domenica 31 gennaio 2016

educare alla sconfitta

Educare ad accogliere la sconfitta

by JLC
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di Valentina Guastini*
Mentre vado a scuola, ascolto la radio. Interviene in diretta una mamma che racconta della passione del figlioletto di cinque anni per il calcio. Gioca in una squadra locale ma, si lamenta la mamma, non sa proprio perdere. Il tono si fa un po’ più riflessivo e in radio ammettono: è il problema di questa generazione. I nostri bambini non sono abituati a perdere, non ne sono capaci.
Questa riflessione mi ha tenuto compagnia tutto il giorno e ho cercato di analizzare i fatti.Quanta responsabilità abbiamo noi genitori? Quanta la passività della televisione?
Faccio un po’ di autocritica e penso a quante volte abbiamo perso nella mia famiglia. Quanta gioia ci consegna una vittoria e quanto ci sprona ogni volta una perdita. Ma questa forse è solo esperienza; le mie bambine sono abituate a perdere?
Siamo ricaduti in un periodo storico subdolo, di difficile gestione dal basso. I genitori, i nonni spesso mascherano ai bambini le preoccupazioni, come è giusto che sia. Ma è difficile nascondersi in cinque anni di cassa integrazione, è difficile nascondersi dopo sedici anni di contratti a tempo determinato. Sono difficili da nascondere tutti i documenti sempre a mezzo, utili per i ricorsi. Difficile nascondere la scontentezza per  un lavoro amato che è sempre precario. Difficile nascondere la paura che questo ti venga tolto per sempre.
Ada due anni fa ha vissuto la morte della mamma del suo amico più caro. Ancora adesso c’è un fumo denso intorno a quella vicenda. Mio marito era incaricato di tenere “occupato” il bambino il tempo di aspettare a casa nostra il resto della famiglia per comunicarglielo. È l’unica volta in ventanni che ho visto mio marito davvero in difficoltà. Sono sentimenti che ti porti dentro: compassione, empatia, tristezza, paura.
La vita ti segna inevitabilmente e per quanto cerchiamo un sfera magica dove poter custodire i nostri figli, la perdita fa inevitabilmente parte del pacchetto.
C’è sicuramente una parte di responsabilità data al carattere di ciascuno, ma ritengo anche che laddove un bambino non sappia perdere nelle banalità quotidiane, la causa vada ricercata anche negli adulti di riferimento.
“Chi perde la sua individualità perde tutto” diceva Mahatma Gandhi e per affrontare le varie perdite che la vita offre bisogna essere preparati, la sconfitta va accolta, conosciuta, affrontata, altrimenti rischiamo di perdere noi stessi nella rabbia e nella frustrazione.
Per restare nel recente, il 7 luglio è stata approvata la riforma della Buona Scuola; era già chiaro il disegno che prevedeva di far fuori una grossa fetta di docenti che da anni lavorano nella scuola. Evidente il mio sconforto: cena al ristorante cinese, discussione e analisi dei fatti, progetti alternativi nella peggiore delle eventualità, coccole sparse.
Ada (undici anni) il mese scorso ha litigato con la sua migliore amica, una di quelle prime delusioni che fanno tremare le ginocchia; quei frangenti dove di perdite ce ne sono una bella manciata in una volta: fiducia, sicurezza, felicità, condivisione. Ne abbiamo parlato molto per concludere aprendo una bottiglia di prosecco a cena, Ada si è appena bagnata le labbra. Abbiamo brindato al diventare grandi, ad imparare che nonostante tutto ne valga sempre la pena, abbiamo brindato alle ferite del cuore che ci insegnano tanto.
A giugno, io e la mia cara amica Elisa abbiamo organizzato il funerale di sua mamma con la banda di paese e la focaccia. Margherita (otto anni) ha lasciato andare i palloncini a bocca piena, ci ha abbracciato, abbiamo sorriso e ci siamo messe a piangere. Che bello piangere insieme, non siamo macchine. Quanto è importante piangere con qualcuno, ti toglie ogni vergogna, sei nudo nell’anima.
Ada qualche giorno fa aveva il discorso da fare ai compagni per la sua candidatura a sindaco dei ragazzi, era agitata. La sera prima ne abbiamo parlato un po’ e poi con questo pensiero della perdita ho voluto testare le sue emozioni, le ho detto: “E vabbè, si può anche perdere…”. Ha tirato su la cartella, ha alzato le spalle e ha risposto: “L’importante è divertirsi e poi, l’avresti mai detto? Dovrò parlare davanti a tutta la scuola… ho una  paura, se riesco in quello ho già vinto”. Si gira Marghe mentre fa l’aerosol e tutta gasata dice: “Ooh però anche se perdi, andiamo a mangiare una pizza?”.

* mamma e maestra, fa parta della Rete di Cooperazione educativa C'è speranza se accade

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