martedì 30 settembre 2014

DI NUOVO CARBONE A VADO LIGURE

Clima teso dopo la delibera regionale sull’AIA per Tirreno Power: la Minervini convocata in Procura

Totem Tirreno Power operazione trasparenza
Savona. Una partita che, giorno dopo giorno, assume una rilevanza sempre maggiore e si gioca su più fronti. Che la questione Tirreno Power fosse una di quelle più “calde” della Provincia (e non solo) era evidente, ma gli ultimi sviluppi della vicenda lo confermano. E’ notizia di oggi infatti che il Procuratore Francantonio Granero, alla luce della delibera approvata venerdì scorso dalla Giunta regionale, abbia convocato d’urgenza per domani mattina la dottoressa Gabriella Minervini, direttore generale del Dipartimento Ambiente della Regione Liguria, a palazzo di giustizia.
La Minervini, convocata come persona informata sui fatti, sarà chiamata a confrontarsi con i magistrati circa i contenuti della delibera regionale. Un documento con il quale la Regione, di fatto, ha sposato il progetto proposto da Tirreno Power seppur ritoccando al ribasso i valori delle emissioni autorizzate. I contenuti della delibera saranno anche esaminati da uno dei consulenti della Procura, il dottor Paolo Scarselli, che ha ricevuto d’urgenza l’incarico di dare un parere tecnico ai pm. Domani sul tavolo del Procuratore ci sarà quindi anche una scheda tecnica sui contenuti della delibera che, probabilmente, servirà per focalizzare su quali punti chiedere eventuali chiarimenti.
Il fatto che il direttore generale del dipartimento ambiente della Regione sia stato chiamato in Procura a fornire chiarimenti su un atto amministrativo che, di fatto, non ha ancora prodotto alcun effetto la dice lunga sulla delicatezza della questione: l’intervento, in questa fase, dei magistrati non è certamente né casuale né di routine. La scelta della Procura, potrebbe essere interpretata come se al sesto piano di palazzo di giustizia ci fosse il sospetto che una simile delibera possa portare ad autorizzare la prosecuzione di un reato. Se la centrale di Vado è stata sequestrata infatti è perché, secondo l’ipotesi del Procuratore Granero e del sostituto Paolucci, sulla base dei risultati delle consulenze tecniche, l’attività dell’impianto di Tirreno Power è dannosa per la salute dei cittadini.
Sempre questa mattina dal giudice Fiorenza Giorgi è arrivata la decisione sull’istanza presentata lo scorso 22 settembre dall’azienda: la richiesta è stata accolta parzialmente. Il giudice ha infatti autorizzato Tirreno Power a procedere con lo svuotamento del serbatoio dall’olio pesante e contenente zolfo e alla successiva bonifica, ma ha detto no all’intervento di modifica delle tubazioni che avrebbe consentito di farlo funzionare con un tipo di olio combustibile diverso. Su questo aspetto il gip è stato chiaro e tassativo: avendo bocciato la proposta dell’azienda di usare questo materiale per l’avviamento dei gruppi VL3 e VL4 non ha autorizzato nemmeno il lavoro in questione.
Nel suo dispositivo il giudice ha anche ricordato che, come scritto anche dal gruppo istruttore della commissione ministeriale che sta lavorando sul rinnovo dell’AIA lo scorso 18 settembre, la modalità per avviare i gruppi a carbone andrebbe fatta a metano e non con olio combustibile. Infine non manca da parte del gip una considerazione che “condanna” duramente il comportamento di Tirreno Power: “l’istanza è l’ennesimo tentativo di dribblare le prescrizioni e porre i contradditori davanti al fatto compiuto seguendo una linea di condotta che, fino al decreto di sequestro, si era rivelata vincente”.
Adesso non resta che attendere se, alla luce della convocazione della dottoressa Minervini in Procura, i comuni di Vado e Quiliano e la provincia daranno un parere favorevole sul rilascio della nuova AIA emettendo una delibera “fotocopia” rispetto alla Regione o se, a sorpresa, ci saranno delle improvvise frenate sulle deliberazioni.

UN CRIMINE DA FERMARE

Cinghiale abbattuto a Spotorno. L’Enpa: “Un crimine”. Vaccarezza: “Verificheremo eventuali responsabilità”

cinghiale abbattuto a spotorno
Spotorno. E’ polemica aperta sull’episodio avvenuto a Spotorno con un cinghiale che si aggirava tra i palazzi abbattuto da un agente della polizia provinciale. Gli animalisti condannano l’episodio, sul quale è intervenuto anche il presidente della Provincia di Savona Angelo Vaccarezza: “”La polizia provinciale ha effettuato una battuta al cinghiale nella zona di Spotorno. La presenza della squadra era giustificata dalle numerose segnalazioni di alcuni agricoltori e proprietari di terreni della zona che, fino a pochissimi giorni fa, lamentavano, attraverso segnalazioni ufficiali, ingenti danni causati dagli ungulati”.
“Il ruolo della Polizia provinciale è fondamentale per prevenire i casi di pericolo: a causa della massiccia presenza di ungulati in prossimità dei centri abitati, riceviamo infatti centinaia di richieste di intervento, richieste alle quali rispondiamo prontamente. Nello specifico caso, sono convinto che gli agenti abbiano svolto il loro compito in completa sicurezza, agendo nel modo meno disagevole possibile per i residenti. Tuttavia sarà mia cura provvedere all’accertamento di eventuali responsabilità e se del caso, prendere i provvedimenti necessari”.
Ma l’Enpa non ci sta e attacca quanto accaduto a Spotorno, proprio quando domani scatterà la stagione della caccia al cinghiale nel savonese: “l’esemplare femmina uccisa era circondata dai suoi cuccioli terrorizzati che le si sono stretti attorno mentre agonizzava. Decine di persone spaventate sono scese in strada per capire cosa stesse succedendo e, alla vista dell’animale rantolante che dava gli ultimi segni di vita, hanno protestato indignate, mentre i bambini presenti piangevano increduli” afferma l’associazione animalista.
“Sono sempre più frequenti gli abbattimenti di cinghiali vicini alla città, effettuati da squadre di cacciatori coordinati dalla Polizia Provinciale, sollecitati da qualche pensionato che ha avuto l’orto danneggiato o da cittadini che non tollerano la vista di questi animali che cercano solo cibo e se non disturbati se ne ritornano poi nei boschi”.
“Il crudo episodio di Spotorno ha provocato l’ira della stragrande maggioranza dei cittadini e del Comune; la famigliola era ormai una presenza costante nel torrente, le cui alte sponde tenevano separati animali e persone. Eppure la stessa legge sulla caccia prescrive che, prima di usare le armi, è obbligo intraprendere “metodi ecologici” per risolvere criticità create da specie selvatiche, come ad esempio sospingere gli animali sulle alture con l’uso di robusti cani da caccia”.
“La Protezione Animali savonese chiederà nuovamente alla Provincia di stabilire procedure precise per casi del genere, che limitino l’uso di armi dopo l’adozione di sistemi ecologici e solo in presenza di effettivo pericolo per la pubblica incolumità. Intanto da ieri notte cinque cuccioli di cinghiale sono alle prese con un futuro davvero incerto, come sta accadendo in Trentino per i due figli dell’orsa Daniza” conclude l’Enpa.

VADO LIGURE ANCORA CARBONE SENZA GARANZIE

ARTICOLO N° 274062 DEL 30/09/2014 - 18:47

Tirreno Power: Comuni e Provincia compatti con la Regione, verso il sì per la delibera su nuova AIA

Tirreno Power operazione trasparenza
Vado/Quiliano. Si attende ormai solo l’ok da parte del Comune di Vado, con la giunta che dovrebbe approvare la delibera dopo il Consiglio comunale in corso, dal Comune di Quiliano è arrivata l’approvazione del documento, e anche dalla Provincia dovrebbe arrivare il via libera definitivo. Insomma, nonostante il clima teso sulla vicenda Tirreno Power, gli enti savonesi si allineano compatti alla delibera approvata dalla Regione Liguria.
E domani è atteso l’incontro a Roma sul rilascio dell’Autorizzazione integrata Ambientale per la centrale di Vado Ligure, nel quale saranno definiti gli ultimi aspetti tecnici, in particolare sui nuovi limiti emissivi imposti per il sito vadese.
Insomma, quanto deciso dalla Regione è stato ratificato anche da comuni e provincia: territorio ed enti locali uniti per convincere il Ministero alla concessione della nuova AIA. Secondo quanto appreso un ultimo definitivo incontro a Roma si terrà il prossimo 18 ottobre quando dovrebbe essere sancito l’ok finale per l’AIA.
Per le due fasi individuate dall’azienda, la prima della durata di circa 18 mesi per i lavori necessari all’adeguamento degli impianti e la seconda quella della piena operatività dei gruppi ammodernati, sono stati confermati i livelli emissivi previsti dalla Regione, che per i Comuni di Vado e Quiliano hanno senz’altro elementi restrittivi, imponendo all’azienda tutti gli interventi di ambientalizzazione.

REINTERRARE IL PATRIMONIO ARCHEOLOGICO PER FARNE UN PARCHEGGIO

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Patrimonio archeologico: anche in via Giulia a Roma si rinterra, per costruire

Il rinterro è necessario per proteggerli, qualsiasi cosa si realizzerà qui sopra. E vanno protetti anche durante la costruzione delle palificazioni che in un secondo tempo potranno reggere il soffitto del museo o qualsiasi altra cosa si voglia fare sopra. Così è scritto nel parere della sovrintendenza archeologica: questa sistemazione è comunque necessaria”. Così dicevano alla Cam, l’impresa di costruzioni che sta realizzando il parcheggio tra via Giulia e piazza della Moretta. Erano gli ultimi giorni dello scorso maggio. Poi, a luglio, la delibera di Giunta con la quale viene recepito il nuovo progetto, che prevede un dimezzamento dei volumi da realizzare, con una riduzione alla sola parte interrata.
Insomma alla fine di un lungo iter il parcheggio si farà. Ma non sarà completamente interrato e, soprattutto, non ci sarà spazio per le testimonianze archeologiche individuate dalle indagini preliminari, iniziate nel 2009 e terminate nel 2013. La strada lastricata, il complesso termale el’impianto monumentale di età augustea, identificato come uno degli stabula, le scuderie delle factiones degli Aurighi che correvano nel Circo Massimo, sostanzialmente ininfluenti. Nonostante le premesse. “Scoperta importantissima sotto diversi punti di vista,…per la possibilità di conoscere la concezione architettonica, funzionale e spaziale delle scuderie antiche, finora testimoniate solo da alcuni esempi nei campi militari o da rare immagini nei mosaici”, dichiaravano nel febbraio del 2013 dalla Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma. Eppure senza l’intervento dell’allora ministro ai Beni Culturali Ornaghi le nuove costruzioni previste dal progetto iniziale invaderebbero già l’area. Avendo ricevuto anche i pareri favorevoli della Soprintendenza archeologica e di quella architettonica. Pericolo scampato.
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Almeno fino alla fine dello scorso maggio. Quando l’organismo di tutela decide che si debba rinterrare tutto. Mancano i soldi per la musealizzazione dell’area, che dopo la scoperta avrebbe dovuto assicurare la Cam. Così il parcheggio si farà, quella “scoperta importantissima” già sigillata sotto cumuli di pozzolana. Poco importa se quei resti avrebbero potuto essere l’occasione per riprogettare un vuoto urbano che si trascina da decenni. Per identificare un luogo neutro con un pezzo dellaforma urbis antica. Inutile finora anche una lettera-appello scritta da urbanisti, archeologi, storici dell’arte e tanti cittadini al ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini perché intervenga per salvare l’area. Il Rinascimento, che a via Giulia è testimoniato da opere di ogni tipo di autentiche star dell’architettura e della pittura, e l’archeologia romana messi in un angolo. Insieme. Per un’opera definita “fondamentale per la mobilità e il decoro del centro storico”, quando venne varata dal Campidoglio nel febbraio 2008. Un’opera che, nonostante il processo partecipativo che dovrebbe fornire le indicazioni per la sistemazione della superficie superiore, corre il serio rischio di umiliare l’area.
Una vicenda quella di via Giulia tutt’altro che isolata, in ambito romano. Stessa sorte degli stabula hanno avuto i resti della villa, della necropoli e della via basolata individuati nel corso delle indagini preliminari, tra il 2009 e il 2011, lungo via di Grottaperfetta, nella zona sud della città. Seppelliti anch’essi in attesa di una nuovo complesso edilizio I-60. Oltre 400mila metri cubi di cemento. Caso analogo, alcuni mesi fa, per la villa romana e le sepolture sotto l’ex deposito Atac di via della Lega Lombarda, nell’area della costruenda città del Sole, a 500 metri dalla nuova Stazione Tiburtina. “E’ importante valorizzare, conservare, ma anche saper conciliare le esigenze dei cittadini e di chi costruisce”, affermava Paola Filippini, responsabile per conto della Soprintendenza archeologica di Roma, dello scavo. Probabilmente, almeno in questa circostanza valorizzazione e conservazione non sembrano essere state prioritarie.
Insomma si ricopre, per motivi differenti. Ma lo si fa. Modalità contemplata e anche per questo ampiamente praticata, in considerazione delle asfittiche risorse a disposizione del Mibact. “Se non si hanno fondi sufficienti per altre opere di tutela la metodologia del rinterro è prevista”, ha sostenuto recentemente il Direttore generale del Mibact per il Lazio Federica Galloni, a proposito di piazza della Moretta. Ma a suscitare perplessità è altro. Sono le tempistiche finora utilizzate e la contrapposizione tra le dichiarazioni, in occasione di molti rinvenimenti, inneggianti alla straordinarietà della scoperta e poi il parere finale. Una sostanziale retromarcia. Con l’autorizzazione a costruire e i resti di nuovo ricoperti. Per provvedere a tutelarli, si afferma. In previsione di una futura sistemazione. Anche se non di rado la stato provvisorio diviene definitivo e la conservazione è solo parziale. Insomma il rinterro diviene la risposta più semplice, all’impossibilità di trovare altre soluzioni. Senza contare che frequentemente il ricorso a questa opzione avviene dopo molto tempo. Quando cioè abbandono e degrado hanno già “segnato” il monumento e l’area archeologica. Proprio come accaduto alla necropoli tra via Cristoforo Colombo e via Padre Semeria. Scoperta nella primavera del 2006 dalla Soprintendenza archeologica di Roma, nel corso delle indagini preliminari alla realizzazione di un nuovo edificio per Poste telegrafonici. Ricoperta di terra nel febbraio scorso su decisione della Soprintendenza archeologica.
Via Giulia, via di Grottaperfetta, via della Lega Lombarda e via Padre Semeria, casi che avrebbero potuto avere esiti diversi se i differenti committenti delle opere da realizzare si fossero dovuti confrontare con vincoli diretti apposti dalla Soprintendenza archeologica. La storia di quelle tre parti di città avrebbe avuto uno sviluppo diverso. Nel quale l’archeologia non sarebbe stata come di consueto cannibalizzata dall’urbanistica. Ma forse l’avrebbe resa parte di un progetto più ampio. Perché quei resti hanno un valore ben superiore a quello di “semplici” testimonianze archeologiche Per questo appare scriteriato rinterrare nuovi potenziali luoghi di identificazione. Privare la città di polarità vitali. La rigenerazione urbana non può prescindere dalla reale inclusione del suopatrimonio archeologico