Ilva: emissioni Ipa al 99,4%, ecco la prova che Peacelink non farnetica
Più informazioni su: Arpa Puglia, Benzo(a)pirene, Idrocarburi, Ilva, Inquinamento Ambientale,Quartiere Tamburi, Taranto.
Se date un’occhiata a questo video vi renderete conto di cosa significa vivere e respirare nel quartiere Tamburi di Taranto quando il vento viene dall’area dell’Ilva. All’alba di oggi il quartiereTamburi era in buona parte “avvolto” dagli Ipa (Idrocarburi policiclici aromatici), che sono inquinanti potenzialmente cancerogeni. Gli Ipa nel 2009-2010 – in quel quartiere accanto al quale sbuffano le cokerie (fonte di Ipa) – si erano attestati attorno alla media di 20 nanogrammi a metro cubo. I valori che vedrete nel filmato, girato oggi da Luciano Manna, sono di gran lunga superiori, e – oltre che trascritti con la penna sul blocco note – sono andati a finire nella memoria elettronica dell’analizzatore portatile utilizzato da PeaceLink.
Ma proprio sul monitoraggio degli Ipa a Taranto PeaceLink si è presa una solenne bacchettata dal direttore generale dell’Arpa, Giorgio Assennato. “Quelle di PeaceLink sono farneticazioni”, ha dichiarato. Aggiungendo con disappunto: “C’è un’organizzazione ambientalista che fa del terrorismo psicologico il suo strumento di penetrazione”. Va tuttavia sottolineato che i dati diffusi negli scorsi giorni da PeaceLink non erano stati rilevati con l’analizzatore portatile che vedete nel filmato. I dati diffusi da PeaceLink erano invece rielaborazioni ottenute partendo da dati dell’Arpa stessa e utilizzando un modello matematico sempre dell’Arpa Puglia.
PeaceLink non aveva fatto altro che aggiornare al 2014 il modello matematico che stava alla base del rapporto Arpa del 4 giugno 2010, da cui nacque la furibonda girandola di telefonate e diintercettazioni della Procura in cui è finito anche Vendola. Aggiornando i dati di quel modello matematico, PeaceLink aveva fornito una notizia: Ilva, anche solo con 4 cokerie attive su 10, continua a emettere il 99,4% di tutti gli Ipa censibili a Taranto. Questa altissima percentuale spiega perché a Taranto siano così importanti gli Ipa e perché la gente da tempo guardi con apprensione i dati di queste sostanze potenzialmente cancerogene e genotossiche, fra cui il pericolosissimo benzo(a)pirene. Questa è anche la ragione per cui PeaceLink si è “armata” dello strumento di misurazione in dotazione di Arpa.
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E tuttavia – come già detto – quello che ha fatto discutere negli scorsi giorni non sono state le misurazioni di PeaceLink ma quelle di Arpa, risultate per gli Ipa particolarmente elevate: 28 nanogrammi a metro cubo nella centralina in via Orsini (a poca distanza dall’Ilva). Il valore di 28 nanogrammi a metro cubo e un dato superiore a 20 nanogrammi a metro cubo, ossia il valore registrato nella centralina del quartiere Tamburi di via Machiavelli nel 2009-2010quando scoppiò lo il problema “benzo(a)pirene”. C’è da preoccuparsi? No, è solo colpa del traffico, non dell’Ilva, ha messo le mani avanti il direttore generale dell’Arpa Puglia.
Quella centralina tuttavia va detto che avrebbe lo scopo di monitorare il processo di diffusione degli Ipa provenienti dalla cokeria, fornendo misurazioni seriali dettagliate e continue (in gergo tecnico si parla di “alta risoluzione temporale”). La posizione è stata scelta in un tavolo tecnico a cui partecipava Arpa. I dati di quella centralina – deputata a controllare l’Ilva – non possono però essere usati da PeaceLink perché darebbero valori eccessivi e indurrebbero a “farneticazioni”. Questa è la posizione in buona sostanza del professor Assennato che ha dichiarato: “Che piaccia o no in via Orsini c’è un problema locale specifico che non ha niente a che fare con le emissioni del siderurgico. Quella di Marescotti è pura propaganda ideologica. Purtroppo, però, ottengono più riscontro le sue farneticazioni che le nostre valutazioni scientifiche. E’ una cosa che Taranto pagherà per secoli”.
Per curiosità io e il fotoreporter Luciano Manna oggi ci siamo svegliati presto e siamo andati in via Orsini per controllare questa autorevole dichiarazione. Armati di analizzatore Ipa, telecamera, macchina fotografica e smartphone per controllare il meteo, ci siamo appostati monitorando la situazione. E dobbiamo dire che il direttore generale dell’Arpa Puglia ha ragione. Abbiamo registrato picchi altissimi dovuti a veicoli molto inquinanti, assieme a momenti in cui i valori erano ben inferiori. Conclusione: l’Arpa ha lasciato malamente posizionare una centralina in mezzo a due distributori di benzina, ad un’arteria di traffico non indifferente e non distante dal punto in cui stazionano gli autobus urbani, molti dei quali diesel. In quel punto non andava messa nessuna centralina degli Ipa finalizzata al controllo dell’Ilva. E ci chiediamo come mai l’Arpa abbia fatto un simile errore. In quel punto abbiamo registrato una media di 87 nanogrammi a metro cubo di Ipa.
Ma siccome siamo curiosi, abbiamo fatto anche altre misurazioni nelle case più vicine all’Ilva, quelle di via Lisippo ad esempio. Lì i valori erano addirittura superiori: ben 90 nanogrammi a metro cubo. Nelle condizioni meteo odierne (vento da Ilva) nel 2009-2010 si registravano tra i 20 e i 28 nanogrammi a metro cubo nella centralina di via Machiavelli (Tamburi). Oggi invece abbiamo registrato concentrazioni tre-quattro volte superiori in condizioni meteo simili. Questo non significa che la situazione sia peggiorata rispetto a quattro anni fa, ma solamente che se ci si avvicina al muro di cinta dell’Ilva i dati solo molto alti, e – come documenta il video - non sono “farneticazioni”.
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