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MILANO - Come si distrugge la reputazione del più importante istituto di tecnologia del paese. Parafrasando il titolo di un film francese anni '70, meglio si capisce lo scontro che sta avvenendo all'interno del Governo e che sta mettendo in forse il futuro dell'ente pubblico di maggior successo degli ultimi anni. Un pasticcio contro cui si è già schierato il ministro dell'Istruzione e che - nonostante le precise richieste degli interessati - non ha ancora trovato un responsabile.

Tutto ruota attorno al cosiddetto decreto legge "Fiscal compact". Nell'ennesimo intervento "urgente" del Governo Renzi è contenuta anche una norma (articolo 5, comma 3) in cui si trasforma l'Istituto italiano di tecnologia di Genova in una sorta di "agenzia" che avrebbe come compito quello di "istituire un sistema di commercializzazione dei brevetti". Ma non solo i suoi, anche quello degli altri enti di ricerca pubblica e delle università.

A quanto è stato possibile ricostruire, nessuno dei diretti interessati è stato informato. Non le Università e gli enti di ricerca che hanno subito protestato con il ministro Giannini che si vedono sottratrre parte delle proprie prerogative. E tantomeno l'IIT di Genova: il quale aveva formulato a Palazzo Chigi ben altra richiesta. Quando venne fondato, nel 2003, come fondazione di diritto privato, l'allora governo Berlusconi di dimenticò di concedere all'istituto ligure la possibilità di partecipare con una quota alle start up che venivano create all'interno dei loro laboratori di ricerca "con l'obiettivo di creare nuova impresa e nuova occupazione". 

Si capisce, allora la sorpresa del direttore scientifico dell'IIT, Roberto Cingolani che minaccia le dimissioni nel caso in cui il testo (da ieri pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale) non dovesse essere modificato: "L'agenzia prevista dalla norma non esiste in nessun ordinamento al mondo che io sappia e comunque non è la nostra mission. Sono un ricercatore come lo sono tutti coloro che lavorano per l'istituto. Se la norma dovesse passare ce ne andremo a cas, non siamo le persone adatte". 

Tanto per dare una idea: l'IIT gestisce circa 300 brevetti (con 16 progetti internazionali e altri 44 in fase di industrializzazione) che potrebbero essere di più se avesse la possibilità di entrare come socio nelle start up nella prima fase di vita delle stesse. Mentre in Italia i brevetti di ricerca sono quasi diecimila all'anno.

Proteste in quantità sono arrivate anche dal mondo universitario. Così come si è fatta sentire in via ufficiale anche il ministro Giannini contro la "manina" che ha infilato la norma all'insaputa di tutti. La norma sui brevetti "è incompatibile
con l'autonomia sia delle Università che degli Enti pubblici di ricerca", sostiene il ministro in una nota. "Sono rimasta stupita e sorpresa di questo blitz - prosegue - perchè di questo si tratta. Si è cercato di approfittare di questo veicolo normativo senza coinvolgere né i ministri competenti né la Presidenza del Consiglio".

Da Palazzo Chigi avrebbero fatto sapere che ci saranno modifiche, anche se nessuna indicazione è arrivata sul possibile responsabile. Un dirigente di palazzo Chigi troppo zelante che non ha capito le richieste dell'IIT o un tentativo di metterlo in cattiva luce?