Perché ho votato no all’arresto
Il Senato non è né la prima né l’ultima della aule giudiziarie che si occuperanno della vicenda per il semplice motivo che non è un’aula giudiziaria
Il voto segreto, in Parlamento, su questioni relative alla libertà personale di terzi è una prerogativa del singolo parlamentare, perché gli consente di esprimersi conformemente alle proprie convinzioni (ancorché contrarie alle indicazioni del Gruppo), su un tema di rilevanza talmente primaria da non tollerare adeguamenti alla disciplina di partito. Ed è anche una garanzia per la collettività, perché assicura che su questioni di tale importanza non prevalgano i veti incrociati e le schermaglie del gioco politico: ma siano decise secondo reale convinzione di ciascun parlamentare.
Ma essendo una prerogativa rinunciabile e proprio perché ho votato “secondo coscienza” anche contravvenendo alle decisioni della Giunta, non ho alcuna difficoltà a rendere pubbliche le ragioni del mio voto contrario all’autorizzazione all’arresto del senatore Antonio Azzollini, condivise a maggioranza dall’Aula.
E, infatti, il Senato non è né la prima né l’ultima della aule giudiziarie che si occuperanno della vicenda per il semplice motivo che non è un’aula giudiziaria. A noi non spetta valutare la fondatezza delle accuse rivolte ai parlamentari, che ormai possono essere mosse e perseguite liberamente, senza più sottostare all’autorizzazione delle Camere. A noi tocca, più semplicemente, valutare se nella richiesta di arresto del Sen. Azzollini vi sia delfumus persecutionis. E, dunque, se la misura cautelare che gli si intende applicare sia davvero indispensabile. E l’unico modo per valutarlo è analizzare rigorosamente la sua ragionevolezza, tenendo conto del principio del minimo sacrificio della libertà personale che ispira la nostra Costituzione e da cui deriva il criterio di stretta necessità per l’applicazione delle misure cautelari a chi, appunto, deve presumersi innocente fino a sentenza definitiva. E in base a questo principio, rafforzato (per tutti i cittadini) da una recente riforma, le misure cautelari presuppongono l’attualità di (almeno) uno dei seguenti presupposti: impedire la fuga dell’indagato, l’inquinamento delle prove, la reiterazione del reato. Nonostante le argomentazioni prodotte dalla Procura di Trani, nulla tra le carte trasmesse lascia intendere che il Sen. Azzollini voglia sottrarsi al giudizio, inquinare le prove o commettere nuovamente il reato di cui è accusato. Quindi, manca la stretta necessità di sottoporlo agli arresti domiciliari violandone la libertà personale e le prerogative di parlamentare.
Il Senato, col suo voto, ha voluto dire questo: e l’ha fatto anche grazie alla scelta equilibrata del capogruppo del Pd, Luigi Zanda, che ha richiamato “il libero convincimento” di ciascuno.
Detto questo, spiace dover rilevare per l’ennesima volta come tra coloro che – opportunamente in questo caso – hanno votato a favore delle garanzie di un collega, siano così pochi quelli che si battono a favore delle garanzie dei povericristi, dei migranti e dei profughi e delle persone prive di tutele.
Infine, credo abbiano dato un contributo fondamentale a respingere l’autorizzazione contro Azzollini i due interventi in Aula dei senatori di 5 Stelle, addirittura eccezionali per demagogia reazionaria, che hanno ottenuto il risultato di persuadere molti incerti e convincere tanti dubbiosi a votare in maniera esattamente opposta. Insomma, anche questi ultimi, alla resa dei conti, hanno ritenuto che la limitazione della libertà, la pena e i processi non siano l’unico modo né il migliore per tutelare l’etica pubblica, la sicurezza collettiva e gli interessi generali. E vale per Azzollini come per ogni poveraccio.
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