Votate contro, è il momento della coerenza
Pubblicato: Aggiornato:
Siamo a un passaggio decisivo della legislatura. La Commissione Lavoro del Senato ha approvato il disegno di legge delega sul lavoro e martedì 23 inizierà la discussione in Aula. Il testo, come è noto, contiene l'emendamento del governo che introduce quello che viene chiamato il "contratto a tutele crescenti" e che nella sostanza prevede ilsuperamento dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
Il relatore del provvedimento, Maurizio Sacconi, lo ha detto senza alcuna ambiguità: nella delega c'è la "revisione di tutte le tutele del contratto a tempo indeterminato". Tra queste, in caso di licenziamento senza giusta causa, non sarebbe più previsto il reintegro, ma solo un "indennizzo proporzionato all'anzianità".
Non si tratta di attardarsi in ossessioni, come ci viene costantemente rimproverato. E non si tratta neppure di ignorare - se lo facessimo commetteremmo un grave errore - che il mondo è cambiato, e con esso il mondo del lavoro al punto che né il contratto a tempo indeterminato né le aziende sopra i 15 dipendenti sono più la norma. Non è questo il punto.
Il punto è che sull'articolo 18 e sulle leggi di riforma del mercato del lavoro, ancora una volta, si svela la vera natura dei governi, la loro vera direzione di marcia. Per questo siamo a un passaggio decisivo, quasi a un punto di non ritorno.
Leggo in queste ore molte dichiarazioni di esponenti delle varie sinistre del Partito democratico che si dicono contrari a questo provvedimento. Bersani ha meritoriamente ricordato che in tutta Europa la reintegra esiste. Orfini chiede "correzioni importanti". Gianni Cuperlo ha utilizzato parole ancora più chiare e impegnative: "dalla crisi non si esce riducendo i diritti e la dignità di chi lavora". Giusto. "Le tre parole chiave per aggredire la recessione italiana sono investimenti, redistribuzione, diritti [perché] le cause profonde della 'crisi peggiore del secolo' sono legate a una distribuzione squilibrata del reddito". Verissimo. "Dietro l'articolo 18 c'è un principio e tolto quel principio si apre la via a un mercato del lavoro diverso, qualitativamente diverso, dove sarà certificato che a prevalere è stato un pensiero disposto a sacrificare una parte della parola 'dignità' nel nome di un'efficienza fasulla e priva di qualunque riscontro". Affermazioni molto nette, che avremmo voluto sentire anche in occasione dell'approvazione della riforma Fornero, che quell'articolo 18 aveva già gravemente manomesso.
Ma non è questa la questione principale, anche perché la politica non si fa con la testa perennemente rivolta al passato. La questione principale è che questo è il momento della coerenza e che in tanti, alle parole che definiscono le cose, sono ancora affezionati. L'incoerenza (il dire una cosa e fare immediatamente dopo l'esatto opposto) è la malattia inguaribile della sinistra, che ha tolto a tutti noi credibilità e consensi in questi anni. Che ha motivato la disillusione, il disimpegno, l'astensione. Che ha spinto il Movimento Cinque Stelle alle percentuali a doppia cifra. Che ha alimentato l'antipolitica e la sfiducia, il qualunquismo e il rancore sociale (ben diverso dal conflitto).
Questo è il momento della coerenza, nel quale tutti quelli che dentro il Partito democratico insistono nel sostenere che la parola Sinistra abbia un senso, e vogliono dimostrarlo, possono votare contro nella aule parlamentari. E, a tutti i livelli, possono iniziare a praticare e organizzare un'alternativa al pensiero unico di Renzi, perché un conto è il riformismo e un conto è la corresponsabilità nei confronti di contro-riforme sempre più sciagurate. Negli esiti a cui conducono (la crisi non si ferma; il Paese è in recessione; la disoccupazione è fuori controllo) e nei risvolti simbolici che mettono in campo.
Votare contro è il primo passo per trarne le conseguenze logiche. Noi da qui non siamo nessuno. Dal basso delle macerie di quella che un tempo è stata la sinistra radicale, frammentata in mille rivoli, abbiamo ben poche lezioni da dare e, ancora meno, siamo nelle condizioni di imporre con i rapporti di forza cambiamenti e rotture. E tuttavia vogliamo indicare una strada, consapevoli che dietro l'articolo 18 c'è l'intero Jobs Act e, di nuovo, la perversione per la quale la precarizzazione del lavoro è, insieme all'austerità, l'unica risposta possibile. La strada che indichiamo è la strada che si aspettano i lavoratori del nuovo "contratto a tutele mai", le donne e gli uomini costretti a penose gimcane dentro la selva delle 52 figure contrattuali precarie, dentro il decreto Poletti e i suoi tempi determinati prorogati a 36 mesi.
Votate contro, cari compagni, e seguite fino in fondo il senso impegnativo delle parole che avete pronunciato. Lo sapete come noi: in Italia manca la Sinistra ed è ora di ricostruirla, fuori e contro il governo Renzi.
Nessun commento:
Posta un commento