mercoledì 29 luglio 2015

referendum sulla scuola veramente utile?

Referendum sulla scuola: opportunità o boomerang?

by JLC
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Foto tratta dal gruppo Fb Noi siamo la scuola
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di Matteo Saudino*
Il movimento degli insegnanti, degli studenti e dei genitori contro la costruzione della cattiva scuola aziendale e liberista è stato certamente il movimento sociale che più ha saputo, in questi mesi, opporsi concretamente, seppur con molti limiti, alle politiche di smantellamento dello stato sociale e di austerità portate avanti in modo autoritario dal governo Renzi e dalla maggioranza che lo sostiene, riuscendo a metterli in reale difficoltà di fronte al Paese. Proprio per questo motivo, la lotta della scuola statale è stata oscurata e deformata dalla quasi totalità dei mezzi di informazione, ridotti ormai a patetici megafoni del piccolo duce fiorentino. E sempre per la stessa ragione, Renzi ha deciso di blidare la controriforma con un estivo voto di fiducia, che ha svilito e umiliato ancora una volta il Parlamento, in un processo ormai ventennale di svuotamento del potere legislativo a discapito dell'esecutivo in ossequio ai mercati, sicuro del complice silenzio del Presidente-fantoccio Mattarella.
Di fronte a tale sconfitta politico-istituzionale, gran parte del movimento di resistenza della scuola pubblica ha accolto con favore ed entusiasmo il ricorso al referendum abrogativo. Personalmente penso che il referendum popolare possa essere un buon strumento per abolire una pessima legge, che impoverisce la scuola e la trasforma, sotto il velo ingannevole della impellente necessità di valutare gli insegnanti, in un'azienda territoriale capeggiata da un dirigente-podestà, che può scegliere, con i suoi fidati accoliti, il piano dell'offerta formativa dell'istituto e selezionare a suo piacimento i docenti.
Ma... ci sono alcune criticità su cui dobbiamo onestamente ragionare per evitare che la scelta referendaria si trasformi da un'opportunità per la democrazia italiana ad un boomerang contro la scuola statale e costituzionale. Per provare a vincere tale battaglia bisogna, infatti, evitare di commettere alcuni errori che risulterebbero letali. Ecco in sintesi alcuni spunti di riflessione.
1) Il referendum non deve essere promosso, e di conseguenza percepito, come una pur legittima battaglia di una categoria di lavoratori che insorge, in quanto sottoposta ad un arbitrario e clientelare sistema di valutazione e al peggioramento reale delle condizioni di lavoro (aumento orario di lavoro, mobilità, salari bassi, classi pollaio). Il referendum sulla scala mobile di metà anni Ottanta ci ha purtroppo insegnato che quando i cittadini devono esprimersi e votare sulle condizioni di lavoro di specifiche categorie di lavoratori non prevalgono sentimenti di solidarietà e fratellanza, bensì hanno la meglio l'egoismo, la rivalsa sui più deboli e il punto di vista padronale e governativo, che i media presentano come interesse generale del Paese. In un mondo di flessibilità, di contratti precari, di mobilità forzata e di salari bassi, la maggioranza del popolo vedrebbe gli insegnanti come una casta a cui togliere con piacere dei privilegi. Se dovesse prevalere questa linea, la sconfitta sarebbe certa.
2) Il referendum deve essere il referendum del mondo della scuola e della società civile democratica e non di specifici partiti o forze politiche. E questo non tanto perchè il movimento della scuola pretende di essere autosufficiente, bensi perchè è fondamentale preservarne l'autonomia che è stata sino ad ora il suo punto di forza. Detto ciò per vincere il referendum è fondamentale instaurare un proficuo e dialettico rapporto con quelle forze politiche che da mesi lottano contro la pessima scuola renziana, movimento 5 stelle e sinistra alternativa in primis. Se dovesse però prevalere l'appiattimento politico su Civati, Vendola e Grillo, la sconfitta sarebbe certa.
3) Il referendum si può vincere solo e solo se diventa un battaglia per la difesa, il rinnovamento e l'irrobustimento della scuola statale italiana, intesa come bene comune inalienabile, cuore pulsante della democrazia. Il referendum deve mettere al centro un'idea forte e condivisa di scuola come comunità educante, luogo orizzontale di crescita ed emancipazione e non luogo verticale di competizione e di diseducazione alla legge del più forte. Il referendum deve diventare un momento in cui in Italia si apre un grande e vero dibattito pubblico sulla scuola statale, un momento di crescita che coinvolga realmente i cittadini, altrimenti esso diventerà l'ennesimo sterile teatrino, in cui le solite tristi comparse trasformerebbero un tema centrale per il progresso civile dell'Italia in una discussione da bar sport, in cui il tutto equivale al niente e il niente equivale al tutto. Anche in questo caso, se dovesse prevalere questa via, la scofitta sarebbe certa.
L'avversario che abbiamo di fronte è forte e subdolo; esso ha molte armi a disposizione e gioca in modo scorretto, deformando la realtà e screditando costantemente gli oppositori; esso però non è imbattibile. La politica del malaffare di Renzi, unita alle dogmatiche politiche economiche liberiste europee, dà a noi cittadini e ai lavoratori l'opportunità di dare vita ad una grande stagione di mobilitazione contro l'austerità e per la difesa dei beni comuni. Se dentro questa battaglia collettiva, saremo in grado di inserire anche il referendum per una buona scuola statale, allora la vittoria non sarà una utopia, ma una radiosa realtà. Se dovessimo, invece, pensare di sconfiggere Renzi da soli, come categoria di insegnanti, saremo destinati a una cocente e dolorosa sconfitta, da cui sarà difficile risollevarsi per anni.
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* docente di storia e filosofia a Torino
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