Deve essere l’etica a guidare i nostri acquisti e non la geografia
A Palazzo Spada a Roma esiste un gioiello artistico poco noto, la falsa prospettiva del Borromini. Se ci si colloca ad una certa distanza, si ammira un lungo maestoso corridoio con archi e colonne in perfetto stile rinascimentale. Avvicinandosi, il lungo corridoio si riduce, rivela la sua dimensione: un angusto spazio di pochi metri quadrati. Il virtuosismo borrominiano mi viene in mente a proposito del famoso-famigerato chilometro zero, il claim di successo riferito a una modalità di consumo che privilegia i prodotti nati nelle immediate vicinanze di chi li acquista. Praticamente sull’uscio di casa. Da qualche anno sono cresciuti a dismisura i bar, i ristoranti, gli esercizi commerciali, comprese parecchie insegne della grande distribuzione, che ostentano con orgoglio lo slogan; e naturalmente crescono i consumatori che cercano esattamente quei prodotti. Tutto bene dunque? Non è forse quello che andiamo predicando da anni, privilegiare i consumi locali, accorciare le filiere e retribuire meglio agricoltori e artigiani?
Qui scatta la falsa prospettiva: quella che appare una strada maestra è in realtà un viottolo irto di ostacoli. Comprare sull’uscio di casa vuol dire bandire tutto ciò che arriva da fuori della cinta daziaria? Vuol dire privarsi del caffè, del cioccolato, delle banane, dello zucchero di canna? Vuol dire non mangiare, al Nord, arance e mandarini? Vuol dire che nelle regioni senza mare non si può avere pesce? Certo che no. Allora perché continuare a usare una definizione fuorviante, illusoria? Diciamolo chiaramente una volta per tutte: il chilometro zero non esiste. E non esiste perché il mercato non può reggersi sul localismo esasperato e sull’autarchia assoluta. Viviamo una società mercantile, ci piaccia o meno. Vale invece concepire uno stile di vita che privilegi il più possibile i prodotti di territorio, vale cioè come stimolo etico. Deve essere l’etica a guidare i nostri acquisti e non la geografia. O per lo meno, non solo la geografia.
Piero Sardo
p.sardo@slowfood.it
p.sardo@slowfood.it
Nessun commento:
Posta un commento