Cave Fazzari e discarica Lavagnin, le rivelazioni di Granero in Commissione parlamentare
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Savona. Non solo parole di fuoco per la vicenda di Tirreno Power. Il procuratore capo di Savona Fracantonio Granero, nella sua audizione in Commissione parlamentare, ha parlato anche delle cave Fazzari, finite nel mirino della Casa della Legalit, e sulla discarica della Lavagnin per la quale il comune di Pontinvrea ha pendente una richiesta di risarcimento per danni ambientali.
Queste le dichiarazioni rese in audizione sulle cave Fazzari. “Cava Fazzari è un nome che ai parlamentari di per sé non dice niente, ma, se vi dico che la cava Fazzari è gestita di fatto dalla moglie di Gullace, allora probabilmente ne avrete sentito parlare. Gullace in questo momento è uno dei grandi, di quelli che ancora sono rimasti praticamente intoccabili. Di sicuro è l’unico nel circondario di Savona, ma probabilmente anche nel Ponente ligure. È un tipico elemento della ‘ndrangheta e gestisce questa cava da molti anni. La cava è stata gestita in maniera assolutamente irregolare”.
“C’erano stati degli accertamenti che risalgono a molti anni fa circa il seppellimento di rifiuti tossici. Semplicemente dagli atti che io ho trovato quando sono venuto sembrerebbe che questo problema dei rifiuti tossici sia stato risolto. Ricordo che i primissimi tempi in cui io ero qui, proprio misurabili in giorni, era arrivata una richiesta ministeriale, mi pare proprio dal Ministero dalla giustizia, che chiedeva notizie su questa cava e che c’era un procedimento che era stato definito. Ero andato a guardarmelo, ma dagli atti del procedimento era difficile capire. Inoltre, non era il mio ruolo quello di far emergere eventuali mancanze. In ogni caso, emergeva che questo problema dei rifiuti sarebbe stato risolto. Io avevo risposto allora in questo senso, ma il problema è tuttora in piedi, perché vi sono due cave adiacenti. Ci sono due famiglie, che sono parenti fra loro – si chiamano entrambe Fazzari – che si fanno la lotta l’una con l’altra Ancora recentemente il soggetto che si considera la vittima dei due era venuto a fare delle dichiarazioni, ma erano dichiarazioni che riguardavano fatti tipicamente mafiosi. In realtà, sono di ‘ndrangheta, ma dire «mafiosi» è più semplice. Io avevo dovuto trasmetterli a Genova e a Reggio Calabria. In gran parte erano anche fatti relativamente datati nel tempo, ma non ancora prescritti, perché si parlava anche di omicidi. In effetti, molte delle cose che interessano a questa Commissione alla fine finiscono per sfuggire al procuratore ordinario, perché vanno poi tutti alla DDA”.
“Io mi sono permesso di dire che a me dispiace. Avverto questa come una sorta di diminutio e anche di gabbia che stringe, perché in pratica demotiva anche dal fare talune indagini, poiché nel momento buono queste vanno da un’altra parte. Dovendo stare per forza nella sintesi, perché le singole indagini non le faccio io, io non so fino a che punto c’entri, se sia in tema oppure no, ma anche ricordare il discorso del treno di Andora forse ha un senso. In quel caso c’è stato un miracolo e il treno è rimasto sui binari senza precipitare in mare. Uno scoglio alto ha deviato un po’ la locomotiva. Anche per quel fatto noi abbiamo alcuni indagati, che sono i progettisti di quella sorta di terrazzo-parcheggio che tutti hanno visto in televisione e sui giornali. Quello è la causa immediata, ma tutto intorno c’è uno scempio indescrivibile di quello che è successo, magari integrava (oppure no) ipotesi di reato che sono in ogni caso prescritte, ma che dal punto di vista dalla gestione del territorio e dell’ambiente, invece, sono importanti. Vorrei aggiungere ancora una cosa e poi lei mi farà tutte le domande che crede. Sono costretto a fare una sintesi. Vorrei ricordare che la società che gestisce una delle discariche di Savona è una società lussemburghese, partecipata dal comune di Vado Ligure e dal comune di Savona”.
“Indipendentemente da quella che può essere la rilevanza penale rispetto alla gestione della discarica, sulla quale è in corso un procedimento che è proprio agli inizi e sul quale non so dirvi niente, noi abbiamo un procedimento un po’ più avanzato, che deriva da un’indagine della Guardia di finanza, per il problema dell’esterovestizione. Vedremo poi se questa esterovestizione sia o non sia un reato, ma è comunque una situazione che, dal punto di vista della cultura giuridica, stride un po’. Mi pareva che fosse giusto segnalarla”.
Alla domanda del presidente Bratti se la discarica è ancora attiva, il procuratore aveva risposto: ” Sì. In questo momento devo stare attento. Io tendo a parlare in generale senza mai fare nomi perché non vorrei confondermi. Una si chiama Bossarino e un’altra Boscaccio. Una di queste due fa parte della società e l’altra no. Una di queste cave, di queste discariche adesso sta ricevendo una parte dei rifiuti di Genova e di Scarpino. Quelli di Sestri Levante arrivano a loro volta lì, ma abbiamo intercettazioni da cui si capisce che c’è qualche cosa di irregolare. Non so se sia un’irregolarità penale o amministrativa, non abbiamo ancora avuto tempo di vederlo, ma c’è. Una di queste discariche è gestita da questa società lussemburghese”.
Uno dei membri della commissione ha chiesto se il problema d’interramento dei rifiuti era stato risolto. Granero aveva risposto così: “Vuol dire che dagli atti di un procedimento già definito quando io ho assunto le funzioni a Savona, cioè nel dicembre del 2008, sembrava che fosse stata fatta una bonifica…Le autorità comunali e l’ARPAL dicevano che era stata fatta”.
Sempre uno dei membri della Commissione aveva poi spostato il colloquio sull’ex cava di Lavagnin. “Pare che anche lì siano stati conferiti e mescolati fanghi di cartiera. Vorrei sapere se corrisponde alla realtà. C’è un procedimento?” La Lavagnin è quella di Pontinvrea, mi pare. Anche lì c’erano dei problemi grossi. So che una parte era stata poi archiviata. C’era un collega, che adesso è andato via, che si chiama Ceccarelli, che era lo specialista assoluto in queste cose. A Lavagnin si mischiavano in parti prestabilite terra e roccia da scavo, mentre sembrerebbe che non sia così. Anche in quel caso, però, o si fanno dei carotaggi profondi, ma molto costosi, oppure ci si rimette semplicemente a un po’ di testimonianze e non si conclude granché. In realtà, io di questa parte professionalmente non sono molto soddisfatto, perché richiederebbe veramente un approfondimento di indagini che non siamo in grado di fare. Sto leggendo adesso, perché mi sfuggiva la questione a memoria. Ho trovato il punto. All’indagato principale abbiamo contestato un reato oblazionabile e lui ha fatto oblazione. Le armi del pubblico ministero sono quelle. Di sicuro questa cava avrebbe meritato un’attenzione maggiore”.
“Non voglio introdurre argomenti che siano veramente estranei al tema, ma sono pur sempre davanti a dei parlamentari della Repubblica: la situazione della procura di Savona rispetto alle altre del distretto è abnorme. Il carico di lavoro di ciascuno degli otto magistrati – dalla settimana scorsa siamo otto, ma prima siamo stati sempre in sette – di Savona, fatto uguale a 100 quello di Genova, è 56, mentre quello di Imperia, nonostante i grossi problemi che ci sono, è 14. Ogni magistrato del pubblico ministero di Imperia ha il 14 per cento del lavoro che ha il magistrato di Savona. Ditemi voi se questa è una situazione che può stare in piedi. Credetemi, abbiamo veramente fatto miracoli. Io sono stato soggetto a pressioni di tutti i tipi, come ricatti e pedinamenti. Se si vanno a toccare determinati interessi, succede questo. Per alcuni versi io mi sono costruito un’idea che avevo sviluppato e avevo appreso quando ho fatto per un certo periodo l’ispettore ministeriale in Calabria e mi interessavo delle deviazioni della magistratura rispetto alla situazione calabrese”.
“Mi avevano spiegato che la zona di Scalea, per esempio, era una sorta di santuario, il cuscinetto tra la parte ‘ndrangheta a Sud e la parte camorra a Nord, nel napoletano. Qualche volta mi sono chiesto se anche il circondario di Savona non debba essere considerato una sorta di zona tra i problemi genovesi e quelli dell’imperiese, perché lì sembrava che tutto andasse bene. Io ero stato in Liguria, essendo nato lì, soltanto per un periodo di dieci anni – dieci anni sono tanti, ma rispetto alla lunghezza della mia attività professionale sono pochi – negli anni Ottanta, quando ho fatto il processo Teardo. Sono tornato esattamente dopo trent’anni e ho trovato la stessa situazione che avevo trovato allora, ossia una struttura di poteri trasversali, priva di qualunque colore partitico, composta da poche persone, che domina tutta l’attività economica e finanziaria del territorio. Non è un bel quadro quello che vi ho fatto, lo so, ma, o diciamo delle cose vere, o è inutile parlare”. Ed ecco l’intervento del presidente Bratti: “Un po’ di segnali ci sono. È assolutamente utile”.
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