lunedì 10 agosto 2015

riforma del Senato ragioniamone

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Il Senato dei territori

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SENATO
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Il Senato deve essere riformato e il Paese ha bisogno del monocameralismo per avere un governo democraticamente eletto dai cittadini più efficiente, rapido e incisivo. Non condivido le preoccupazioni circa i rischi per la democrazia che sarebbero prodotti dalla riforma del Senato. Nel mondo globalizzato i problemi della democrazia si pongono prima di tutto in una dimensione continentale. In Europa le scelte non possono essere determinate dalla troika o dalle riunioni dei consigli dei primi ministri. Occorrono gli Stati Uniti d'Europa con un governo eletto democraticamente dai cittadini che sia sufficientemente forte da regolare l'economia e le questioni sociali.
Riformare il Senato nel senso di trasformarlo in un'assemblea di controllo e rappresentanza delle istituzioni territoriali è, come ha sottolineato il Presidente emerito Giorgio Napolitano, la strada corretta e compatibile con le istanze di democrazia e partecipazione. D'altra parte di monocameralismo, a sinistra, già si parlava negli anni '80 e un grande Presidente della Toscana come Gianfranco Bartolini affermava la necessità di un Senato delle regioni e delle autonomie locali per "portare i territori dentro il cuore dello Stato". Ritornare, come vorrebbero alcuni esponenti del pd, all'elezione diretta dei senatori, in alternativa ai consiglieri regionali, annullerebbe quindi il significato essenziale della riforma della quale si discute senza risultati apprezzabili ormai da decenni.
Per questo condivido la soluzione avanzata sul Corriere della Sera dal Ministro Maurizio Martina e dal Sottosegretario Luciano Pizzetti che riafferma l'importanza di far coincidere la figura del senatore con quella del consigliere regionale. Consentendo, con l'indicazione dei nomi nel listino regionale, una forma di partecipazione dei cittadini all'elezione del nuovo Senato. Condivido anche le indicazioni che Martina e Pizzetti formulano rispetto ad altri correttivi che possono essere introdotti nel processo di riforma senza bloccarlo, stravolgerlo ma per migliorarne i contenuti: il ruolo dei presidenti delle regioni, la definizione del procedimento legislativo, i sistemi elettorali regionali in particolare.
Sono d'accordo con l'affermazione che andrebbe effettuata una riflessione ulteriore sul Titolo V per metterlo meglio a punto. Poiché come dicono i 2 esponenti del mio partito la stagione del regionalismo non è morta e, anzi, occorre darle maggior impulso e rinnovata legittimazione. Martina e Pizzetti pongono su un terreno giusto la discussione sulle riforme istituzionali che si collocano in un passaggio cruciale della vita politica del Paese e che devono vedere tutto il Partito Democratico protagonista di un processo riformatore.

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