domenica 15 novembre 2015
dal wwf sui danni climatici in Calabria
FRANE ALLUVIONI: È EMERGENZA ANCHE IN
CALABRIA
L’ennesima apocalisse si è riversata sulla Calabria, dopo che nell’ultimo mese più di
metà d’Italia è andata sott’acqua, dalla Sicilia, alla Sardegna, alla Toscana, alla Liguria
e con numerose vittime e ingenti danni. Bombe d’acqua che si abbattono con
sempre più frequenza sul nostro territorio fragile, incapace di resistere a piogge
torrenziali che spesso in poche ore riversano l’acqua di una stagione. Una città come
Messina è rimasta per più di una settimana senz’acqua a causa di una frana, che ha
danneggiato le condutture dell’acqua, ha avuto l’attenzione dei media solo dopo
l’accorato appello dello showman Fiorello. Si verificano situazioni incredibili sotto
un’indifferenza dilagante, caratterizzata da una stampa distratta che ormai relega
questi disastri a episodi di secondo piano trattati per lo più nella cronaca locale.
Emergenza nazionale
In realtà l’Italia è in un’emergenza nazionale continua, che coinvolge tutto il territorio,
causata da un insostenibile consumo di suolo, dalla mancanza di prevenzione e
manutenzione, dall’incapacità di spendere i soldi stanziati, dagli interventi di “difesa
idraulica” fatti male e spesso controproducenti (come i Sardegna dove ponti appena
costruiti sono crollati come niente), dal continuo taglio della vegetazione lungo i fiumi,
all’escavazione selvaggia del letto dei fiumi con la scusa di spesso inutili “pulizie”.
Invece bisognerebbe avviare azioni completamente diverse: è necessario bloccare il
consumo del suolo prima di tutto lungo i fiumi e nelle zone a rischio idrogeologico e
ridare, ove possibile, spazio ai nostri corsi d’acqua per ridurre l’irruenza delle piene e
avviare una seria e diffusa azione di rinaturazione e manutenzione per recuperare la
al nostro ormai vulnerabilissimo territorio la naturale capacità di rispondere a questi
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fenomeni; questo vuol dire ripristinare e tutelare i servizi ecosistemici ormai entrato
nel lessico anche di qualche avveduto politico.
Il 15 dicembre a Parigi ci si confronterà sui Cambiamenti Climatici che stanno
condizionando l’intero pianeta e sono già, come dimostra il susseguirsi di eventi
metereologici “straordinari“ sulla nostra Penisola, una presenza costante nella nostra
vita; per questo qualsiasi politica sul territorio deve tenerne conto, favorendo strategie
di adattamento già presenti in direttive europee, come quella del rischio alluvionale
(Direttiva 2007/60/CE), che basterebbe applicare correttamente.
Politiche schizofreniche
Invece il Governo e le Regioni sono impegnate a confondere le “acque”, ostacolando
così qualsiasi ragionevole politica di prevenzione e pianificazione sul territorio. Il
Ministro Galletti dopo ogni tragico evento, si affanna a rassicurare tutti annunciando
Piani nazionali (più o meno come tutti i suoi predecessori) e accordi con le Regioni
per opere anti-dissesto, che però “ci vogliono anni per risultati” e che il Governo ha
stanziato montagne di soldi, finanziando “prima quelle opere che sono già in stato
avanzato di progettazione, oltre che quelle a maggior rischio” (ANSA, 15 Ottobre)
Lo scorso anno il Governo si è inventato una “Struttura di Missione contro il dissesto
idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche” (DPCM del 27 maggio
2014.) seguita dal decreto “sblocca Italia” (DECRETO-LEGGE 12 settembre 2014, n.
133 “Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche,
la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto
idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive”), concretizzando però una
pericolosa e non ancora risolta schizofrenia nelle politiche di difesa del suolo: da un
lato il Governo si affanna per cercare di realizzare gli interventi segnalati dalle Regioni
e dalla Protezione Civile, attraverso la “Struttura di Missione”, con procedure
d’emergenza e al di fuori di ottiche di pianificazione, come previsto dalle direttive
europee “acque” (2000/60/CE) e “rischio alluvionale” (2007/60/CE), dall’altro con le
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autorità di bacino, delegittimate da anni, svogliatamente cerca di ottemperare agli
obblighi comunitari redigendo i Piani di gestione del rischio alluvionale (PGRA)
previsti, appunto, dalla direttiva 2007/60/CE.
Struttura di Missione o Autorità di bacino?
“Le Autorità di distretto idrografico, oltre a garantire il coordinamento di enti, autorità
e uffici per la predisposizione dei piani di gestione delle acque e delle alluvioni,
devono assicurare il coordinamento tra le due Direttive, con l’obbligo di riferire alla
UE sulle azioni svolte e sui risultati.” L’Autorità di bacino è il luogo di coordinamento
delle azioni di difesa del suolo e il “Il PGRA deve affrontare tutti gli aspetti della
gestione del rischio di alluvioni: prevenzione, protezione, preparazione, compresi la
previsione delle alluvione e i sistemi di allertamento, sulla base anche delle
caratteristiche del bacino o del sottobacino idrografico interessato” e che deve
“costruire una visione complessiva e coerente delle politiche di difesa dalle alluvioni
sul territorio del distretto e una cultura locale del rischio e delle migliori pratiche per
ridurne i danni.” (dal PRGA del bacino del Po).
Tutto ciò appare in evidente sovrapposizione con il ruolo della Struttura di Missione
che, a sua volta, deve: “Garantire il necessario coordinamento degli interventi urgenti
in materia di dissesto idrogeologico, di difesa e messa in sicurezza del suolo, di
sviluppo delle infrastrutture idriche, in modo da assicurare l’integrazione delle fasi
relative alla programmazione e alla realizzazione concreta degli interventi in tali
materie attribuite ai diversi livelli di governo, centrale, periferico, territoriale e locale,
agli enti pubblici nazionali e territoriali, ad ogni altro soggetto pubblico e privato
competente che opera sul territorio nazionale, ed il razionale ed efficace utilizzo delle
risorse disponibili.”
Il Governo non vuole risolvere la dicotonia tra la “Struttura di Missione” e le Autorità di
bacino” (che dal 2006 aspettano di essere tramutate in Autorità di distretto, sempre
come previsto dalle direttive europee), mantenendo un’ambiguità che non può che
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ostacolare la corretta ed efficace applicazione dei Piani di gestione del Rischio
Alluvionale dei distretti idrografici, attualmente tra i pochissimi strumenti concreti per
avviare azioni di adattamento ai cambiamenti climatici.
Le proposte del WWF
Il WWF ritiene fondamentale innanzitutto applicare le direttive su “acque”
(2000/60/ce) e “rischio alluvioni” (2007/60/ce). E’ urgente promuovere la riforma
della governance della difesa del suolo, istituendo le Autorità di distretto riformandone
la composizione ed i ruoli, prevedendo i necessari strumenti e dotazioni, adeguati per
la compiuta attuazione delle Direttive comunitarie.
E’ indispensabile ridare centralità al bacino idrografico, come l’unità territoriale più
efficace per garantire un serio governo del territorio e su cui impostare politiche per la
gestione delle acque, la riduzione del rischio idrogeologico e per l’adattamento ai
cambiamenti climatici.
Inoltre è necessario rivedere drasticamente il ruolo della “Struttura di Missione”
proprio in funzione dell’applicazione delle direttive europee, eventualmente
mettendola a servizio dell’attività delle Autorità di bacino.
Il WWF ritiene poi indispensabile promuovere un’efficace e continuativa
manutenzione del territorio e favorire un’ampia e diffusa azione di rinaturazione
attraverso la realizzazione di infrastrutture verdi e il ripristino e la tutela di servizi
ecosistemici. Azioni queste che possono essere già parte di un Piano di
adattamento ai cambiamenti climatici, che dovrebbe essere l’applicazione concreta
della Strategia nazionale, ma anche un risultato dell’Italia da portare a Parigi il
prossimo dicembre.
Roma, 5 ottobre 2015
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