Cannabis, il pm Padalino: “Ipocrita non legalizzarla”
Le nuove norme fanno calare gli arresti: “Situazione fallimentare”
Un sequestro di cannabis
29/08/2015
PAOLA ITALIANO
«Oggi, di fatto, il carcere non è più previsto per il piccolo spaccio. O lo si considera un reato, oppure si facciano delle scelte coerenti e cioè si dica che il carcere non è la risposta giusta. Ma allora la normativa deve essere diversa». Si parlava di legalizzazione ieri alla Festa dell’Unità in piazza d’Armi. C’è chi è rimasto sorpreso a sentire il sostituto procuratore di Torino Andrea Padalino, che prima di occuparsi di molti processi No Tav è stato uno dei magistrati che coordinarono le operazioni in quel supermercato all’aperto della droga passato alle cronache come «Tossic Park». Padalino ha snocciolato cifre, parlando di una «situazione fallimentare, con un misto di ipocrisie da parte del legislatore». Per concludere così: «Lasciare alla coscienza delle persone la libertà di fare scelte di vita, penso sia compito di uno Stato, l’atteggiamento repressivo non ha portato un risultato né pratico né culturale».
I numeri
I dati degli ultimi 3 anni dicono di un calo complessivo delle persone arrestate e, in particolare, degli arresti per droga. A determinarlo, una serie di riforme e meccanismi complessi che, tra provvedimenti svuotacarceri e spostamento dei minimi di pena, hanno di fatto depenalizzato il piccolo spaccio. Quindi, i numeri non restituiscono la realtà: non ci sono meno arresti perché si spaccia meno ma «perché forse le forze dell’ordine non hanno più incentivo ad arrestare i pusher». Perché il giorno dopo l’arrestato torna in libertà, o perché, quando anche si dispongano misure cautelari attenuate, come gli arresti domiciliari, queste restano spesso inapplicabili perché la maggioranza delle persone fermate sono stranieri senza fissa dimora. Che così vengono restituite al circuito criminale, una situazione di cui Padalino sottolinea «cinismo nel lasciare per strada persone che delinquono e rispetto alle quali non si riesce a fare nulla». Un discorso complesso, in cui secondo il pm, «il problema è capire se la nostra società ha ancora bisogno di questa risposta, che rischia di essere ipocrita se si depotenziano le norme». Anche perché il sistema è schizofrenico: «Il piccolo spaccio è di fatto depenalizzato, ma oltre la modica quantità le pene vanno dagli 8 ai 22 anni. Non vado in carcere con una pallina di droga, ma con dieci grammi ne rischio 8».
La questione mafie
Al dibattito partecipava anche Benedetto Della Vedova, sottosegretario agli Affari Esteri, che sta portando avanti in parlamento la proposta di legalizzazione della cannabis e che sta cercando di aggregare una maggioranza trasversale. «Sembra quasi una messa cantata», ha detto ieri ascoltando le riflessioni di Padalino e la posizione favorevole del vicepresidente del consiglio regionale Nino Boeti e del garante per i detenuti Bruno Mellano. Ma Padalino ha anche invitato a una riflessione più completa. Se l’obiettivo è togliere linfa alle mafie, bisogna affrontare la questione minorenni: «Non deve esserci un mercato alternativo che si rivolga a loro. E sappiamo benissimo che i più grandi consumatori sono gli adolescenti». Quindi, uno spunto che sa di provocazione: «Dare una veste giuridica alla cannabis toglie risorse alle mafie, ma questo allora vale anche per cocaina ed eroina, dalle quali proviene la maggior parte dei proventi».
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