Trivellazioni in Adriatico: i petrolieri rinunciano a 7 concessioni su 10 in Croazia
Greenpeace: «Non se la sentono più di rischiare per due gocce di greggio»
[29 luglio 2015]
Due compagnie petrolifere, l’austriaca OMV e la statunitense Marathon Oil, hanno rinunciato a 7 delle 10 concessione che erano state assegnate loro e assegnate per ricercare idrocarburi nell’Adriatico croato. Greenpeace sottolinea che «La rinuncia è arrivata a pochi giorni dalla firma del contratto con il governo croato. Le altre tre licenze sono state concesse alla società pubblica croata Ina, all’ungherese Mol e al consorzio tra l’italiana Eni e l’inglese Medoilgas (già attiva in Basilicata)».
Ad annunciare questo clamoroso doppio abbandono è il ministro croato dell’economia, lo stesso che nel 2014 aveva dato il via alla corsa alle trivellazioni nell’Adriatico orientale. «La motivazione ufficiale – spiegano a Greenpeace – è che non è stata ancora risolta la disputa sui confini marittimi tra Croazia e Montenegro». Ma gli ambientalisti sono convinti che le ragioni siano altre: secondo Alessandro Giannì, direttore delle campagne di Greenpeace Italia, «Con il prezzo del petrolio in discesa e una rivolta contro le trivelle che ormai comprende non solo Croazia e Italia ma anche comunità e cittadini dei Paesi vicini (Austria, Slovenia, Ungheria e Slovacchia), evidentemente i petrolieri non se la sentono più di rischiare per due gocce di greggio. È bene che se ne renda conto anche il governo italiano, promuovendo una moratoria immediata delle trivellazioni nei nostri mari».
Ieri Greenpeace e altre associazioni hanno inviato una nota ai presidenti delle Regioni, indirizzata in particolare ai governatori di Abbruzzo, Basilicata, Calabria, Marche, Molise e Puglia che oggi pomeriggio si incontreranno con il sottosegretario Simona Vicari al ministero dello sviluppo economico per chiedere di sostenere una moratoria alle trivellazioni. Per sostenere l’impegno anti-trivelle delle Regioni, oggi pomeriggio, dalle 15.00 alle 17.00, Greenpeace e le altre associazioni ambientaliste parteciperanno a un presidio davanti al ministero dello Sviluppo Economico.
Greenpeace dice che «La moratoria si giustifica soprattutto per tre ragioni. La prima è che le Regioni oggi non hanno praticamente voce in capitolo sulle autorizzazioni delle ricerche petrolifere offshore, mentre secondo giurisprudenza su questi temi si impone una forte intesa bilaterale tra lo Stato e la Regione interessata. In secondo luogo, in Italia, a differenza della Croazia, non è mai stata fatta una Valutazione Ambientale Strategia (VAS) sulle ricerche offshore di idrocarburi, che dovrebbe definire anche in quali aree sensibili queste ricerche non possono essere eseguite. Per esempio, una VAS ben fatta dovrebbe impedire che si richiedano autorizzazioni per attività con airgun (sistemi di analisi geofisica che producono esplosioni devastanti) in aree note per la riproduzione di specie ittiche di importanza commerciale. In terzo luogo, la proposta di recepimento della Direttiva offshore dell’Unione Europea (dir. 30/2013) avanzata dal governo italiano è irricevibile. Anzitutto perché intende affidare a organismi ministeriali quella che, secondo la stessa direttiva, deve essere invece una “agenzia di controllo indipendente” sulle attività petrolifere. Inoltre, continua a tollerare che in Italia la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) per le trivelle consideri solo rischi secondari (come lo sversamento in mare di qualche metro cubo di idrocarburi) senza affrontare l’analisi dei rischi per gli incidenti rilevanti, come l’esplosione nel 2010 della Deepwater Horizon in Louisiana (l’evento che aveva spinto alla scrittura della direttiva)».
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