martedì 17 novembre 2015

terrorismo un ragionamento


Ora l'Occidente deve unirsi alla Russia, all'Iran e alla Siria per lottare contro questo male

Pubblicato: Aggiornato: 
G20
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PARIGI - C'è da chiedersi come mai la Francia ci abbia messo tanto a comprendere il fatto che l'unificazione di un mondo senza uno stato di diritto non avrebbe potuto portare ad altro che alla diffusione del caos. Eppure ogni anno che passa quel caos si fa sempre più visibile. È andato a sedimentarsi in modo graduale, inesorabile, globale, e ora teatrale e assordante, su molti fronti: economico, sociale, ecologico, politico, militare, ideologico. In un mondo simile, le soluzioni di natura autarchica e nazionale hanno sempre meno senso. Siamo forse disposti a pensare che la Francia, da sola, possa essere in grado d'affrontare questa battaglia, esplosa lungo le sue strade il 13 novembre, e meno di un anno fa all'epoca degli attentati di Charlie Hebdo?
Finché non predisporremo le condizioni per un'alleanza fra tutte le forze del bene, in tutto il pianeta, contro quelle del male, i disordini non potranno che intensificarsi, e il peggiore tipo di violenza non farà che crescere lungo le nostre strade, compiuta dalle vittime del caos d'altrove. Nel corso della storia di definizioni del bene e del male se ne trovano a migliaia. Oggi il male è il terrorismo, da dovunque esso provenga. Di fronte a quel male, la definizione di "bene" dovrà esser modesta: riunire tutti coloro che s'oppongono al male, indipendentemente da tutto ciò che abbiamo da contestare agli alleati che ci scegliamo.
Per riuscirci, dovremo urgentemente e finalmente applicare una serie di semplici principi a lungo negletti per colpa della debolezza, dell'ingenuità, dell'ignoranza, della vigliaccheria e della procrastinazione davanti a una serie dati di fatto che s'andavano accumulando. Innanzitutto dovremo smetterla di fare opposizione nei confronti della Russia, dell'Iran e perfino della Siria, pur non approvando il loro comportamento, perché in questo conflitto siamo oggettivamente alleati. Poi dovremo riunire le forze di tutti questi Paesi in questa sfida che ci accomuna, allo stesso modo in cui le forze della civiltà si coalizzarono nella Seconda Guerra Mondiale. Senza Stalin, Roosevelt e Churchill non avrebbero mai vinto la guerra contro Hitler.
Inoltre, la Nato così com'è oggi, dovrà essere trasformata per poter combattere la natura diffusa del terrorismo contemporaneo, non un'altra Guerra Fredda. Dovrà raccogliere tutti i nemici dei nostri nemici per affrontare le nuove minacce. E l'Europa, più che mai, dovrà sviluppare un braccio armato in funzione autodifensiva. Infine, cosa ancor più importante, dobbiamo renderci conto che questa battaglia non potrà esser vinta solo dai professionisti, per quanto necessari, ma dalla mobilitazione di un intero popolo in difesa dei nostri valori. E perciò si rende tutt'ora necessario che quei valori vengano insegnati a scuola, così che i nostri cittadini siano disposti a lottare per essi. Nel corso di questa nuova battaglia dovremo ripristinare il servizio militare come mobilitazione permanente della cittadinanza, di modo da poter godere di una diffusa capacità di difesa civica.
Soprattutto, in Francia abbiamo bisogno d'abituarci a un discorso chiaro e coerente che spieghi ciò in cui crediamo e perché. Non dovrebbe toccare sempre al presidente degli Stati Uniti il compito di pronunciare parole in grado d'ispirare la gente, dopo ogni disastro. A cominciare da oggi, forse, ci decideremo finalmente a una riforma complessiva alla luce di questa battaglia, che da qui in avanti determinerà tutto il resto.
Come d'altronde avremmo già dovuto fare tanto tempo fa, adesso dovremo ripensare il budget della nostra difesa, delle forze di polizia e dell'istruzione pubblica, e il modo in cui tutto ciò s'incastra in tempi talmente difficili. Questo "ripensare" dovrebbe andare a influenzare le prossime elezioni regionali, e formare le politiche dei candidati in vista delle prossime elezioni presidenziali. In particolare dovrebbe determinare la nostra politica estera e la nostra politica europea.
Ma dobbiamo sbrigarci. L'incubo del 13 novembre ci ha mostrato il prezzo del tempo già perso.
Traduzione di Stefano Pitrelli

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