Soldi e razzismo.
28 Luglio 2015
“A Venezia, gli stranieri sono bene accolti se hanno molto denaro”, dice un personaggio del Candide di Voltaire. Forse è vero dappertutto, ma qui l’intreccio di soldi e razzismo permea ogni programma e intervento delle istituzioni di governo. Nei giorni scorsi, il ministro della cultura Franceschini (basta bivacchi, vogliamo turisti di qualità), il governatore del Veneto Zaia (nessun profugo nelle località turistiche), e il sindaco di Venezia Brugnaro (non c’è posto per profughi e accattoni) ce ne hanno dato una bella prova.
1. Un ministro “di qualità”.
Alle chiacchiere sul turismo sostenibile - fiaba con la quale i governanti convincono i cittadini a lasciarsi rubare i residui spazi pubblici, affinché privati investitori li facciano fruttare a loro vantaggio- si è aggiunta quest’anno una polemica internazionale. Il pretesto è stato fornito dalla dichiarazione del nuovo sindaco di Barcellona che, presentando alcune misure per limitare gli effetti devastanti del turismo, ha spiegato di “non voler fare la fine di Venezia”. Invece di chiedersi perché ormai Venezia sia il modello negativo a cui in tutto il mondo si guarda per evitarlo, il ministro ha reagito dicendo che a Barcellona “dovrebbero baciarsi i gomiti per poter diventare come Venezia”. Ha anche spiegato che il problema non è il numero di turisti, ma la loro qualità, che per definizione viene valutata in base alla quantità di denaro che spendono. Ed è perché questi turisti di qualità non vengano disturbati da turisti poveri né da abitanti poveri, che si stanno trasformando le nostre città e si erigono recinti attorno ai “luoghi più pregiati”. Facile, ancorché inutile, sarebbe usare lo stesso linguaggio elegante del ministro- che dà una buona idea del livello culturale di chi gestisce l’omonimo dicastero- e dire che volentieri ci baceremmo i gomiti per poter avere un sindaco come quello di Barcellona. Inutile è, anche, spiegare al ministro che il problema non sono i turisti, acquirenti finali di una merce sempre più contraffatta, avariata e venduta a caro prezzo, ma chi tale merce vende, anche se non è sua (del resto anche “il problema” dell’Ilva non è la fabbrica, ma i suoi padroni e i loro amici), perché lo sa già, ed è proprio per proteggerne gli interessi che è stato messo al posto che occupa.
Assolutamente d’accordo con il ministro si è detto il sindaco Brugnaro, che non ha “escluso azioni a tutela del nome e della reputazione di Venezia”. Intanto, mentre valuta se fare causa al sindaco di Barcellona, e speriamo che non ci metta un’addizionale irpef per pagare le spese legali, ha adottato una serie di ordinanze per il decoro e l’immagine della città. “Dobbiamo togliere dalle strade un sacco di gente che gira e bighellona, si ubriaca…” ha spiegato, ma non si riferiva ai turisti, che per l’appunto bighellonano ubriachi, ma ad “accattoni, mendicanti e persone moleste”. Così ha aumentato il numero di vigili urbani armati che si aggirano per le calli a caccia di venditori di strada, ma niente fanno per impedire gli osceni picnic al cimitero, dove anzi appositi cartelli indirizzano i turisti verso gli angoli ritenuti più suggestivi, né per limitare l’ingresso nell’atrio dell’ospedale costantemente invaso da turisti che, forse pensando che sia già stato trasformato in albergo come molti luoghi di cura e ricovero della città, si divertono a fotografare i parenti dei degenti. Ovviamente, ha confermato il divieto, istituito a suo tempo dal sindaco Cacciari, di sosta davanti alle porte delle chiese per chiedere l’elemosina. “Ripuliremo la città”, è il suo slogan, “è ora di dire basta con questa gentaglia che gira per le strade!” .
2. Un governatore “ghandiano”.
Le manifestazioni di razzismo in Veneto, regione operosa e campione di evasione fiscale, non sono una novità. I fatti di Quinto di Treviso ed Eraclea, però, che nei giorni scorsi hanno attirato l’attenzione della stampa anche nazionale, mostrano con inequivocabile chiarezza come i politici consapevolmente usino le preoccupazioni economiche della “gente” per consolidare e giustificare il razzismo istituzionale.
In entrambi i casi non si tratta di guerra fra poveri, da una parte abitanti legali e dall’altra clandestini o occupanti abusivi. A Quinto, i profughi contro i quali si è scatenata la furia degli abitanti, sono arrivati perché lì le autorità li hanno portati, dopo la firma di una convenzione fra una società immobiliare, proprietaria di un certo numero di immobili sfitti, e la cooperativa che gestisce la sistemazione di profughi. Al loro arrivo i pullman sono stati presi a sassate dai civili abitanti di Quinto, ai quali si sono aggregate le squadracce di Forza Nuova. Insieme, hanno poi bruciato materassi e suppellettili (di proprietà pubblica, cioè pagati con le tasse di chi le paga) e impedito ai volontari di portare le ceste con il cibo dei profughi. Nessun provvedimento di polizia è stato eseguito nei loro confronti; al contrario sono stati fermati alcuni giovani di un centro sociale che manifestavano a favore dei profughi. Il governatore Zaia si è recato di persona a Quinto per dar man forte agli insorti. La gente, ha spiegato, è giustamente preoccupata perché l’arrivo dei profughi può far scendere il valore degli immobili.
1. Un ministro “di qualità”.
Alle chiacchiere sul turismo sostenibile - fiaba con la quale i governanti convincono i cittadini a lasciarsi rubare i residui spazi pubblici, affinché privati investitori li facciano fruttare a loro vantaggio- si è aggiunta quest’anno una polemica internazionale. Il pretesto è stato fornito dalla dichiarazione del nuovo sindaco di Barcellona che, presentando alcune misure per limitare gli effetti devastanti del turismo, ha spiegato di “non voler fare la fine di Venezia”. Invece di chiedersi perché ormai Venezia sia il modello negativo a cui in tutto il mondo si guarda per evitarlo, il ministro ha reagito dicendo che a Barcellona “dovrebbero baciarsi i gomiti per poter diventare come Venezia”. Ha anche spiegato che il problema non è il numero di turisti, ma la loro qualità, che per definizione viene valutata in base alla quantità di denaro che spendono. Ed è perché questi turisti di qualità non vengano disturbati da turisti poveri né da abitanti poveri, che si stanno trasformando le nostre città e si erigono recinti attorno ai “luoghi più pregiati”. Facile, ancorché inutile, sarebbe usare lo stesso linguaggio elegante del ministro- che dà una buona idea del livello culturale di chi gestisce l’omonimo dicastero- e dire che volentieri ci baceremmo i gomiti per poter avere un sindaco come quello di Barcellona. Inutile è, anche, spiegare al ministro che il problema non sono i turisti, acquirenti finali di una merce sempre più contraffatta, avariata e venduta a caro prezzo, ma chi tale merce vende, anche se non è sua (del resto anche “il problema” dell’Ilva non è la fabbrica, ma i suoi padroni e i loro amici), perché lo sa già, ed è proprio per proteggerne gli interessi che è stato messo al posto che occupa.
Assolutamente d’accordo con il ministro si è detto il sindaco Brugnaro, che non ha “escluso azioni a tutela del nome e della reputazione di Venezia”. Intanto, mentre valuta se fare causa al sindaco di Barcellona, e speriamo che non ci metta un’addizionale irpef per pagare le spese legali, ha adottato una serie di ordinanze per il decoro e l’immagine della città. “Dobbiamo togliere dalle strade un sacco di gente che gira e bighellona, si ubriaca…” ha spiegato, ma non si riferiva ai turisti, che per l’appunto bighellonano ubriachi, ma ad “accattoni, mendicanti e persone moleste”. Così ha aumentato il numero di vigili urbani armati che si aggirano per le calli a caccia di venditori di strada, ma niente fanno per impedire gli osceni picnic al cimitero, dove anzi appositi cartelli indirizzano i turisti verso gli angoli ritenuti più suggestivi, né per limitare l’ingresso nell’atrio dell’ospedale costantemente invaso da turisti che, forse pensando che sia già stato trasformato in albergo come molti luoghi di cura e ricovero della città, si divertono a fotografare i parenti dei degenti. Ovviamente, ha confermato il divieto, istituito a suo tempo dal sindaco Cacciari, di sosta davanti alle porte delle chiese per chiedere l’elemosina. “Ripuliremo la città”, è il suo slogan, “è ora di dire basta con questa gentaglia che gira per le strade!” .
2. Un governatore “ghandiano”.
Le manifestazioni di razzismo in Veneto, regione operosa e campione di evasione fiscale, non sono una novità. I fatti di Quinto di Treviso ed Eraclea, però, che nei giorni scorsi hanno attirato l’attenzione della stampa anche nazionale, mostrano con inequivocabile chiarezza come i politici consapevolmente usino le preoccupazioni economiche della “gente” per consolidare e giustificare il razzismo istituzionale.
In entrambi i casi non si tratta di guerra fra poveri, da una parte abitanti legali e dall’altra clandestini o occupanti abusivi. A Quinto, i profughi contro i quali si è scatenata la furia degli abitanti, sono arrivati perché lì le autorità li hanno portati, dopo la firma di una convenzione fra una società immobiliare, proprietaria di un certo numero di immobili sfitti, e la cooperativa che gestisce la sistemazione di profughi. Al loro arrivo i pullman sono stati presi a sassate dai civili abitanti di Quinto, ai quali si sono aggregate le squadracce di Forza Nuova. Insieme, hanno poi bruciato materassi e suppellettili (di proprietà pubblica, cioè pagati con le tasse di chi le paga) e impedito ai volontari di portare le ceste con il cibo dei profughi. Nessun provvedimento di polizia è stato eseguito nei loro confronti; al contrario sono stati fermati alcuni giovani di un centro sociale che manifestavano a favore dei profughi. Il governatore Zaia si è recato di persona a Quinto per dar man forte agli insorti. La gente, ha spiegato, è giustamente preoccupata perché l’arrivo dei profughi può far scendere il valore degli immobili.
Le minacce al governo - “lo stato non deve romper le palle a chi protesta” ha detto Zaia - e al prefetto hanno funzionato e i profughi sono stati spostati in una ex caserma. Nessuno ha chiarito se i contribuenti dovranno pagare una penale all’immobiliare con la quale era stata firmata la convenzione, né è stato reso noto se e quanti simili accordi siano stati siglati con altre società, e con quali costi. Intascata la vittoria, il governatore Zaia si è premurato di spiegare alla stampa che “noi non siamo razzisti e siamo contrari alla violenza”, ma qui “si sta africanizzando il Veneto”. Non si possono scaricare “un centinaio di persone che non sanno nulla del Veneto!” e pensare che la gente non reagisca, ha aggiunto, e comunque quella che stiamo facendo è “una guerra ghandiana contro gli incapaci che sono a Roma e ci governano”.
Anche ad Eraclea le motivazioni economiche sono state l’elemento scatenante del rifiuto ad ospitare temporaneamente 54 profughi in un residence. Ed anche qui Zaia è intervenuto di persona e ha attaccato direttamente Renzi che “mi aveva promesso che nessun profugo sarebbe stato mandato in località turistiche, di mare, di montagna, termali, città d’arte”, ma che dopo le elezioni avrebbe ordinato una “rappresaglia contro il Veneto!” . Comunque “se Renzi e Alfano vogliono distruggere l’economia del Veneto con i suoi 70 milioni di presenze” glielo impediremo, ha ribadito per rassicurare gli operatori del settore che gli hanno rivolto “un accorato appello per la salvezza dei territori e della stagione turistica”.
A Renzi ha scritto anche il sindaco Brugnaro, per mettere nero su bianco che noi non siamo razzisti e siamo disposti ad ospitare una conferenza internazionale sul tema, ma il governo deve prendere atto che a Venezia “non c’è posto” per nessun profugo e che “in Italia, l’Africa non ci può stare”. Poi si è recato all’aeroporto, insieme a Zaia e con uno stuolo di dignitari al seguito, ad inchinarsi allo sbarco della signora Obama.
Anche ad Eraclea le motivazioni economiche sono state l’elemento scatenante del rifiuto ad ospitare temporaneamente 54 profughi in un residence. Ed anche qui Zaia è intervenuto di persona e ha attaccato direttamente Renzi che “mi aveva promesso che nessun profugo sarebbe stato mandato in località turistiche, di mare, di montagna, termali, città d’arte”, ma che dopo le elezioni avrebbe ordinato una “rappresaglia contro il Veneto!” . Comunque “se Renzi e Alfano vogliono distruggere l’economia del Veneto con i suoi 70 milioni di presenze” glielo impediremo, ha ribadito per rassicurare gli operatori del settore che gli hanno rivolto “un accorato appello per la salvezza dei territori e della stagione turistica”.
A Renzi ha scritto anche il sindaco Brugnaro, per mettere nero su bianco che noi non siamo razzisti e siamo disposti ad ospitare una conferenza internazionale sul tema, ma il governo deve prendere atto che a Venezia “non c’è posto” per nessun profugo e che “in Italia, l’Africa non ci può stare”. Poi si è recato all’aeroporto, insieme a Zaia e con uno stuolo di dignitari al seguito, ad inchinarsi allo sbarco della signora Obama.
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