Discriminazioni sociali per entrare
nella pubblica amministrazione
nella pubblica amministrazione
Nel corso della discussione sulla riforma della pubblica amministrazione è stato approvato un emendamento che riguarda i concorsi pubblici: oltre al voto di laurea conterà anche l’università nella quale si è conseguito il titolo. L’emendamento al disegno di legge in discussione in commissione alla Camera parla infatti di “superamento del mero voto minimo di laurea quale requisito per l’accesso” e “possibilità di valutarlo in rapporto ai fattori inerenti all’istituzione che lo ha assegnato”.
Questo emendamento “smaschera l’evidente tentativo di privilegiare pochi atenei a scapito di tutti gli altri”. Ad affermarlo il segretario generale della FLC CGIL Domenico Pantaleo che aggiunge: “il Governo Renzi dopo avere devastato la scuola pubblica adesso passa all’università. Con la stessa logica vuole imporre competizione e classificazione degli atenei e abolire il valore legale delle lauree. In questo modo aumenteranno le disuguaglianze e i privilegi anche nei concorsi pubblici. Non vale più il voto di laurea, ma l’università di provenienza. Dove starebbe il merito in tutto questo?”.
Per Pantaleo “siamo di fronte a evidenti interessi che vogliono trasformare alcune università in luoghi privilegiati anche nell’accesso alle pubbliche amministrazioni a scapito di tutte le altre. In questa maniera diminuiranno ulteriormente le iscrizioni, soprattutto nel sud anche per l’assenza di una seria legge sul diritto allo studio”.
La “scelta classista” che in Governo si appresta a fare, secondo Pantaleo, avrà pesanti conseguenze sugli studenti e le famiglie che con grandi sacrifici mandano i propri figli alle università.
Cordialmente
FLC CGIL nazionale
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