essere repubblicani oggi
livio ghersi
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L'interessante articolo di Giancarlo Tartaglia, Peripezie di un nome. Dove sono i repubblicani, ci ricorda la significativa storia dei repubblicani in Italia. E' vero che, in quanto oppositori della monarchia, nel primo periodo della storia italiana unitaria furono quasi una forza extraparlamentare. Basti pensare a Carlo Cattaneo che, eletto membro della Camera dei Deputati nel 1860 e nel 1867, non s'insediò nel seggio parlamentare, per non prestare il richiesto giuramento di fedeltà allo Statuto, quindi all'autorità del Re. Senza dimenticare Giuseppe Mazzini: proprio lui che ha meritato l'appellativo di padre della Patria (insieme a Cavour e Garibaldi), fu costretto ad assumere la falsa identità di "Mr Brown" per poter morire nella sua Italia da uomo libero. Com'è noto, morì a Pisa, ospite dell'amica famiglia dei Rosselli, nel marzo del 1872. Se la sua vera identità fosse stata conosciuta, sarebbe stato arrestato.
I nomi dei politici più recenti richiamati da Tartaglia (Ferruccio Parri e Ugo La Malfa, Oronzo Reale e Francesco Compagna, Giovanni Spadolini e Bruno Visentini), meritano tutti considerazione e rispetto, ma il livello, ovviamente, non è paragonabile a quello di Mazzini e Cattaneo. Tartaglia si riconosce nel mito della "sinistra democratica". Personalmente, ho sempre considerato divertente ritenere "di sinistra" un partito come il PRI, per il quale votava Giovanni Agnelli. Le stesse caratteristiche culturali di Spadolini non mi sembra si sposassero perfettamente con il mito della "sinistra democratica".
In tutto questo leggo un cedimento alle mode di un certo periodo storico, secondo cui il senso della Storia ed il progresso erano interpretati da quanti si collocavano "a sinistra", quindi guai a chi non avesse assecondato tale luogo comune.
Così, nel secondo dopoguerra, Ugo La Malfa alimentava lo schema della cosiddetta "Sinistra storica", della quale avrebbero fatto parte il PCI, i due partiti socialisti del PSI e del PSDI (diventati tre con il PSIUP), e, appunto, il piccolo PRI. Questa "Sinistra storica", capace di assumere responsabilità di governo, andava nettamente distinta dalla cosiddetta "Sinistra extra-parlamentare", manifestatasi a partire dalle vicende del gruppo del Manifesto. Incerta la collocazione dei radicali pannelliani, che avrebbero avuto caratteristiche sia della sinistra storica, sia di quella extra-parlamentare.
A differenza di quanto sostiene Tartaglia, non penso che compito di una forza repubblicana oggi sia quello della difesa istituzionale, ossia della difesa della Costituzione italiana del 1948 (che, poi, è già stata stravolta ed, ancor più, sta per essere stravolta)
L'impegno prioritario, imposto dalle dinamiche della politica estera, secondo me dovrebbe essere quello della costruzione di un vero e proprio Stato Europeo, ad ordinamento federale. Tale prospettiva comporta automaticamente il superamento della difesa della lettera e dello spirito della Costituzione del 1948.
C'è una problematica ben più vasta sulla quale i repubblicani odierni potrebbero caratterizzarsi: quella dell'approfondimento delle proprie ragioni ideali e della propria fisionomia politico-culturale. Basterebbe cominciare a prendere sul serio il lavoro di quegli studiosi, quali Quentin Skinner e Maurizio Viroli, che hanno cercato di definire le caratteristiche ideali e le manifestazioni storiche del "repubblicanesimo", inteso come fenomeno distinto e ben più antico rispetto al più noto liberalismo.
Pensatori come Jean-Jacques Rousseau sono cresciuti nel mito dei valori della repubblica romana, contrapposta alla decadenza spirituale dell'impero, soltanto in apparenza più glorioso. C'è uno spirito che lega Autori come Rousseau, Immanuel Kant, Madame de Staël, fino ad Hannah Arendt. Questo spirito si sostanzia di amore della libertà, di rispetto nei confronti di ogni singola persona umana, di rifiuto della tirannide e di ogni logica imperiale. Madame de Staël che, in lingua francese, esprimeva una critica demolitoria di Napoleone Bonaparte, era insieme espressione del nascente pensiero liberale ed erede delle memorie di una ben più antica tradizione di libertà repubblicana.
Il liberalismo è in crisi perché ormai contiene troppe cose. E' più che mai maturo il tempo del distacco da quanti lo identificano strettamente con la teoria economica del liberismo. I liberisti e gli anarco-capitalisti si riconoscano pure nelle politiche economiche di Margaret Thatcher e di Ronald Reagan. Lo spirito del liberalismo come lo intesero Benedetto Croce, Adolfo Omodeo, Guido de Ruggiero, Piero Gobetti, è bene che si saldi con lo spirito della libertà repubblicana.
Palermo, 23 maggio 2015
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