Il paese rossoby benicomuni |
La storia millenaria dell’Eritrea è in mostra a Roma, in questi giorni, al museo Pigorini. L’esposizione, intitolata “Eritrea – Il paese rosso”, è concepita come un racconto polifonico di un paese interculturale che, affacciato sul Mar Rosso, ha avuto contatti e scambi col mondo intero, ma è anche un viaggio nel nostro passato
di Anna Bruno
"Nel mezzo del cammin di nostra vita… " esordiva Dante accingendosi ad entrare in quel fatidico viaggio onirico, dove il tempo non più scandito, prese il nome di eternità e lo spazio divenne percorso a tappe, per la liberazione e l’apprendimento. Un viaggio metafora di vita, che da particolare volle aprirsi all’universalità, col materiale come suo punto di partenza e lo spirituale come traguardo di bellezza infinita!
Tuttavia, come un tam tam, risuona alle mie orecchie la domanda di chi mi legge: cosa c’entra Dante con l’Eritrea? Eppure, entrando nel Museo Nazionale Preistorico e Etnografico di Roma, “Luigi Pigorini”, la mia penna pare essersi sorpresa all’interno di un viaggio, che da questa sua terra italica l’ha fatta approdare, ancora, ahimé, imbevuta della sua cultura, in una terra bagnata dal Mar Rosso, quella mitica e perciò misteriosa Terra dei Punt, di cui già parlavano gli antichi greci e i latini, menzionata persino nella Sacra Bibbia, e che la colonizzazione italiana di fine ‘800, inizi ‘900, in Corno d’Africa, volle battezzare con il nome di Eritrea, dal greco erythros, che significa rosso. E non vi è approdata grazie ad una odierna nave turistica da crociera, quanto piuttosto su una barca a vela, adibita per il trasporto delle merci e di quanti si dedicavano alla pesca e alla raccolta di perle preziose, protagonista indiscussa di molte leggende orientali e di storie di pirateria: il famoso sambuco! Una vera e propria opera d’arte, emblema del viaggio per eccellenza, decorata di simboli millenari, uno fra tutti, l’occhio dell’ oltre e dell’interiorità! Quella stessa imbarcazione con cui il celebre marinaio Sindbad de il Milione di Marco Polo, si spinse fino alle coste cinesi.
Il titolo “L’Eritrea, il paese rosso…” troneggia in alto e introduce e invita alla mostra, che, inaugurata il 25 settembre scorso, si protrarrà fino al 26 novembre prossimo. La mostra nasce, raccontano gli organizzatori, all’interno del progetto “Esplorazione e Scienza”, finanziato dal ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (L. 6/2000), nell’ambito di un partenariato scientifico fra la Società Geografica Italiana e il Museo Nazionale Preistorico Etnografico Luigi Pigorini, con l’intento di valorizzare e promuovere l’interesse per le esplorazioni geografiche e scientifiche italiane nel territorio eritreo, attraverso diverse attività divulgative e didattiche.
Pungolata dal racconto degli organizzatori, dunque, la mia penna, è discesa e si è posata di volta in volta, sull’ordinato caos di fotografie, didascalie, reperti, libri e frammenti di diari, sui disegni e sui dipinti: un vero e proprio diario plurale di viaggi e campagne di scavo, a partire dalla fine dell’800 ai giorni nostri.
E devo dire, si è persa la mia penna, in balia dei dipinti di artisti italiani di fine ‘800 inizi ‘900, come Giuseppe Rondini, siciliano e che pur non avendo mai visitato queste colonie italiane, dipingeva e incideva di questa civiltà per francobolli, tenendo conto dei racconti dei viaggiatori di ritorno da questi luoghi; o Augusto Valli, pittore realista, influenzato dai suoi stessi viaggi al seguito degli esploratori italiani dell’Africa orientale fin dal 1890; o ancora il post-macchiaiolo Laurenzio Laurenzi, il cui pennello ha reso quei paesaggi assai ospitali. Racconti e descrizioni dipinte che si fanno insieme documento storico di una terra geograficamente contrastante con la sua zona costiera estesa e arida, gli altopiani degradanti fino a giungere alla costa con clima umido e torrido, e la sua area interna con clima mite, folta vegetazione e terreno coltivabile, rivestita di altopiani e piacevoli colline e pianure nel confine meridionale. E si diverte ancora la mia penna tra le fotografie dei dipinti di Alfonso Maria Tancredi e i suoi paesaggi di arbusti, al cui centro campeggiano regali i giganteschi sicomori, a cui sembrano fare da contraltare, in altri dipinti, i “mostruosi” e simbolici baobab.
Dipinti e fotografie tuttavia non raccontano solo di paesaggi naturali! Sorprendenti sono anche le storiche architetture di città come Massaua e il suo palazzo bianco, sede del governatore, in posizione dominante rispetto alle innumerevoli baracche e costruzioni semplici, realizzate con materiali terrosi e vegetali. E non finisce qui… Si intuisce e si apprende della vita quotidiana e politica nel Paese rosso e insieme se ne colgono i simboli attraverso la redazione di oggetti specifici, degli usi e dei costumi. Si apprende delle spedizioni italiane dell’epoca e della loro voglia di indagare sempre con l’occhio della superiorità rispetto a queste civiltà altre, ritenute all’epoca primitive e non troppo civili. Basti pensare alle pose seriali, frontali o di profilo, fatte prendere quasi sempre contro un muro e in cui si dava risalto alle mani o agli aspetti fisiognomici diversamente sviluppati rispetto a quelli della civiltà europea.
E per finire, in continuità e quasi a confronto con il passato, foto, didascalie e grafici documentano i viaggi più recenti, i cui risultati di campagne di scavo hanno aiutato a colmare un vuoto, a ricostruire tasselli importanti nell’evoluzione umana. “Un viaggio alla ricerca delle nostre origini”, recita il titolo di questa sezione della mostra. In realtà una serie di viaggi che, in Dancalia eritrea, nel 1995 hanno permesso di portare alla luce la cosiddetta Signora di Buia, un fossile di cranio, transizione tra Homo ergaster e Homo sapiens e che ha fornito elementi rilevanti per la comprensione della nostra evoluzione.
Una mostra che costringe al viaggio dunque, che conduce alla perdita di quel sé “tutto italiano”, tra dedali di ricerche e conoscenze passate e recenti, visioni corrette ma spesso anche errate, perché chiuse all’interno del proprio pensarsi superiori, fino al ritrovamento di un ulteriore tassello per la ricostruzione del grande puzzle della storia umana: un mistero ancora tutto da svelare… E la ricerca continua, pure oggi, svolta dagli animi di archeologi e paleontologi, geologi e zoologi in concerto, “personaggi” per cui il tempo sembra essersi fermato all’epoca romantica, dove dedizione e passione erano e sono di casa, dove la mente ancora riesce a non tralasciare il cuore e il sentimento!..e allora gioia e gratificazione arrivano dopo fatica, impegno e sofferenza.
Una mostra documentaria, decisamente sentimentale e romantica... Sicuramente da non perdere…
Nessun commento:
Posta un commento