Scienziato Preoccupato |
Posted: 31 Jul 2015 07:07 AM PDT
Con la chiusura della discarica di Scarpino, per il divieto di conferire frazioni organiche e indifferenziato tal quale, Genova, da quasi un anno, non ha impianti dove smaltire sia i suoi scarti indifferenziati che la frazione umida che si comincia a differenziare presso i centri commerciali ed in alcuni quartieri cittadini.
Pertanto è stato giocoforza portare fuori regione queste due frazioni, affinché siano compostati o inceneriti. Questa scelta ha aggravato i costi del servizio, ma ha permesso di tenere la città sufficientemente pulita, senza reali emergenze rifiuti che qualcuno, nei propri interessi, certamente auspica. Tuttavia, come a volte succede, questa grave crisi potrebbe diventare un'opportunità in quanto costringerebbe AMIU a trasformarsi: da azienda capace solo di raccogliere i rifiuti da smaltire in discarica, diventare una nuova azienda che deve imparare come raccogliere in modo innovativo (Porta a Porta) i Materiali post consumo selezionati dai genovesi, migliorarne la qualità e immetterli in nuovi cicli produttivi. Dalla Economia Lineare (produci, consuma, smaltisci), AMIU potrebbe diventare la prima azienda italiana della nuova Economia Circolare (produci, usa e ricicli). Ma i vecchi interessi, compresi quelli malavitosi, che hanno fatto grandi affari con lo smaltimento dei rifiuti tal quale in discarica o negli inceneritori, non hanno alcuna voglia di mollare l'osso. Nel corso della Tavola rotonda del 29 luglio, organizzata a Genova dalla associazione Gestione Corretta dei Rifiuti, con la partecipazione, tra gli altri, del presidente AMIU Castagna, dell'assessore Ambiente Porcile e del consigliere Pignone, con delega alla gestione dei materiali post consumo, si è appreso che nel territorio provinciale non si trovano i 40.000 metri quadrati necessari per l'impianto per il trattamento a freddo delle frazioni indifferenziate (con recupero di materia) e per l'impianto di digestione anaerobica per il trattamento della frazione organica, predisposto per la produzione di compost e di biometano da utilizzare come combustibile per l'autotrazione. Questa carenza di spazi, oltre alla orografia ligure, deriva anche dal fatto che, a quanto affermato dal presidente Castagna, la scusa addotta è che le poche aree disponibili a Genova sono già state accaparrate a servizio dei futuri lavori del terzo valico e della "gronda autostradale", grandi opere di dubbia utilità e, a mio avviso, fuori tempo massimo, rispetto ai profondi cambiamenti in atto nelle modalità di trasporto. Se in questo modo, alcuni "poteri forti" si stanno mettendo di traverso per impedire, di fatto, il progetto innovativo di realizzare in Liguria una economia circolare, basata sul riutilizzo degli scarti dei genovesi, ci sono anche sei presidenti dei Municipi genovesi a fare orecchio da mercante rispetto alla pressante richiesta di realizzare nei quartieri di loro competenza le Isole Ecologiche, servizi di estrema utilità per i loro concittadini che, in questo modo, potrebbero conferire i loro scarti ingombranti, quelli pericolosi e le apparecchiature elettriche e elettroniche. Oggi, su nove Municipi, solo tre sono dotati di Isole Ecologiche (lungo Bisagno, val Polcevera, Pontedecimo) e ognuna di loro permette il recupero di 5.000 tonnellate all'anno di scarti, evitandone l'abbandono e lo smaltimento indiffereziato, con pesanti costi a carico della comunità per la bonifica dei siti contaminati e per il pagamento delle ecotasse regionali. Come ha ricordato Castagna, presidente AMIU, se tutte le isole ecologiche fossero operative, 45.000 tonnellate di rifiuti potrebbero essere riciclati ogni anno, circa il 22% dell'intera produzione di Materiali Post Consumo dei genovesi (205.900 tonnellate nel 2014).
Nella Tavola Rotonda è anche emersa la perplessità della CGIL rispetto al nuovo piano di gestione dei Materiali Post Consumo, nonostante il fatto documentato che l'introduzione del Porta a Porta aumenti in modo significativo l'occupazione.
Al sindacato, il passaggio al Porta a Porta (unico modo per raggiungere e superare il 65% di raccolta differenziata) non andrebbe bene, in quanto questo servizio potrebbe essere assegnato a basso costo alle coperative sociali e inoltre potrebbe essere un intollerabile aggravio alla salute dei lavoratori.
Posizione miope, non adegatamente documentata, incapacità di governare l'inevitabile cambiamento?
E invece sicuro che dalla attuali grave crisi Genova può uscire con un vero piano che adotti la strategia Rifiuti Zero, incentrato sul massimo recupero di materia e su raccolta porta a porta su tutta la città'.
Come brevemente descitto da Federico Valerio, ricercatore esperto in chimica ambientale, la scelta di gestire la frazione organica con la digestione anaerobica può assecondare gli obiettivi di un elevato recupero di materia con il minimo impatto ambientale se l'impianto , come è possibile, sarà predisposto a produrre e commercializzare compost di qualità prodotto con il compostaggio del digestato e a privilegiare la raffinazione del biogas (miscela anidride carbonica e metano ) per produrre metano ad elevata purezza, materia di alta qualità, ancorché in fase gassosa, utilizzabile per alimentare l'intera flotta automezzi AMIU e AMT, una volta che questi automezzi pesanti fossero trasformati per essere alimentati a metano.
Grazie a questa rivoluzione Genova potrebbe diventare la prima grande città italiana a Rifiuti Zero, con raccolta porta a porta estesa a tutto il suo territorio, senza inceneritori e senza produzione di combustibili da rifiuto.
Ci sono le premesse perché questo possa realmente avvenire, in quanto questa è la volontà politica del Comune, in sintonia con le scelte del Presidente AMIU, condivise dal nuovo Direttore Generale e con l'appoggio di una buon numero di genovesi. Per non perdere altro tempo e dar così fiato agli amici dell'incenerimento tal quale (sempre in agguato) Genova, nei prossimi due anni, deve essere aiutata a trovare le aree per i suoi impianti e per le Isole Ecologiche, a superare l'emergenza della discarica e a far partire la raccolta porta a porta di tutte le frazioni, separate con cura dai cittadini.
E se nel frattempo si studiasse come passare alla Tariffazione Puntuale per far pagare meno a chi differenzia di più, non sarebbe male.
Resta i problema di chi paga questi interventi.
Ieri il Comune ha votato perchè IREN entri a far parte della partita. E' una scelta molto criticata, in quanto potrebbe aprire la via ad una privatizzazione dei servizi di gestione dei materiali post consumo, a danno dei cittadini che comunque dovranno pagare questa operazione.
C'è comunque da sperare che anche IREN abbia capito che i materiali post consumo sono una vera risorsa economica, solo se riciclati. Se fossi un imprenditore, non investirei un soldo nei termovalorizzatori e nei combustibili da rifiuto. Infatti dubito che si possa continuare ad incentivare con denaro pubblico l'incenerimento di rifiuti o di combustibili solidi ricavati dai rifiuti, sistemi che conti alla mano, inquinano, sprecano energia e materia e contribuiscono pesantemente alla emissione di gas clima alteranti.
E senza incentivi questi impianti sono destinati ad un rapido fallimento.
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