mercoledì 30 settembre 2015

la decrescita può segnare la svolta

Imma­gi­nare una svolta nella sto­ria

by JLC
op
fonte: kelp.cl
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di Franco Berardi Bifo
L’organismo della sini­stra è assai poco vitale, ma com­pren­si­bil­mente non vuole dir­selo e nem­meno sen­tir­selo dire. E se pro­vas­simo ad affron­tare la que­stione da un punto di vista un po’ meno pre­ve­di­bile? Se comin­cias­simo a dirci che no, ragazzi, non c’è vita a sinistra. Per­ché que­sta è la verità: non c’è vita, se mai c’è soprav­vi­venza eroica ma sten­tata di un vasto numero di asso­cia­zioni e orga­ni­smi di base che cer­cano di garan­tire la tenuta di alcuni livelli minimi(ssimi) di solidarietà.
Se comin­cias­simo col dirci la verità che dal tronco della sini­stra del Nove­cento non sboc­cerà più alcun fiore, forse allora riu­sci­remmo a vedere la realtà pre­sente in maniera più rea­li­stica e forse anche a imma­gi­nare una via d’uscita per il pros­simo futuro. Se sini­stra vuol dire una for­ma­zione capace di rag­giun­gere il 5 per cento o forse anche il 10 per cento allora sì, forse può esserci vita a suf­fi­cienza. Gra­zie alla demo­gra­fia, gra­zie all’ampiezza dei ran­ghi degli ultra-sessantenni pos­siamo ancora spe­rare di costi­tuire una for­ma­zione che mandi in par­la­mento qual­che depu­tato prima di esau­rirsi per estin­zione pros­sima della gene­ra­zione che si formò negli anni della democrazia.
Ma se sini­stra vuol dire una forza capace di imma­gi­nare una svolta nella sto­ria sociale eco­no­mica e poli­tica del mondo, una forza capace di attrarre le ener­gie della gene­ra­zione pre­ca­ria e con­net­tiva, se sini­stra vuol dire una forza capace di rove­sciare il rap­porto di forze che il capi­ta­li­smo glo­ba­liz­zato ha impo­sto all’umanità — allora è meglio non rac­con­tarci bugie pie­tose. Non c’è e non ci sarà nel tempo prevedibile.
I con­tri­buti che ho letto sul mani­fe­sto sono più o meno apprez­za­bili, alcuni mi sono pia­ciuti molto. Ma non ne ho tratto la per­ce­zione che qual­cuno voglia vedere quel che sta acca­dendo e che acca­drà, e soprat­tutto quel che noi dovremmo e potremmo fare.
La prima lezione che mi pare occorre trarre dall’esperienza degli ultimi anni è che alla parola demo­cra­zia non cor­ri­sponde nulla.
Per­ché dovrei ancora pren­dere sul serio la demo­cra­zia dopo l’esperienza di Syriza? Ma non occor­reva l’esperienza greca, per sapere che la demo­cra­zia non è più una strada per­cor­ri­bile. Basta ricor­darsi del refe­ren­dum ita­lico con­tro la pri­va­tiz­za­zione dell’acqua, i suoi risul­tati trion­fali, e i suoi effetti pra­ti­ca­mente nulli sulla realtà eco­no­mica e politica. E allora,se la demo­cra­zia non è una strada per­cor­ri­bile, ce ne viene in mente un’altra? A me no. A me viene in mente che tal­volta nella vita (e nella sto­ria) è oppor­tuno par­tire da un’ammissione di impo­tenza. Non posso, non pos­siamo farci niente.
Cioè, fermi un attimo. Due cose dob­biamo farle, e se volete chia­marle sini­stra allora sì, ci vuole la sinistra.
La prima cosa da fare è capire, e quindi prevedere.
Pos­siamo pre­ve­dere che nei pros­simi anni l’Unione euro­pea, ormai entrata in una situa­zione di scol­la­mento poli­tico, di odii incro­ciati, di pre­da­zione colo­niale, finirà nel peg­giore dei modi: a destra. Pos­siamo dirlo una buona volta che la sola forza capace di abbat­tere la dit­ta­tura finan­zia­ria euro­pea è la destra?
Dovremmo dirlo, per­ché que­sto è quello che sta già acca­dendo, e le con­se­guenze saranno vio­lente, san­gui­nose, cata­stro­fi­che dal punto di vista sociale e dal punto di vista umano. Dob­biamo allora smet­tere i gio­chi già gio­cati cento volte per met­terci in ascolto dell’onda che arriva.
Pos­siamo pre­ve­dere che nei pros­simi anni gli effetti del col­lasso finan­zia­rio del 2008 mol­ti­pli­cati per gli effetti del col­lasso cinese di que­sti mesi pro­durrà una reces­sione glo­bale. Pos­siamo pre­ve­dere che la cre­scita non tor­nerà per­ché non è più pos­si­bile, non è più neces­sa­ria, non è più com­pa­ti­bile con la soprav­vi­venza del pia­neta, e ogni ten­ta­tivo di rilan­ciare la cre­scita coin­cide con deva­sta­zione ambien­tale e sociale.
La decre­scita non è una stra­te­gia, un pro­getto: essa è ormai nei fatti, nelle cifre e negli umori. E si tra­duce in un’aggressione siste­ma­tica con­tro il sala­rio, e con­tro le con­di­zioni di vita delle popo­la­zioni. E si tra­duce in una guerra civile pla­ne­ta­ria che solo Fran­ce­sco I ha avuto il corag­gio di chia­mare col suo nome: guerra mondiale.
La seconda cosa da fare è: imma­gi­nare.
Imma­gi­nare una via d’uscita dall’inferno par­tendo dal punto cen­trale su cui l’inferno pog­gia: la super­sti­zione che si chiama cre­scita, la super­sti­zione che si chiama lavoro sala­riato. Le poli­ti­che dei governi di tutta la terra con­ver­gono su un punto: pre­di­cano la cre­scita in un momento sto­rico in cui non è più né auspi­ca­bile né pos­si­bile, e soprat­tutto è ine­si­stente per la sem­plice ragione che non abbiamo biso­gno di pro­durre una massa più vasta di merci, ma abbiamo biso­gno di redi­stri­buire la ric­chezza esistente.
Le poli­ti­che dei governi di tutta la terra con­ver­gono su un secondo punto: lavo­rare di più, aumen­tare l’occupazione e con­tem­po­ra­nea­mente aumen­tare la pro­dut­ti­vità. Non c’è nes­suna pos­si­bi­lità che que­ste poli­ti­che abbiano suc­cesso. Al con­tra­rio la disoc­cu­pa­zione è desti­nata ad aumen­tare, poi­ché la tec­no­lo­gia sta pro­du­cendo in maniera mas­sic­cia la prima gene­ra­zione di automi intel­li­genti. Da cinquant’anni la sini­stra ha scelto di difen­dere l’occupazione, il posto di lavoro e la com­po­si­zione esi­stente del lavoro. Era la strada sba­gliata già negli anni Settanta, diventò una strada cata­stro­fica negli anni Ottanta. Era una strada che ha por­tato i lavo­ra­tori alla scon­fitta, alla soli­tu­dine, alla guerra di tutti con­tro tutti. Per­ché dovremmo difen­dere la sini­stra visto che è stata pro­prio la sini­stra a por­tare i lavo­ra­tori nel vicolo cieco in cui si tro­vano oggi?
Di lavoro, sem­pli­ce­mente, ce n’è sem­pre meno biso­gno, e qual­cuno deve comin­ciare a ragio­nare in ter­mini di ridu­zione dra­stica e gene­ra­liz­zata del tempo di lavoro. Qual­cuno deve riven­di­care la pos­si­bi­lità di libe­rare una fra­zione sem­pre più ampia del tempo sociale per desti­narlo alla cura l’educazione e alla gioia.
So bene che non si tratta di un pro­getto per domani o per dopo­do­mani. Negli ultimi quarant’anni la sini­stra ha con­si­de­rato la tec­no­lo­gia come un nemico da cui pro­teg­gersi, si tratta invece di riven­di­care la potenza della tec­no­lo­gia come fat­tore di libe­ra­zione, e si tratta di tra­sfor­mare le aspet­ta­tive sociali, libe­rando la cul­tura sociale dalle super­sti­zioni che la sini­stra ha con­tri­buito a formare.
Quanto tempo ci occorre? Baste­ranno dieci anni? Forse. E intanto? Intanto stiamo a guar­dare, visto che nulla pos­siamo fare. Guar­dare cosa? La cata­strofe che è ormai in corso e che nes­suno può fer­mare. Stiamo a guar­dare il pro­cesso di finale disgre­ga­zione dell’Unione euro­pea, la vit­to­ria delle destre in molti paesi euro­pei, il peg­gio­ra­mento delle con­di­zioni di vita della società. Sono pro­cessi scritti nella mate­riale com­po­si­zione del pre­sente, e nel rap­porto di forza tra le classi.
Ma natu­ral­mente non si può stare a guar­dare, per­ché si tratta anche di sopravvivere.
Ecco un pro­getto straor­di­na­ria­mente impor­tante: soprav­vi­vere col­let­ti­va­mente, sobria­mente, ai mar­gini, in attesa. Riflet­tendo, imma­gi­nando, e dif­fon­dendo la coscienza di una pos­si­bi­lità che è iscritta nel sapere col­let­tivo, e per il momento non si can­cella: la pos­si­bi­lità di fare del sapere la leva per libe­rarci dallo sfruttamento.
Atten­dere il mat­tino come una talpa.
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Pubblicato su il manifesto con il titolo Scomode verità che non vogliamo vedere

mettere in discussione il dominio del denaro

Mettere in discussione il dominio del denaro

by JLC
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di Antonio Savino*
Il feticismo del denaro
Analizzare cosa sia il denaro, quindi la moneta, il debito, l'interesse, è una impresa molto ardua e complessa, perché si sono mescolate tra loro diversi fattori e diverse relazioni tra oggetti sociali differenti. Nella vulgata si distingue la moneta come oggetto solido, e il denaro come oggetto scritturale. Il primo emesso da uno Stato a corso legale e il secondo dai privati. La cosa è più complicata sia nella sua produzione che nelle sue funzioni.
Quale è l'origine del 'Moneta'? Esiste una intera letteratura, principalmente di economisti, fanno risalire l'aspetto di 'moneta' come risposta ai problemi derivanti dalla pratica del baratto! Adam Smith, per esempio, delineando la sua famosa opera “Indagine sulla natura e causa della ricchezza delle nazioni”, pone l'esempio del fornaio che, desiderando di carne, di fronte un macellaio, che a sua volta, essendo già dotato di tutto il pane di cui aveva bisogno, non voleva nessuno altro pane. L'invenzione della moneta per i classici, sarebbe venuto in questo contesto, come risposta ad un problema specifico legato a questa realtà di baratto perché asso agisce come "lubrificante del commercio" consentendo al panettiere soddisfare i suoi bisogni con la vendita del pane e a chiunque volesse in cambio della moneta, ora era possibile andare dal macellaio a comprare la carne con i suoi soldi guadagnati.
Così, secondo gli economisti classici, dal baratto, pratica umana “naturale”, che è sempre esistito al conio di moneta metallica, che in un secondo tempo, avrebbe portato, dato vita al denaro.
Eppure, come vedremo qui, i fatti riportati dagli studiosi di antropologia non lascia nessun dubbio: tutto questo è una fiaba mistificatrice. E la differenza tra moneta e denaro è del tutto aleatoria servono altri criteri di studio. Per le teorie classiche ci sono differenza tra i due, ma per la realtà emersa negli ultimi anni va a stravolge tutto. Un euro, un titolo sovrano, il Bancomat, la carta di credito, un'azione, un'obbligazione, un fondo d'investimento sono moneta o denaro? Il denaro come forma scritturale e la moneta come cosa solida non esistono più, sono mere finzioni e forse sono sempre state taliperché:
a) La moneta che non indica nessun valore (ratificato anche sostanzialmente dagli accordi di Bretton Wood 1971 dove si sgancia la moneta dai valori concreti, l'oro, argento), ma è solo un “cedola” di fiducia, “moneta fiduciaria”o meglio, e se parliamo del dollaro, essa è la potenza militare-industriale di una nazione.
b) Le monete fiduciarie non sono necessariamente emesse da uno Stato (vedi le monete complementari e Bitcoin),
c) La moneta non è “materiale” (carta) in contrapposizione a quelle immateriali come le carte di credito, oggi sono tutte 'scritturali', dei meri segni convenzionali, dei bit, messi da qualche parte in un hard disk. La moneta circolante è la minima parte di quella cartacea. Quando la BCE “produce” liquidità, scrive solo un segno + su cifre di un computer.
Quindi qui usiamo la parla 'denaro' e 'moneta' per indicare entrambe le cose.
Nella storia, l'elenco degli oggetti o beni che sono stati chiamati 'moneta' per gli antropologi, a torto o a ragione è lunga: conchiglie, pietre di giada, pezzi tessuti, sale, suini denti, fave di cacao, cereali orzo, monete, ecc coniate1. E oggi il denaro (o la moneta) può assumere forme diverse, gettoni, banconote, cedola, assegno, buoni pasto, assegni fedeltà, ecc. È quindi difficile orientarsi, e possiamo parlare di 'valuta' , 'denaro', 'quasi-moneta'? Dipende dalla definizione che si da al denaro.
Tra tutte le definizioni disponibili, quella proposta di Alain Testart in un brillante e articolato articolo di economia politica e antropologia2, sembra la più interessante
È da considerarsi come moneta/denaro: uno o più specie di beni con queste caratteristiche: il numero di queste specie deve essere limitata, durante la cessione, in quantità determinata, all'interno di una comunità di scambio è prescritto o preferito nella maggior parte dei pagamenti ed è ritenuto di avere valore liberatorio.
Il 'pagare'3 è come "un atto con cui si adempie l'obbligo da dare un cosa prescritta in anticipo dal codice sociale o una impegno contrattuale. " Così quando pago, mi io mi libero di una obbligo. Questo è il “potere liberatorio” della moneta/denaro. Ne consegue anche che la moneta/denaro è l'unico bene che non può essere rifiutato come mezzo di pagamento.
L'economia classica invece caratterizza la moneta per le sue funzioni apparenti: mezzo di scambio, di riserva valore, di standard di valore e di mezzo di pagamento. (vedi K. Marx e M. Weber).
A. Testart, ci dice invece che tali qualificazioni non sono pertinenti per almeno due motivi:
a) queste funzioni sono indipendenti tra loro,
b) degli oggetti diversi dalla moneta sono in grado di eseguire le stesse funzioni (una cambiale o un assegno, per esempio, può servire come standard, senza dover avere un valore, un bene immobiliare può fungere da riserva di valore, il credito può essere utilizzato come mezzo di scambio, ecc.).
Perchè è diversa la capacità di utilizzare una cosa e il uso effettivo.
Ciò che in definitiva distingue la “moneta” da altri beni è la consuetudine, la preferenza che degli uomini hanno in comune che eleggono una data cosa come mezzo di pagamento. Tutto qui, P.A .Samuelson riassume succintamente: "Paradosso: la moneta è accettata perché è accettata” .
Il denaro come oggetto extra economico
Si sente qui una dimensione sociale della moneta, che ha doti da virtù teologali (fede e speranza) più che economiche, ed è comunque irriducibile alla sua dimensione economica.
La tradizione metallista spiega l'accettabilità monete con il valore intrinseco oggettivo conferito loro da una certa quantità di metallo prezioso incorporato (misurato come valore-lavoro socialmente necessario per estrarlo; questo per i classici e per Marx). Questa tesi è stata messa in dubbio non solo perché non può giustificare l'esistenza della moneta fiduciaria come le banconote-carta di oggi, o le riserve frazionarie delle banche4, oppure, ancora peggio i derivati, divenuti di recente una jattura planetaria. Ma anche perchè, da studi antropologici fatti più di recente, sembra che l'accettabilità della moneta deve la sua esistenza ad una sorta di accordo tra i membri del società (spesso con strutture di potere asimmetriche). Che coinvolgono le forme prettamente sociali extra economiche quali appunto la fiducia, l'abitudine, e la fede. Si può citare Georg Simmel che evoca la moneta come una "fede socio-psicologico coniugata o apparentata alla fede religiosa" o François Simiand vede, la moneta, insieme come il prodotto di una "credenza e di una fede sociale ".
L'accettazione della moneta negli stati moderni, contrariamente a quanto c'è scritto nei libri classici di economia, non è solo dovuto a una legge dello Stato che ne stabilisce il corso legale, e in questo modo la impone ai suoi cittadini, e gli esempi sono numerosi.
“L'incapacità dei rivoluzionari francesi, dopo il 1789, ad far accettare alla popolazione i famosi assegni a guisa di pagamento, anche minacciando la pena di morte chi rifiutasse di accettarli, o, al contrario, nella città di Arras, nonostante i tentativi repressione che durò oltre due secoli, per impedire l'uso dei “méreaux”, una moneta popolare era fin lì diffusa nel secoloXII e XIII, illustra mirabilmente la natura sociale di questa fiducia, o a seconda dei casi, di questa diffidenza. Si concorda con Serge Latouche quando afferma che il “denaro va all'essenza del sociale che è al di là dell'economia”. O per altro verso R. Bellofiore 5 sulla parte de: “il denaro non-merce” . Perchè nulla è semplice in materia di soldi!
Denaro come memoria di avvenuti trasferimenti.
Più che di scambi si dovrebbe parlare di trasferimenti! Perchè lo scambio è sono uno delle forme dei trasferimenti e non è quella dominante.
L'antropologia corrente sostiene che nelle società primitive, lo scambio non è il sistema dominante per il trasferimento di beni e servizi, come invece lo è diventato nel capitalismo. Lo stesso “dono” di Marcel Mauss per A Testart è solo un trasferimento particolare: "il dono è un trasferimento non esigibile, la contropartita non è richiesta ".
Il senso di "esigibile" non vuol dire come moralmente non dovuto, ma come giuridicamente vincolante (tale distinzione non è fatta Mauss -il famoso antropologo-)! Ciò significa in particolare, che non onorare questa obbligazione può essere sanzionata mediante l'uso della forza dentro un dispositivo di potere politico particolare della tribù.
Prendendo per buona questa definizione, allora si deve anche ammettere che ciò che è stato spesso descritto come 'dono' e 'contro dono' non è altro che uno scambio, il cui trasferimento è in ritardo nel tempo. Questo discorso è più evidente per il famoso Kula scoperto B. Malinowski nelle isole Trobriand in Indonesia orientale.
Oltre lo scambio e la donazione, ci sono infatti altri tipi di trasferimenti che, per mancanza di meglio, vengono definit da A.Testart come: trasferimento del terzo tipo "T3T"; è un "trasferimento [legale], richiesta di pagamento senza contropartita di sorta" . Pensiamo per es.: multe danni o riparazioni, tributi all'Amministratore, le gabelle (esempio IMU), le accise, il fondo perduto, e per un certo verso le lotterie, o potremmo metterci anche le rendite di posizione, ecc. (alcuni di questi “T3T”, sono una parte consistente di denaro che confluisce nelle casse dello Stato o dei comuni e in diversi privati a fronte di servizi “figurativi”, dai professionisti ai concessionari di beni Statali). Spesso le causa di questi trasferimenti "T3T" è una dipendenza legale o giuridiche connesse a quelle che potremmo chiamare, -seguendo Godelier-, rapporti “politici-religiosi”. Il servo della gleba del Medioevo, per esempio, doveva pagare il suo tributo al signore, una tassa: la “chevage”, solo perché era un servo della gleba, senza un suo status, senza nessuna contropartita. Oppure la decima per il convento o la parrocchia.
Dentro il “T3T” bisogna metterci il debito pubblico, debito perenne, inestinguibile, che è diventato fondamento economico degli Stati moderni; è diventato la nuova tassa perenne di esistenza che i cittadini pagano, una nuova versione del “chevage” del signoraggio globale6.
E quindi, cosa è la moneta/denaro?
Un esempio (metafora) antropologico molto esemplificativo della funzione sociale della moneta la pendiamo dalle pietre-moneta dell'isola di Yap7, con il record della moneta più grande del mondo.
Si tratta di dischi di pietra aragonite, il cui diametro può andare fino a 3,6 metri ed hanno un foro nel centro per 'facilitare' il movimento con l'inserimento di una sorta di palo di legno. Il più grande dei dischi richiedo fino a centocinquanta uomini per il trasporto. Tutte queste pietre rare provengono dall'isola di Palau, che si trova a una distanzia di 450 km; lì vengono tagliati prima di essere trasportati all'isola di Yap. Inizialmente il trasporto avveniva in canoa, e poi, dopo l'arrivo degli europei nella metà dell'ottocento usarono le navi mercantili, queste permettevano di trasportare pietre più grandi e facilmente, e per questo motivo hanno prodotto un fenomeno di inflazione durante la seconda metà del XIX secolo.
La società Yap, al momento in cui la moneta di pietra era comunemente usata (e in piccola parte vine usata ancora), non aveva funzione propriamente da economia primitiva dato che c'era una distribuzione di 'attività umane', e divisioni del lavoro, relativamente importanti. Così, le pietre sono state utilizzate dal popolo per comprare il pesce, canoe, reti da pesca, maiali, ma anche i servizi del tatuatore, i vesti dal sarto, i servizi dal guaritore o il pagamento per la costruzione di case, ecc.
Se le pietre con il diametro più piccolo circolano facilmente, per quelle grandi è più difficile. Una caratteristica interessante della moneta di pietra: una pietra può cambiare più volte proprietario senza cambiare fisicamente posto. Al massimo, il nuovo proprietario può apporre il suo marchio. Ma spesso non è nemmeno necessario e sufficiente che la proprietà della pietra sia accettata socialmente e pubblicamente dai Yapese.
E' successo che un grande pietra, era affondata durante il trasporto era quindi non era mai arrivato sull'isola Yap, ma essa appartenente ad una famiglia degna di fiducia, ed è stata possibile assegnare ugualmente validazione di valore della moneta-pietra nella comunità senza che nessuno abbia mai visto la pietra stessa o che possa trasferirla.
Un altro aneddoto interessante riguarda l'assegnamento della proprietà della “moneta”, riguarda i tedeschi che arrivarono nell'isola di Yap nel 1898. A quel tempo, l'isola non era sufficientemente sviluppata per i gusti tedeschi, e ordinarono ai Yapese di mettersi a costruire una strada. Tuttavia, a causa l'ostruzione dei capi Yapese locali, i tedeschi erano costretti a prendere sanzioni, e punizioni per farli lavorare, ma senza buoni risultati. Ai tedeschi, venne così una brillante idea: pitturarono con vernice nera delle pietre, a significare alla popolazione che ora le pietre-moneta appartenevano al governo. L'effetto fu radicale: i Yapesi iniziato subito al lavoro con lena per costruire la strada, fine dell'ostruzionismo!
La riflessione sulla specificità della moneta di pietra ci fa rilevare la stretta somiglianza della nostra moneta (carta stampata), entrambe sono semplici scritture: un semplice segno, una semplice scrittura, sufficiente per poter cambiare il proprietario della moneta con facilità.
Un'altra caratteristica della moneta di pietra è che non è fungibile e quindi non gioca veramente il ruolo di unità di conto. Infatti, il valore di ogni pietra dipende dalla sua storia: a chi apparteneva, come e quando era stata fatta (una vecchia ha più valore di una nuova, perché scolpito dopo l'arrivo degli europei), ma cambia anche la sua qualità: finezza grano, colore, etc. Così, due pietre con le stesse dimensioni, non hanno lo stesso valore, mantengono un valore qualitativo, distintivo.
E 'anche interessante notare che le pietre di aragonite avevano un anche un valore intrinseco e non puramente fiduciario (come le conchiglie, monete primitive in altri luoghi). Infatti, prima di servire da valuta, queste pietre sono state utilizzati nella fabbricazione di collari (con valore estetico), ma anche nella produzione di sedili onorari dei capi (valore di prestigio a causa della loro rarità) e anche usati in certi riti religiosi come offerta agli spiriti (valore religioso).
Questo esempio dell'isola di Yap, vale anche a confutare la tesi secondo cui la moneta fiduciaria corrente appare solo in un secondo tempo (almeno in un società senza Stato).
La metafora in oggetto serve anche per spiegare l'origine della moneta: non esiste nessuna linearità evolutiva dal baratto alla moneta, e non serve lo Stato per creare moneta, e non ci deve essere necessariamente un valore intrinseco, tantomeno un tempo di lavoro socialmente dato; la terra di Lowo8 non è un prodotto del lavoro come l'oro, e non deve avere neppure un valore d'uso particolare, l'anello di pietra dell'esempio sopra, non ha uso rilevante, al massimo ci si può sedere sopra, come il valore d'uso della cartamoneta odierna, la si può usare come combustibile.
Quindi si può dire che la moneta è un semplice segno, socialmente accettato, di un avvenuto trasferimento; la cessione della moneta, in quantità determinata, all'interno di una comunità di scambio è ritenuto di avere valore liberatorio; pagando, si estingue un obbligo sentito socialmente.
La moneta, per le varie obbligazioni sociali, ha a una sua funzione di unità di calcolo. Il cui “valore” si basa sulla fiducia. Non è un caso che anche nella radice latina della parola “credito” sia “credere”.
L'obbligo che si svolge 'pagando', può infatti essere sociale e non economico. Come per la periodica donazione sacrificale ad un Dio e degli ex voto. Ricordiamo che 'paga' deriva dal significato latino “pacare”, significa "placare" o "calmare il nemico."9 Sia esso una persona o un “Dio”.
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L'apparente valore dei soldi nel capitalismo?
“Consideriamo ora per un momento la merce in riposo oro, la quale è denaro, nel suo rapporto con le altre merci. Tutte le merci rappresentano nei loro prezzi una determinata somma d’oro, sono dunque soltanto oro rappresentato o denaro rappresentato, sono rappresentanti dell’oro, come, viceversa, nel segno di valore il denaro era apparso come semplice rappresentante dei prezzi delle merci” (Marx).
Dal 1971, in assenza di riserva aurea e quindi di convertibilità, il ‘valore’ del denaro in teoria dovrebbe essere la capacità produttiva di un paese, ovvero è sempre una ricchezza reale e tangibile sulla quale il valore convenzionale dei soldi, in un sistema di scambi internazionale, si dovrebbe basare. In realtà fattori extra-economici come la forza militare o il nascondimento “psicologico”, ci porta ad avere “liquidità” che è si aggira su “ valori” di dieci volte la ricchezza reale del pianeta.
Con il debito e i 'future s' Si è impegnato anche il lavoro futuro, le ricchezze ancora da realizzare che vanno a formare questo calderone di massa enorme di “denaro” scritturale che avvolge come una cappa, soffocandolo, tutto il pianeta reale.
Per abitudine (e pigrizia) siamo ormai portati a pensare che i soldi abbiano di per se un valore intrinseco perché è grazie al loro utilizzo che possiamo comprare cose.
Quello che invece gli da ‘valore’ al denaro non è la ricchezza 'reale' dei terreni, le case, il lavoro ecc. e -qui sta l'equivoco- , ma soprattutto la fiducia di chi li accetta come merce di scambio.
Il valore del denaro-moneta è quindi ‘indotto’, non ‘intrinseco’!
Se Fidel Castro potesse stampare moneta a volontà, non diventerebbe più ricco, ma farebbe morire di fame i cubani. Produrre canna da zucchero, sigari, turismo o quant'altro, funziona meglio che stampare banconote! Tranne forse nel caso di situazioni imperiali come gli Usa, che stampano dollari in cambio di beni e servizi 'comprati' dai paesi terzi (gli Usa comprano dall'estero petrolio o altri beni pagando in dollari-carta). Quindi i soldi sono solamente un simbolo di ricchezza ma non costituiscono ricchezza ‘vera’. Ne consegue che tutto il denaro in circolazione è solo una “promessa di pagamento” valida finché è accettata come tale.
Anche il rapporto che esiste oggi fra denaro e Stato ha carattere strettamente fiduciario (o imperiale nel caso del dollaro come moneta di riferimento). Tutto il “valore” del denaro si basa in pratica sulla sua “accettazione” come merce di scambio da parte della collettività.
Il denaro è quindi oggi una merce di scambio a corso forzoso che si regge interamente su un “patto sociale”, “un contratto”, una “convenzione di fatto”, fra le parti.
Il denaro-feticcio come 'attrattore' sociale della modernità
Mentre uno dei tratti salienti delle società antiche è loro forte capacità di generare obblighi, spesso con diritti distaccati, non economici. Gli esempi sono gli obblighi del nascita, di parentela, di matrimonio, cerimonie sui defunti etc. Come pure nelle altre questioni domestiche: in alcune tribù australiane, il cacciatore non è autonomo come si pensa, deve fare affidamento sugli altri, spesso i suoi fratelli, che a loro volta devono fare affidamento a lui. Ma senza andare così lontano pensiamo alla autoctone vecchie forme di raccolte del grano, dell'uva o delle olive, o da sempre presso i mormoni anche per costruire casa, dove ognuno aiutava gli altri a rotazione.
In questi caso, non avviene nessuno scambio o donazione! Ma reciproco trasferimento di obblighi, che sancisce anche la dipendenza reciproca!
Nelle società tribali, antiche o ancora esistenti, la produzione e la distribuzione dei beni materiali sono parte integrante delle relazioni sociali che non avevano, come ora, natura economica. Lo scambio intertribale nella forma del dono era sempre collettivo (non esiste la figura del 'mercante'), e spesso accompagnava riti religiosi danze, feste, banchetti. E anche quando assumeva più propriamente la forma del baratto mancava completamente il fine economico di lucro, di guadagno, di profitto, come noi lo intendiamo oggi. Anzi era pubblicamente disprezzato. In diverse civiltà tribali, l'onore della tribù passava proprio nella distruzione della ricchezza accumulata. Esisteva l'istituto straordinario che è il potlach dove, puramente e semplicemente, si distruggevano beni in qualcosa di simile ai baccanali, dei beni dilapidati in 'feste' fatte anche per schiacciare, per 'annientare' il rivale, in gare a chi faceva la festa più sfarzosa (qualche residuo del potlach si può trovare in certi matrimoni di oggi). La ricchezza dei primitivi veniva accantonata per 'spenderla' alla prima buona occasione o ricorrenze: in feste, in banchetti, per nascite, matrimoni, raccolti ecc.. L'accumulo della ricchezza è fatta per essere spesa a fondo perduto10!
Tra il XVII e il XVIII secolo avviene una conversione: l'economia si pone al centro della vita dell'uomo, sottomettendola alle sue esigenze, nel XIX è il denaro che si mette al centro dell'economia, finendo in breve tempo per assoggettarla. Tanto più esso è smaterializzato quanto più è fisicamente presente nei nostri rapporti sociali. Modella la nostra mentalità, in-forma le coscienze, determina i nostri stili di vita. Non solo i termini della nostra esistenza materiale come cibo, automobili, aerei, telefoni, telefonini, internet, ecc. ma tutta la concezione dello spazio e del tempo sono totalmente rimodellati, intorno al denaro. Il denaro permette di vendere cose non ancora prodotte, o indebitare le generazioni future. Tutta la vita è appiattita sul denaro, un continuo calcolare, misurare i costi e i ricavi per ogni nostra azione o proiezione di noi nel tempo o nello spazio. Tutto è misurato con il linguaggio e la sintassi del denaro. Tutto è parametrato al denaro, anche le attività più spirituali e i sentimenti più sacri: dalla ricorrenza del giorno dei morti ('un business da 100 miliardi') alla morte dei Vip (lady Diana) alla malattia. Anche la vecchiaia, non c'è più la vecchiaia ma il 'rischio vecchiaia' (dal punto di vista assicurativo e della pensione).
Queste osservazioni non mirano a “psicologizzare” l'economia di mercato, il capitalismo ma piuttosto a mettere in luce il fondamentale paradosso che sta nel cuore della sua condizione della sua esistenza. Se si da un’occhiata a una banconota inglese o americana, troverete la scritta: “In God we trust”. Ma in quale Dio? Giorgio Agamben ha affermato che “Dio non è morto, è stato trasformato in denaro”. Grazie al capitalismo, la Chiesa perse il monopolio sulla “virtù” e la moneta divenne rapidamente il principale significante di valore. Il dislocamento della fede umana da Dio al denaro ha raggiunto chiaramente l’apoteosi nello sviluppo simbiotico della moderna finanza e nel secolo scorso nello Stato nazione.
Nel tempo, non solo la forma, ma soprattutto il ruolo del denaro sono mutati, e gli antichi “trasferimenti”, “obblighi” e sono stati abilmente occultati e ‘manomessi’ dando origine a nuovi significati di potere.
Il denaro smaterializzato ha a sua volta un costo (sembra un ossimoro che una cosa astratta, aleatoria, immateriale abbia un valore), è a sua volta una merce, perchè è un feticcio!
Il denaro attuale, un bit sul un hard-disk, ha vita propria, non è più un oggetto di trasferimento socialmente gestito, ma crea interessi, tassi di sconto, mercato del denaro, con potenti banche e agenzie di rating. Le banche del denaro come un magazzino dove si accumula denaro, è ancora il valore del lavoro delle capacità sociali eseguite? Tuttavia, quando “impresta” soldi spostando casella a bit di un computer, è depositario del futuro di una comunità! Il denaro e chi lo gestisce decide il successo di una impresa o di qualsiasi attività o lavoro importante, non è il fare al centro della società, ma il denaro feticcio, teologale.
La metafora del denaro non solo saccheggia i 'valori' materiali ma deforma anche i valori 'intellettuali', linguistici, così come la moda nell’abbigliamento (il vestito o i luoghi VIP costosi usati come 'moneta': esibizione di status sociale). Perché il denaro feticcio 'parla', è un linguaggio, in-forma la società.
Come il linguaggio il denaro traduce e uniforma il lavoro per esempio dell’agricoltore, rapportandolo con quello dell’idraulico o dell’ingegnere e come il tempo-illuminista, esso separa il lavoro dalle altre attività sociali, accelera gli scambi e stringe legami d’interdipendenza in ogni comunità, di ogni singolo.
Si potrebbe tracciare un parallelo nella storia tra denaro, e il linguaggio scritto e di come abbiano in comune l'identica percezione sociale dello spazio-tempo. Dal tempo circolare quando la moneta era alla periferia dei rapporti sociali, al tempo progressivo, lineare come la scrittura, quando la moneta produce interessi nel tempo scandito dal cronometro. E segue le stesse sorti, fino alla smaterializzazione della scrittura e della moneta (Foucault).
Il denaro è così ciò che ci unisce ma è contemporaneamente ci divide. Per dirla con il giovane Marx:
“Se il denaro è il vincolo che mi unisce alla vita umana, che unisce a me la società, che mi collega con la natura e gli uomini, non è il denaro forse il vincolo di tutti i vincoli? Non può esso sciogliere e stringere ogni vincolo? E quindi non è forse anche il dissolvente universale? Esso è tanto la vera moneta spicciola quanto il vero cemento, la forza galvano-chimica della società”.
Oggi il denaro, il cuore del capitalismo, con la sua straordinaria proprietà di funge da vero e proprio cemento connettivo della comunità, e ne determina comportamenti e antropologie d'esistenza.
Marx ha dimostrato che lo sfruttamento del plusvalore da parte della classe capitalista non è il livello più profondo della società capitalista di mercato. Se vogliamo abolire questa società, si deve colpire più a monte, radice sociale di tale società: il cuore della sintesi sociale capitalistico. Il capitalismo non è solo un 'modo di produzione' o 'sistema' di dominazione diretta, è una forma di vita sociale dove per la prima volta nella storia, individui si relazionano gli agli altri (fanno 'Società') attraverso il lavoro: il denaro e i movimenti feticistici del valore che si valorizza (il capitale) è la forma di vita che noi costruiamo ogni giorno con il nostri miliardi di azioni di lavoro e consumo.
Ovvero, nella forma di vita sociale capitalistico, la dipendenza di ciascuno da un tempo di lavoro qualunque che viene mutuato dal denaro, è l'unico modo per ottenere i prodotti sia di sussistenza che voluttuari realizzati da altri capitalisti. La rappresentazione di questo rapporto sociale nel lavoro e nella sua realizzazione concreta: il denaro, che orchestra tutta la società.
In problema è grande e altrettanto grande deve essere l'impegno di chi vuole cambiare le cose.
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C'è bisogno di quindi pensare l'impensabile e realizzare l'improbabile: uscita dall'era dell'economia
Quale futuro per la moneta-denaro? A conclusione di quanto detto? Certo, in primo luogo, che il denaro è un argomento difficile, molto grande, che riguarda diversi ambiti.
Richiede approfondimenti, e ci sarebbero anche altri approfondimenti da fare. Come per esempio, approfondire tutti i tentativi fatti di abolire la moneta, non perché non sono riusciti? Dai tentativi dei rivoluzionari spagnoli durante la guerra civile a Pol Pot? Resta ancora da studiare e ragionare.
Tuttavia, già essere certi è che:
1) l'origine del denaro è sociale, non economico. La sua fonte non è il baratto, ma piuttosto nei pagamenti multipli unilaterali, e relativi a obblighi sociali, presenti nelle società primitive, ma dove il denaro non copriva la maggioranza degli obblighi sociali;
2) il denaro non può essere ridotta alla sua dimensione esclusivamente quantitativa:
a. comunque, quest'ultima, non esiste in sé, ma solamente e nella misura in cui, il consenso che la moneta ha nei rapporti e relazioni sociali tra gli individui, i contesti e le condizioni di applicazione, fanno si di attribuire alla moneta un potere liberatorio in uno spazio-tempo definito;
b. la sua forma concreta, la sua dote di contenere delle qualità possono o meno contribuire a limitare certi usi (la valuta dell'isola di Yap si presta, per esempio, meno possibilità di accaparramento del denaro nella forma scritturale moderna);
c. infine, si è visto, soprattutto nella discussione sull'opposizione "monete primitive" versus "monete moderne," che la moneta non è mai pienamente emancipato, avulsa dai suoi marcatori socio-culturali, delle economie del suo tempo (e questo vale anche nel caso di una moneta astratta e impersonale come la nostra, o delle monete virtuali come Bitcoin ecc.).
Molti credono che sia sufficiente cambiare moneta per cambiare il mondo. Euro/lira, ele numerose valute locali non sono, di per sé, alternative al capitalismo. Sono invece anche peggio! Il loro uso attuale non conduce, alla "autogestione" o al "socialismo-locale", anzi permette di perpetuare e approfondire, mitigare le relazioni sociali capitaliste. In breve, l'inferno è spesso lastricato di buone intenzioni.
“E sorge una domanda, se immaginiamo una società post-capitalistica, post-economica, una società senza “mercato", dovrebbe necessariamente basarsi sui trasferimenti “non esigibili” qualcosa come obblighi reciproci, liberamente scelti, tra i gruppi, o più persone, per offrire a ciascuno la sicurezza esistenziale, e la capacità di operare in modo allargato?
Oppure si fa uso dei trasferimenti del terzo tipo 'T3T'? Naturalmente, senza passare attraverso uno Stato e imposizioni per legge, ma piuttosto per permettere ai singoli di “sdebitarsi” dagli obblighi comuni”.
Interrogativi sull'uso sociale della moneta!
Il problema di quali forme di “dipendenza” si dovrebbero tenere nei rapporti sociali fuori dell'economia capitalista? Il rapporto tra la libertà del singolo e le libertà sociali come si conciliano?
Se ipotizziamo una società comunista, per la moneta-denaro, che è un oggetto feticcio per antonomasia, ci sarebbe ancora posto?
E' possibile avere forme di monete pratiche che non siano troppo feticisticamente incontrollabili?
Solo il rischio e la sperimentazione potrà dirlo, non ci sono pannicelli caldi da sfornare. E ancora, se postuliamo la permanenza del 'soggetto', dell'individuo isolato, in una società orientata al comunismo, come questo si emancipa dalla società, dagli obblighi sociali, da decisioni prese democraticamente? Del resto non è possibile immaginare una società consiste in una mera collezione di individui (soggetti) completamente svuotati dagli obblighi comunitari o sociali!
La moneta potrebbe risolvere questo, pagando, l'individuo si sdebita delle incombenza collettive?
E ' importante infatti, capire se l'emancipazione dell'individuo, è dalla società o nella società? Come si svolge l'emancipazione dalla società, e come?
E' necessario, collegare questi due tipi di emancipazione, quello degli individui e della società?
Se persiste, la persona come l'uomo lupo di Hobbes, bisogna sempre permettere alle persone di liberarsi da certi obblighi sociali, cioè da lasciare aperto il 'trasferimento', che permette di 'annullare' legami sociali, che possono apparire a volte come soffocanti. E contribuire in questo modo alla persistenza dell'individuo come soggetto autonomo (feticcio) un distaccato, se non conflittuale con la sua società (feticcio)?
E se pensiamo ad un trans-soggetto dentro una tras-società dove non esiste la contrapposizione?
Quale è il ruolo della moneta in questo percorso di emancipazione? Al posto dell'emancipazione del 'soggetto' ipertrofico, non è meglio cercare di regolare la 'moneta' e le sue forme in base alla società che si vuole? Perchè per determinare meglio la questione della moneta richiede anche aver risolto in anticipo, o almeno in concomitanza, il problema dell'individuo di rapporto della società e viceversa. Perché la moneta, in questo contesto, svolge un ruolo molto fondamentale.
Pensare ad esempio un nuovo istituto del tran-soggetto in un e un trans-sociale, ove queste corpi si ricompongono in una consapevolezza comune e univoca; della consapevolezza della interdipendenza di ciascuno con la comunità. Ossia a una società olistica? E quanto può essere grande questa trans-società per non diventare a sua volta alienante, e quante nidificazioni sociali sono accettabili?
Se ci saranno dei limiti, è indubbio che sembra opportuno esplorare altri modi di distacco dell'trans-individuo dalla tras-società (supposto che non diventino un tutt'uno) che non sia la moneta.
La questione è vasta …
Nella via al comunismo a cosa diamo valore? Qui, finalmente, entriamo nel territorio della politica: come possiamo arrivare a decisioni comuni su che cosa sia da considerarsi di valore? Diamo valore ai legami personali o all’anonimato? Alla comunità o all’individualità?
Esiste un modo per colmare il divario tra questi elementi apparentemente opposti o per risolvere le loro contraddizioni intrinseche, oppure rimarranno per sempre in conflitto?
A che cosa diamo valore in noi stessi e negli altri? A che cosa diamo valore nella natura, nel lavoro e nel tempo libero devono essere due cose distinti? E come possiamo inserire tali valori – sia economici che politici – nella forma-moneta stessa? In fin dei conti, sevogliamo creare una società radicalmente diversa, la questione del valore dovrà essere in qualche modo separata da quella della moneta. Il valore di scambio è una cosa; il valore d’uso, come affermò Marx, è un’altra!
Per non parlare dell’importanza culturale, estetica ed ecologica del valore di non-uso. È possibile organizzare la società sulla base dei valori d’uso e insieme del non-uso11, invece che sui valori d'uso o di scambio?
Che aspetto avrebbe tale società? Come possiamo arrivarci? Saremo in grado di fidarci delle altrui buone intenzioni e della nostra consapevolezza di uno scopo comune mentre ci azzuffiamo sulle possibili risposte?
Al momento, nessuno lo sa – ma almeno abbiamo finalmente cominciato a porre le domande giusteIn un mondo completamente monetizzato in cui gli esseri umani non contano più su niente, almeno questo deve contare qualcosa.
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NOTE
1 Pezzi ripresi da: “Sortir de l'economie”, n°4 2012
2 A. Testart "mezzo di scambio/mezzi di pagamento: monete in generale e più in particolare primitiva" (in francese ndr) nelle origini di denaro (a cura di A. Testart) Wanderings, 2001.
3 L'obbligo che si svolge pagando, può infatti essere sociale e non economico. Non dimenticate che paga deriva dal significato latino “pacare”, significa "placare" o "Calmare il nemico.". Non è detto che ci sia un “a priori” una connotazione commerciale.
4 La riserva frazionaria è la percentuale dei depositi bancari che per legge la banca è tenuta a detenere sotto forma di contanti o di patrimonio “facilmente liquidabile” (Per il 20% c.a). Ovvero la banca può prestare sondi (quindi genera moneta scritturale) che non ha! La banca è un “moltiplicatore finanziario”.
5 “La precondizione monetaria della produzione capitalistica di merci è l'anticipo di denaro (non-merce) nella forma di capitale monetario, necessaria perché possa essere attivata la produzione. La natura monetaria della teoria marxiana non può che uscire rinforzata, e non indebolita, da questa prospettiva ricostruttiva, che lungi dal danneggiare dà un più solido fondamento alla teoria del valore-lavoro intesa in primo luogo come teoria dell'origine del plusvalore, cioè come teoria dello sfruttamento.” Marx e la fondazione macro-monetaria della microeconomia Riccardo Bellofiore (un bel lavoro che si consiglia di leggere).
6 Per signoraggio viene comunemente inteso l'insieme della rendita derivanti dall'emissione di moneta. Per le banche centrali, il reddito da signoraggio può essere definito come il flusso di interessi generato dalle attività detenute in contropartita delle banconote (o, più generalmente, della base monetaria) in circolazione. Per l'Eurosistema, questo reddito è incluso nella definizione di “reddito monetario”, che, secondo l'articolo 32.1 dello statuto del Sistema europeo di banche centrali (SEBC) e della Banca centrale europea (BCE), è “Il reddito ottenuto dalle banche centrali nazionali nell'esercizio delle funzioni di politica monetaria del SEBC”.
7 Una piccola isola persa in un arcipelago di Micronesia in Oceania.
8 La moneta fiduciaria in epoca moderna fu una idea di John Law (1700), suggerì di sostituire l'oro come moneta con la terra con la moneta carta, una autorità, il re o il principe, garantiva l'esigibilità; fu applicato per la prima volta in Francia, al posto della terra, sulla compagnia delle indie francesi e fu una colossale truffa che lui stesso alla fine commentò: «finisce così il sistema della carta moneta che ha arricchito un migliaio di pezzenti e gettato sul lastrico centinaia di migliaia di uomini onesti»). Nel 1971 Gli Usa imposero la non convertibilità del dollaro in oro! Il modello Low su scala planetaria!
9 Anche se in molti c'è la sfiducia nella capacità dei debitori di ripagare i propri debiti, sfiducia nel reale valore dei bilanci delle istituzioni finanziarie, sfiducia nella volontà dei banchieri di mantenere i patti, sfiducia nelle intenzioni dello Stato di salvaguardare i nostri servizi pubblici, pensioni, risparmi, ecc.
10 Ripreso da : Andromeda N.71/1999 il denaro sterco del demonio
11 Il non-uso, è un tema molto interessante, pensiamo all'uso di un terreno da sfruttare, di una foresta, all'uso dell'energia, dell'acqua, all'aria, al paesaggio ecc. per farli diventare valore d'uso; serve antromorfizzare tutto e comunque?
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* artigiano della decrescita

sui rifugiati siriani

Sulla cosiddetta crisi dei rifugiati siriani

by maomao comune
L’improvvisa epidemia di rifugiati - che rovescia in Europa un dolore finora sopportato solo dai paesi confinanti con la Siria: Turchia, Libano e Giordania - ha collegato, nella percezione dell’opinione pubblica, l’esodo dei siriani con la violenza dello Stato islamico. Una percezione solo mediatica se si tiene conto che - secondo l’Unhcr - l’11 luglio 2014, prima dell' «invasione» di Iraq e Siria da parte dell’Isis, c’erano già 3 milioni di rifugiati siriani nella regione. Nell’ultimo anno se ne è aggiunto un milione mentre la decisione dei rifugiati di spostarsi in Europa si deve soprattutto alla diminuzione degli aiuti in favore degli stessi rifugiati (in Turchia, Libano e Giordania) da parte dell’Europa e degli Usa. Ora bisogna alleviare in qualunque modo le sofferenze del popolo siriano ma non dobbiamo dimenticare chi sono i responsabili di quelle sofferenze e della sconfitta della democrazia in Siria: in primo luogo il regime di Assad e quanti lo hanno sostenuto (Russia, Iran, Hezbollah) e poi quelli che l’hanno combattuto in maniera ipocrita, senza far realmente nulla o dirottando risorse economiche e armi verso quegli stessi jihadisti che oggi sono da bombardare (Arabia Saudita, Turchia, USA, UE)
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Foto 20 minutos
di Santiago Alba Rico
La cosiddetta «crisi dei rifugiati siriani» necessita di due distinti livelli di analisi. Il primo riguarda l’assistenza immediata ai fuggitivi; questo implica chiamare in causa i nostri governi, mettere in discussione le quote di accoglienza e procedere alla revisione delle politiche di asilo dell’UE. Ma fuori da questo dibattito, nato dall’emergenza, resta il «genocidio strutturale» alle nostre frontiere, resta l’ingannevole e pericolosa distinzione tra «migranti» e «rifugiati» e la difesa del diritto al movimento all’interno di un quadro globale in cui la «sovranità nazionale», nonchè il valore dei passaporti, sono vergognosamente disuguali. In questo ambito, siamo davanti a uno scontro chiaro tra i governi e partiti di destra da un lato e la sinistra, nel suo insieme, dall’altro.
Ma c’è un secondo livello che ha a che fare con la geopolitica e con la revisione delle alleanze in Medio Oriente. L’improvvisa e fulminante epidemia di rifugiati - che sembra voler rovesciare sull’Europa un dolore finora sopportato solo dai paesi confinanti con la Siria: Turchia, Libano e Giordania - ha collegato, nella percezione dell’opinione pubblica, l’esodo dei siriani con la violenza dello Stato islamico. Con questa erronea associazione si dimentica che -secondo l’UNHCR- l’11 luglio 2014, prima della «invasione» di Iraq e Siria da parte dell’ISIS, c’erano già 3 milioni di rifugiati siriani nella regione e che, se nell’ultimo anno questa cifra è aumentata di un milione di unità, la decisione dei rifugiati di spostarsi in Europa è da collegare principalmente alla diminuzione degli aiuti in favore degli stessi rifugiati (in Turchia, in Libano ed in Giordania) da parte dell’Europa e degli USA.
C’è anche da ricordare che, secondo diverse organizzazioni (l’Osservatorio siriano, Amnesty International o Human Rights Watch), il 90 per cento delle vittime civili del conflitto siriano negli ultimi quattro anni va imputato al criminale regime di Bachir AssadCirca 10.000 persone (tra cui 2.770 bambini) sarebbero morti a causa dei bombardamenti aerei con barili di dinamite solo nei primi sei mesi di quest’anno. Per converso, nel loro primo anno di vita gli assassini jihadisti avrebbero ucciso -dicono alcune fonti- tra i 1.100 ed i 1.900 civili, tra i quali oltre 100 (tra 100 e 150) bambini.
Campo profughi Zaatari in Giordania crédit photo: Cronacheinternazionali.com
Campo profughi Zaatari in Giordania crédit photo: Cronacheinternazionali.com
Nonostante questi dati, nella nostra opinione pubblica si è consolidata l’idea che il pericolo per i siriani - e per l’Europa - sia lo Stato islamico. E su questo, purtroppo, si trovano stranamente d’accordo tanto i governi che accolgono i rifugiati a denti stretti quanto l’estrema destra, nonchè un settore della sinistra «antimperialista» che appoggia i crimini di Bachir Assad.
Collusa con le organizzazioni ultranazionaliste e fasciste, questa «similsinistra stali-bana» si fa portavoce delle notizie trasmesse dall’agenzia d’informazione russa Sputnik e dallo stesso Bachir Assad, secondo cui migliaia di jihadisti con falsi passaporti starebbero entrando nell’UE, mescolati ai rifugiati, per compiere attentati contro gli europei. D’altro lato, come abbiamo già visto, questo intreccio tra minaccia jihadista e dolore dei rifugiati viene utilizzato dai governi europei per progettare nuovi interventi in Siria e promuovere (come ha esplicitamente dichiarato il ministro degli Esteri spagnolo Margallo) una riabilitazione del regime siriano: regime che le potenze occidentali non solo hanno rinunciato ad abbattere, ma che - dopo gli accordi tra USA e Iran - è diventato l’alleato privilegiato per qualunque soluzione politica. Si potrebbe pensare che è proprio grazie all’ISIS che Assad è diventato un interlocutore necessario; la mia opinione, invece, è che il nuovo ordine mediorientale trova nell’ISIS il pretesto perfetto per cedere davanti al protagonismo regionale dell’Iran, il maggior alleato del dittatore siriano.
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Per come ora stanno le cose, bisogna alleviare in qualunque modo le sofferenze del popolo siriano. Ma non dobbiamo mai dimenticare chi sono i responsabili di quelle sofferenze e della sconfitta della democrazia in Siria: in primo luogo, il regime di Assad e quanti lo hanno sostenuto (Russia, Iran, Hezbollah). Ma anche coloro che l’hanno combattuto in maniera ipocrita, senza fare realmente nulla o dirottando risorse economiche e armi verso quegli stessi jihadisti che oggi sono da bombardare (Arabia Saudita, Turchia, USA, UE).
Bisogna fare molta attenzione. Se l’esistenza dell’ISIS sembra giustificare la dittatura di Bachir Assad, una brutta soluzione per la Siria giustificherà le azioni dell’ISIS e aggraverà tutte le sofferenze: più dittatura, più bombardamenti, più rifugiati, più terrorismo.
E si ricomincia daccapo.
L’articolo in spagnolo è apparso il 15 settembre 2015 su Rebelión.org con il titolo: Dictadura siria, Estado Islámico y crisis de refugiados ed è poi stato tradotto in italiano da Giovanna Barile per Tunisia in Red della cui redazione Alba Rico è tra i fondatori

Toti e Mai si sono accorti che la Regione dovrà intervenire sulla caccia e nei boschi....dimissioni ed elezioni subito

Addio alla Polizia Provinciale, si va verso un corpo unico regionale

Si apre una possibilità per salvare le funzioni del corpo di vigilanza territoriale e ittico-venatoria. A discuterne oggi in palazzo Nervi a Savona l'Assemblea dei Sindaci

In seguito alla decisione drastica della Provincia di Savona di tagliare la Polizia Provinciale, ora si apre una possibilità per salvare le funzioni del corpo di vigilanza territoriale e ittico-venatoria. Infatti é emersa la possibilità di creare un corpo regionale che possa assorbire parte delle polizie provinciali liguri. A discuterne oggi sono stati gli amministratori in palazzo Nervi a Savona nel corso dell'Assemblea dei Sindaci.

"In seguito ad un incontro con l'assessore regionale Stefano Mai, si é presa in considerazione la possibilità di creare un unico corpo a livello regionale che svolga le stesse funzioni della Polizia Provinciale - ha affermato il presidente della Provincia di Savona, Monica Giuliano - É in corso la discussione di un percorso per assorbire parte delle polizie provinciali liguri per creare un unico organo per la caccia e la pesca. L'alternativa é creare un percorso con i Comuni".

A seguito dei tagli finanziari é stata tagliata la Polizia Provinciale il cui corpo é stato istituito nel 1993 per far fronte ai molteplici compiti di controllo istituzionali o delegati alle Province riorganizzando il servizio ittico venatorio. Da parte dei sindaci di Albisola Superiore Franco Orsi e di Celle Ligure Renato Zunino, é stata espressa la necessità di "utilizzare i dipendenti della Provincia, non solo quello del corpo di polizia, sul territorio".

La discussione é aperta, così come é in corso il percorso per la ricollocazione del personale della Provincia in esubero.
 Debora Geido

Margonara:una scelta illogica del Consiglio di Stato e la nostra strenua opposizione per la riqualificazione del litorale

Margonara, il Consiglio di Stato dà ragione a Giovanni Gambardella

Gambardella aveva già preannunciato la richiesta di risarcimento danni
Savona.  Il Consiglio di Stato ha dato ragione a Giovanni Gambardella sul caso della Margonara. La giustizia amministrativa ha scritto la parola fine ad un caso nato 16 anni fa dopo che la “Porticciolo di Savona-Albissola Marina s.r.l.” si era aggiudicata il bando pubblico dell’Autorità Portuale del giugno 1998 per l’elaborazione del progetto preliminare accogliendo il ricorso dell’imprenditore.
Il porto era stato bocciato quattro anni fa dalla Regione e Giovanni Gambardella, rappresentante legale della Porticciolo di Savona-Albissola Marina aveva promesso battaglia presentando ricorso al Tar che lo aveva poi respinto. Da qui la decisione dell’imprenditore di rivolgersi al Consiglio di Stato che ora ha depositato la sentenza contro la Regione, l’Autorità Portuale e gli enti locali (Provincia, Comune di Savona, Comune di Albissola).
Ora non mancheranno gli strascichi civili. Giovanni Gambardella aveva già preannunciato la richiesta di risarcimento danni per tutti gli anni di attese e progettazioni, si parla di quattro diversi progetti compreso quello dell’archistar Massimiliano Fuksas. L’imprenditore aveva addirittura parlato il danno erariale.
L’area, da diverso tempo, è in stato di semi abbandono sia per ciò che riguarda l’arenile, che viene comunque curato dai volontari che da anni si battono per salvare la spiaggia della Madonnetta, sia per la parte sull’Aurelia, come dimostra la zona completamente degradata dell’ex Lady Moon.
Gli enti locali sono fermi in attesa del pronunciamento della giustizia amministrativa ma i temi della cancellazione del porto della Margonara, con la relativa modifica al piano portuale, e il progetto preliminare di collegamento pedonale e ciclabile con Albisola Mare tanto attesa dai savonesi, potrebbero essere finalmente affrontati e forse, sbloccati.