sono rimasto personalmente molto stupito dall’attacco che il prefetto Gabrielli ha voluto fare, a termine dell’impresa di portare il relitto della Concordia a Genova, contro Legambiente e Greenpeace . ci dice Cogliati Dezza – Innanzitutto perché non ci appartiene proprio la cultura dell’auspicare che le cose vadano male per poter dire “avevamo ragione noi”. Il nostro ruolo è sempre stato altro, e non solo in questa occasione. Noi accendiamo i riflettori e forniamo informazioni su eventi ed emergenze di cui valutiamo attentamente i rischi – e non si può certo dire che questa impresa non corresse più di qualche rischio, come lo stesso Gabrielli ha più volte detto – affinché le cose vadano per il meglio. E non abbiamo nessuna difficoltà a riconoscere a Gabrielli, alla Protezione Civile, al sistema di controllo Ispra-Arpat, il merito di aver condotto a termine un intervento emergenziale di grande complicazione. Il nostro ruolo è un altro: è quello di tenere alta l’attenzione sociale, senza mai fare allarmismo gratuito, anche per mantenere vivo il rapporto di fiducia tra la gente e le istituzioni, che non mi sembra goda in Italia di buona salute. Tutto questo Gabrielli lo sa e per questo mi risulta incomprensibile l’attacco che abbiamo ricevuto».
Sul suo blog Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia, ricorda che «L’operazione “Costa ti tengo d’occhio” promossa insieme a Legambiente – seguire per mare il relitto fino a Genova – aveva lo scopo sia di testimonianza che di comunicazione sui temi legati all’intera vicenda, che sono diversi e complessi. Come Greenpeace abbiamo poi effettuato tre voli in elicottero in tre giorni diversi per realizzare delle immagini a raggi infrarossi – effettuate per nostro conto da una società certificata – di una quarantina di miglia della scia del relitto. Queste immagini hanno escluso, come speravamo, significativi rilasci di sostanze galleggianti diverse dall’acqua. Dunque, come abbiamo ripetuto, in questo caso nessuna notizia è stata una buona notizia».
Quanto alle accuse del Capo della Protezione Civile, Onufrio conclude: «Che poi Gabrielli abbia reagito male, deridendo l’attività degli ambientalisti come “una gita in barca”, è comprensibile data la tensione e la pressione enorme che ha subito in un ruolo così delicato. Probabilmente gli sfugge che il ruolo degli ambientalisti è anche di osservare in modo indipendente ciò che succede. Affermazioni del genere nascondono solo una volontà nascosta di operare senza controlli esterni: le organizzazioni ambientaliste non vogliono, e non possono, sostituirsi alle istituzioni pubbliche, ma si comportano da testimoni e difensori del bene comune. Dobbiamo ringraziare tutti quelli che hanno condotto l’operazione. Il caso della Costa Concordia è dunque esemplare: nel male per la tragedia ampiamente evitabile; nel bene per aver condotto in porto un’operazione difficile e rischiosa».
SI PUO' SEMPRE RICICLARE
Il Gruppo Hera lancia un video che cita "Guerre Stellari" per promuovere la raccolta differenziata
La raccolta differenziata si impara con un video. Sulla scia del grande successo dell’app del Rifiutologo, lanciata già nel 2011 per iPhone/iPad e Android, il Gruppo Hera diffonde un video interattivo in cui gli utenti sono invitati a compiere scelte su come trattare alcuni rifiuti domestici. Il video punta a promuovere la raccolta differenziata e l’app del Rifiutologo che contiene le istruzioni per il corretto conferimento di ogni genere di rifiuto.
In un continuo rimando di citazioni a “Guerre stellari”, Pippo Santanastaso presta il suo volto al mitico personaggio del Rifiutologo. Il giovane Luke alle prese con i rifiuti domestici è interpretato invece da Luca di Giovanni, l’attore che ha fatto impazzire il web per i suoi video virali sui lavori creativi.
Uno spazio speciale viene riservato all’iniziativa “Cambia il finale” che promuove il riutilizzo degli oggetti ancora in buone condizioni.
Grazie a "Cambia il finale", il cittadino può donare a onlus e associazioni no profit dell’Emilia Romagna beni ingombranti riutilizzabili che possono essere recuperati e alimentare così il virtuoso circuito del riuso. L’iniziativa coinvolge organizzazioni che operano sul territorio e che in molti casi offrono impiego a lavoratori svantaggiati, grazie anche al lavoro di cittadini volontari.
In un continuo rimando di citazioni a “Guerre stellari”, Pippo Santanastaso presta il suo volto al mitico personaggio del Rifiutologo. Il giovane Luke alle prese con i rifiuti domestici è interpretato invece da Luca di Giovanni, l’attore che ha fatto impazzire il web per i suoi video virali sui lavori creativi.
Uno spazio speciale viene riservato all’iniziativa “Cambia il finale” che promuove il riutilizzo degli oggetti ancora in buone condizioni.
Grazie a "Cambia il finale", il cittadino può donare a onlus e associazioni no profit dell’Emilia Romagna beni ingombranti riutilizzabili che possono essere recuperati e alimentare così il virtuoso circuito del riuso. L’iniziativa coinvolge organizzazioni che operano sul territorio e che in molti casi offrono impiego a lavoratori svantaggiati, grazie anche al lavoro di cittadini volontari.
martedì 29 luglio 2014
UNA GRANDE IDEA ECOLOGISTA PER EXPO 2015
Una proposta per Expo 2015: l’Autorità Mondiale per l’Acqua. FIRMA LA PETIZIONE
Posted on March 18, 2014 by newton
Green Italia si rivolge con una petizione al Governo italiano e agli organizzatori di Expo 2015 perché si attivino per la creazione di una Autorità Mondiale per l’Acqua
L’acqua, elemento fondamentale per la vita dell’uomo e dell’intero pianeta, può essere definita, con l’aria, il bene comune per eccellenza. E l’accesso alle risorse idriche per tutti un diritto fondamentale. L’acqua è anche una risorsa scarsa, minacciata da inquinamento, sprechi, privatizzazioni, che generano carestie, guerre effettive e potenziali, ingiustizie e discriminazioni.Occorre che questo bene comune e la sua qualità siano tutelati e gestiti da un organismo internazionale a livello planetario, con il concorso più ampio possibile.
L’Expo di Milano, per il tema scelto e per la presenza di 144 nazioni di tutti i continenti è la sede ideale per la proposta ufficiale di un’Autorità Mondiale dell’Acqua, fondata sulla condivisione e diffusione delle conoscenze sull’uso consapevole e sostenibile di questa risorsa a tutti i livelli: da quello alimentare, per la tutela della salute, a quello agricolo, a quello idrogeogeologico, fondamentale per la tutela dei territori, a quello energetico, come fonte di energia rinnovabile, fino alle tecnologie più innovative della green economy.
GELA:I SEGNI DI UN DISASTRO E DI UNA BONIFICA ATTESA
L'Eni ha deciso di chiudere la raffineria a Gela e subito scattano le proteste per la difesa dei 3000 posti di lavoro. Ma dell'inquinamento e delle bonifiche nessuno ne parla
Eni intende chiudere la raffineria a Gela ma ha anche annunciato che probabilmente interverrà anche a Taranto, Marghera, Livorno e Priolo. I sindacati hanno proclamato per domani 29 luglio una giornata di sciopero nazionale di tutti i lavoratori del settore raffineria dell'Eni mentre per 2 ore sciopereranno i lavoratori degli altri impianti di raffinazione nazionali.
Rosario Crocetta governatore della Sicilia è infuriato: poco più di un mese fa ha autorizzato le trivellazioni nel Canale di Sicilia e ora Eni annuncia di voler chiudere la raffineria:
Difenderò la raffineria di Gela e i lavoratori fino alla fine, a costo di apparire come l'ultimo Samurai o come l'ultimo giapponese del secondo conflitto mondiale. L'Eni non può pensare che noi autorizziamo nuovi pozzi in Sicilia per 2,4 miliardi di euro allo scopo di affidarlo poi all'area padana (raffineria di Sannazzaro di Pavia, ndr), perchè‚ sarebbe un doppio sfruttamento della Sicilia senza ritorno occupazionale: forniremo perciò il nostro petrolio solo alle imprese che intendono investire in Sicilia e creare valore aggiunto, altrimenti non ha senso estrarlo. La cosa squallida emersa in questa vicenda è che c'è un piano di dismissioni che riguarda solo il Sud non è vero che ci sono investimenti alternativi; quelli indicati dall'azienda sono una beffa: la trivellazioni di pozzi con un totale di 200 persone occupate a fronte di tremila licenziamenti. Vorrebbero un'altra Termini Imerese con lo stesso giochetto, del tipo: intanto chiudiamo poi vi promettiamo un mondo di benessere, di biologia (coi biocarburanti, ndr) che non arriveá mai. Se l'Eni ama l'ambiente proceda subito al risanamento del suolo e del sottosuolo, delle
lunedì 28 luglio 2014
PUNTARE ALL'EFFICIENZA ENERGETICA
Dopo il timido target del 30% per la decisione definitiva mancano ancora alcuni mesi
Efficienza energetica, le misure contano: 767.000 buoni motivi per osare
Alzando l’asticella al 40% ridurremmo l’import di petrolio per più di un terzo. C’è tempo fino a ottobre
[28 luglio 2014]
La Commissione europea ha recentemente presentato la sua proposta sugli obiettivi da raggiungere in termini di miglioramento dell’efficienza energetica al 2030. Era un appuntamento importante perché l’efficienza energetica é forse – tra i tre obiettivi del pacchetto europeo sui cambiamenti climatici, insieme a riduzione delle emissioni di CO2 e aumento del ricorso alle rinnovabili – quello che maggiormente può incidere su riconversione industriale e innovazione tecnologica.
Si tratta di un target che ha sempre avuto vita dura, e infatti era l’unico dei tre a non essere vincolante nel precedente 20-20-20, ma che potrebbe essere invece davvero il perno del cambiamento. Come sempre le decisioni della Commissione sono frutto di compromessi, che rischiano di vanificare il merito della discussione, e così tra chi non voleva nessun target sull’efficienza – i paesi guidati da Inghilterra e Polonia che ne vorrebbero solo uno sulla CO2 – e chi ne vorrebbe uno ambizioso, ha vinto la linea mediana e la Commissione propone di attestarsi su un target di riduzione del 30% al 2030.
Bicchiere mezzo pieno: per la prima volta si propone target su efficienza; un (timido) passo avanti, si potrebbe dire, perché sconfitto l’asse dei Paesi più “retrogradi”. In realtà il bicchiere è più che mezzo vuoto, sia perché – come ha giustamente fatto notare immediatamente anche Legambiente – sostanzialmente ci si attesta su uno scenario business as usual , contando sul “naturale” incremento di efficienza, ma soprattutto perché si rinuncia nei fatti a dare un indirizzo di seria politica industriale europea.
Sono i dati della stessa Commissione a dirci che se si fosse scelto un obiettivo del 40% – la richiesta comune degli ambientalisti, dei Verdi europei e della parte più innovativa dell’industria Ue (si pensi alle imprese raccolte in Europa da Euase e in Italia dal Kyoto Club) – si sarebbero potuti creare 767.000 posti di lavoro, si sarebbero ridotte le importazioni di petrolio del 33-40% (!) e del 18-19% quelle di gas. Insomma, si sarebbe dato impulso importante a nuova occupazione (e Dio sa quanto ce n’è bisogno in tutta Europa) e allo stesso si sarebbe potuto imboccare con più determinazione la strada della decarbonizzazione del nostro sistema economico, con gli effetti positivi connessi in termini di impatto ambientale, globale e locale, e di riduzione della dipendenza energetica dell’Europa dai Paesi produttori. Sarebbe quasi ironico, se non fossimo in presenza di una tragedia, assistere a questa timidezza dettata dalle lobby fossili, negli stessi giorni in cui il gas di Putin svolge un ruolo importante nell’impotenza europea (e italiana) di fronte alla crisi ucraina.
L’Europa rischia così di perdere un’occasione importante per rilanciare la sua economia e indebolisce la sua stessa leadership (ormai invero appannata) nella lotta ai cambiamenti climatici a livello globale. Ovviamente ambientalisti e industria innovativa continueranno a battersi per obiettivi più ambiziosi, sia premendo sul Parlamento Europeo (che dovrebbe avere una posizione più avanzata) sia con iniziative in vista del Consiglio europeo di ottobre, che dovrà prendere la decisione definitiva in merito. Com’è noto il ruolo dell’Italia é assai importante, perché sarà il nostro presidente del Consiglio a presiedere quella riunione.
E le scelte del nostro Governo sino adesso non autorizzano alcun ottimismo: spalma incentivi sulle rinnovabili, rilancio delle trivellazioni (sic!), balbuzie su efficienza (ancora manca la stabilizzazione del bonus fiscale per le ristrutturazioni edilizie e il recente decreto di recepimento della vecchia Direttiva europea sull’efficienza presenta molte ombre). È con amarezza che dobbiamo osservare come il nostro Paese sia l’unico al mondo dove chi, in politica, si vuole caratterizzare come “innovatore”, non punta con forza sulla green economy. Da qui a ottobre manca molto poco, ma ci sarebbe ancora tempo per “cambiare verso”. Altrimenti andrà in fumo anche questa occasione con grave danno per l’ambiente, per l’occupazione e per il futuro d’Italia e d’Europa, anche qui – come sempre – strettissimamente intrecciate.
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