Ogni due ore, ogni centoventi minuti. Non bastano certo i numeri a raccontare il dolore che accompagna l'incredibile frequenza con la quale in Messico le persone vengono fatte scomparire. I soli numeri però lasciano senza parole. Anche perché oltre ai desaparecidos c'è l'infinità di vittime accertate degli omicidi e ci sono milioni di migranti ed esuli: un terzo dei Messicani è costretto ad andar via per molte e diverse ragioni tra le quali spesso c'è la minaccia di essere uccisi. Il massacro degli studenti di Ayotzinapa è parte di questa enorme tragedia. Solo che in questo caso la grande determinazione, la tenacia e la fantasia dei familiari e di chi ha scelto di sostenere la loro ricerca della verità e della giustizia ha svegliato milioni di persone dentro e fuori il Messico. Molti non sanno cosa fare, altri affidano ancora alle istituzioni, che sono parte del problema, le speranze di cambiare ma si estende la lotta per cambiare davvero e in profondità non solo i governi ma l'insopportabile stato di cose. La lotta per affermare la dignità delle persone è un fiume che ha varcato con impeto gli argini. Non sarà facile riportarla alle ragioni di sempre, quelle di chi finge di voler cambiare tutto per non cambiare niente. Si nutre così, ogni giorno, la speranza di dare piena realtà alla nostra emancipazione
di Gustavo Esteva
La sparizione di una persona amata è uno dei mali peggiori che si possano soffrire. Non solo per l’incertezza che provoca, ma perché ci si ritrova ogni giorno a chiedersi se non le stia succedendo quello che è accaduto a molti di quelli che sono ricomparsi, i cui cadaveri mostrano i segni di una tortura selvaggia e atroce, inflitta prima che venissero assassinati. Come evitare la disperazione? Come affrontare serenamente il mistero del male, questo male opprimente che ci toglie il fiato?
Negli ultimi due anni, in Messico, scompare una persona ogni due ore. Ogni due ore. Oggi ci sono decine di migliaia di famiglie che vivono questo dramma. Ci sono poi molti altri le cui persone amate sono state barbaramente uccise, e ci sono milioni di esuli. Un terzo della popolazione si è vista costretta a vivere fuori dal paese.
I familiari degli studenti di Ayotzinapa ci hanno permesso di vivere insieme a loro questo dramma che turba profondamente, sperimentando al loro fianco una forma di risposta che non sprofondi nella disperazione. Hanno svegliato milioni di persone, dentro e fuori il paese. Con sorprendente energia, con tanto coraggio e altrettanta fantasia, non lasciano in pace nessuno. Non vogliono che gli addormentati riprendano sonno, non vogliono che torni l’indifferenza, che si propaghi l’oblio, che quelli che stanno in alto se ne lavino le mani.
Persino l’ONU, con le mani e la lingua legate dalla struttura e dalle regole che definiscono tale organismo, ha dovuto reagire. Il Comitato delle Nazioni Unite contro le sparizioni forzate non solo comincia a riconoscere formalmente questo stato di cose, ma ha anchecriticato il governo messicano per l’impunità prevalente di fronte a questi delitti quotidiani e per il fatto di non dare la necessaria priorità alla ricerca degli scomparsi. Gli ha imposto di indagare tutti gli agenti e gli organi statali che potrebbero essere stati coinvolti, così come di utilizzare tutte le linee investigative. Il Comitato ha formulato una raccomandazione cruciale ricordando la responsabilità dei gradi superiori di coloro che commettono delitti.
Persiste la combinazione di cecità e cinismo in coloro che si occupano dell’affare di governare e dei loro amici e complici. Persiste anche l’indifferenza, l’apatia o il terrore di molta gente. Persiste ugualmente l’entusiastica adesione a qualche leader carismatico e alle sue schiere da parte di coloro che credono ancora che potrebbe innanzitutto fermare l’orrore, e poi seguire il cammino progressista di altri dirigenti dell’America Latina. Sebbene lo scontento sia sempre più generale, anche fra i patrocinatori e i beneficiari dell’attuale governo, molti non sanno che fare, altri non considerano realistiche le vie che non passano per l’esercizio elettorale e altri ancora sono disposti a cambiare tutto... perché non cambi niente: che si sostituiscano tutti i responsabili del nostro dramma, che si diano bruschi colpi di timone e che ci sia un gran chiasso, ma il tutto all’interno del quadro vigente, nello Stato-nazione, la democrazia rappresentativa, la società economica, lo sviluppo, il capitalismo... Ritengono che sia illusorio o pericoloso tentare altre vie.
Nello stesso tempo, si estende e acquista vigore e organicità la mobilitazione cittadina. Il 5 febbraio sono state avviate due iniziative parallele che cammin facendo potrebbero intrecciarsi per portare avanti varie cose. È impressionante la coincidenza delle loro diagnosi sulla crisi politica attuale, anche se appaiono notevoli differenze nella portata e nello stile delle loro proposte. Entrambe illustrano, ciascuna a suo modo, il desiderio e la capacità di dare forma organica al malcontento generalizzato, alla resistenza, alla ribellione e all’impeto trasformatore. Invece di paralisi e disperazione, il dramma nazionale sta generando reazioni lucide, vigorose e organizzate.
Un’altra di queste iniziative prenderà forma oggi (16/2, ndt) con l’installazione a Cuernavaca di una Commissione poliedrica composta da universitari, attivisti e membri del Congresso Nazionale Indigeno. Si propone di contribuire al dialogo e all’armonia fra le diverse culture a cui apparteniamo. Noi componenti di questa Commissione siamo convinti che non ci sarà giustizia, pace e sicurezza nel paese finché l’ordine sociale non sarà costruito sulla diversità. Si tratta di dare un senso concreto ed efficace all’idea formulata dagli zapatisti vent’anni or sono: abbiamo bisogno di costruire un mondo in cui trovino spazio molti mondi.
L’attuale effervescenza ha già permeato tutte le fasce sociali e raggiunge gli angoli più isolati del paese. I nostri demoni si sono scatenati da tempo e hanno creato questo insopportabile stato di cose in cui siamo immersi. Ora si sono messe in moto le forze che potranno fermarli, avanzando serenamente nella ricostruzione nazionale. Il genio è uscito dalla bottiglia e non sarà possibile rimetterlo dentro. Si nutre così, ogni giorno, la speranza di dare piena realtà alla nostra emancipazione.
Fonte: la Jornadatraduzione per Comune-info: Camminar domandandoGustavo Esteva vive a Oaxaca, in Messico. I suoi libri vengono pubblicati in diversi paesi del mondo. In Italia, sono stati tradotti: «Elogio dello zapatismo», Karma edizioni: «La Comune di Oaxaca», Carta; e, proprio in questi mesi, per l’editore Asterios gli ultimi tre: «Antistasis. L’insurrezione in corso»; «Torniamo alla Tavola» e «Senza Insegnanti». In Messico Esteva scrive regolarmente per il quotidiano La Jornada ma i suoi saggi vengono pubblicati anche in molti altri paesi. In Italia collabora con Comune-info.L’adesione di Gustavo Esteva alla campagna Ribellarsi facendo di Comune-infoTutti gli altri articoli di Gustavo Esteva usciti su Comune-info sono quiUn piccolo nucleo di amici italiani di Esteva, autodenominatosi “camminar domandando”, nei mesi scorsi ha stampato il testo della conversazione tenuta da Esteva a Bologna nell’aprile 2012 (i temi in parte sono gli stessi degli incontri tenutisi nell’occasione a Lucca, in Val di Susa, Torino, Milano, Venezia, Padova, Firenze e Roma): “Crisi sociale e alternative dal basso. Difesa del territorio, beni comuni, convivialità”. (chi vuole, può scaricarlo su www.camminardomandando.wordpress.com). |
lunedì 23 febbraio 2015
le sparizioni in Messico
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