Migranti, “gli sbarchi a Lampedusa c’erano anche con Berlusconi. Parliamo di emergenza perché siamo impreparati”
Maurizio Ambrosini, sociologo dell'università Statale di Milano, spiega: "Sul piano della politica internazionale l'emergenza esiste, con 15 guerre nel mondo", ma "innalzare muri è una vecchia strategia per allontanare i problemi". Poi aggiunge: "La Ue di oggi assomiglia ai Paesi che alla vigilia delle Seconda guerra mondiale respingevano le navi con gli ebrei in fuga"
La questione profughi risveglia l’Europa dei muri. Quella che doveva aver finito di esistere con la caduta di quello di Berlino, nel 1989. “Sono una tecnologia vecchia, per cercare di tenere lontano da noi i problemi”, commenta Maurizio Ambrosini, sociologo dell’università Statale di Milano e autore, tra gli altri, di “Non passa lo straniero?” (Editrice Cittadella) un libro che racconta la guerra in corso, tra le politiche d’integrazione e di chiusura. I muri si alzano per impedire che i profughi arrivino al cuore dell’Europa. Ma sono efficaci? Servono solo a porsi fuori dai confini segnati dalle Convenzioni internazionali, secondo il professor Ambrosini. Anche l’Italia provò ad innalzare una barriera invisibile con Roberto Maroni ministro dell’Interno: respinse 900 richiedenti asilo verso la Libia, nel 2010. “Si aprì un conflitto rilevante con le Nazioni Unite, per la prima volta. Mi chiedo se ne valga la pena percorrere quella strada, che ci consegnerebbe allo status di Stato canaglia”.