Deve essere l’etica a guidare i nostri acquisti e non la geografia
Qui scatta la falsa prospettiva: quella che appare una strada maestra è in realtà un viottolo irto di ostacoli. Comprare sull’uscio di casa vuol dire bandire tutto ciò che arriva da fuori della cinta daziaria? Vuol dire privarsi del caffè, del cioccolato, delle banane, dello zucchero di canna? Vuol dire non mangiare, al Nord, arance e mandarini? Vuol dire che nelle regioni senza mare non si può avere pesce? Certo che no. Allora perché continuare a usare una definizione fuorviante, illusoria? Diciamolo chiaramente una volta per tutte: il chilometro zero non esiste. E non esiste perché il mercato non può reggersi sul localismo esasperato e sull’autarchia assoluta. Viviamo una società mercantile, ci piaccia o meno. Vale invece concepire uno stile di vita che privilegi il più possibile i prodotti di territorio, vale cioè come stimolo etico. Deve essere l’etica a guidare i nostri acquisti e non la geografia. O per lo meno, non solo la geografia.
Piero Sardo
p.sardo@slowfood.it
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