venerdì 19 settembre 2014

una nuova scienza:l'agroecologia


La Fao ha organizzato il 18 e 19 settembre il primo, storico, simposio internazionale sull'agroecologia. Un evento che segna un primo ed un dopo per il sistema delle Istituzioni internazionali che lavorano su agricoltura e alimentazione. L'agroecologia esce definitivamente dal cono d'ombra ed abbiamo un primo comune intendimento sul concetto di agroecologia che ancora oggi viene interpretato in maniera molto differente, troppo spesso, in senso riduzionista come semplice tecnica agronomica per rendere più sostenibile l'agricoltura industriale. 
L'agroecologia è sapere contadino, dei popoli indigeni, dei pastori , dei pescatori che sono al centro di qualsiasi modello agroecologico che infatti riduce al minimo l'apporto di input esterni al sistema, valorizza le risorse genetiche ed animali locali ed, in generale, il rapporto uomo/natura circostante, da cui apprende, per migliorare la propria produzione. L'agroecologia punta alla sovranità anche energetica oltre che alimentare per riprendere un ruolo fondamentale dell'agricoltura che è quello di energia al sistema:al contrario del modello agroindustriale che ha reso l'agricoltura totalmente dipendente dal petrolio. L'agroecologia rafforza le comunità locali perché è azione di trasformazione sociale ed in questo senso l'agroecologia non è mai un processo individuale ma che coinvolge tutto il territorio, e quindi le loro organizzazioni che li mettono in rete.
Straordinario è stato assistere ad un gran numero di contadini proveniente dai cinque continenti che hanno presentato le loro esperienze agroecologiche, l'accademia, che sicuramente ha avuto un ruolo fondamentale per sistematizzare quanto fatto dai movimenti sociali come La Via campesina, ha lasciato la scena a loro.
Il modello agroindustriale è stato messo a nudo, come minoritario; infatti la stragrande maggioranza del cibo prodotto nel mondo è fatto dai piccoli contadini che seguono un modello di produzione ed organizzativo molto più vicino all'agroecologia piuttosto che all'agricoltura industriale. E' stato ridimensionato il peso di questo modello nel nostro immaginario: il modello agroindustriale europeo contribuisce solo per il 12% della produzione mondiale di cereali, è falso dire che un infinito aumento della produzione agroindustriale, insostenibile, possa, in qualsiasi modo, sfamare meglio il mondo. 
La grande domanda è ora se questo simposio rappresenterà il momento per cambiare le priorità dellaFAO e delle altre agenzie internazionali che si occupano di agricoltura ed alimentazione e mettere l'agroecologia al centro delle proprie politiche.
La sfida per il movimento biologico italiano è mantenersi nel più ampio movimento agroecologico mondiale, mantenendo il suo carattere innovativo, la propria caratteristica di trasformazione sociale e di alternativa al modello agroindustriale, altrimenti diventeremo , per la felicità di molti, un'altra etichetta del modello agroindustriale europeo che si espande o riduce a secondo dei sussidi agro-ambientali della PAC.
A cura di Andrea Ferrante

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