lunedì 27 ottobre 2014

UN IMPORTANTE NOBEL PER L'ECONOMIA

Il premio Nobel a Jean Tirole
di Salvatore Piccolo
27 ottobre 2014
Il premio Nobel assegnato a Tirole fornisce un nuovo stimolo all’economia industriale e induce gli addetti ai lavori a riflettere sulle nuove sfide per la teoria della regolamentazione. Il premio Nobel per l’Economia è stato assegnato quest’anno a Jean Tirole (Toulouse School of Economics). L’Accademia svedese ha motivato la decisione alla luce dei contributi che Tirole ha offerto alla teoria della concorrenza imperfetta e, in particolare, alla teoria della regolamentazione (per la quale è doveroso ricordare anche il fondamentale contributo di Jean-Jacques Laffont, mancato prematuramente). 
 
Le fondamenta della moderna teoria dell’organizzazione industriale si basano sull’approccio strategico ai mercati e sulla teoria dei giochi non-cooperativi, cui Tirole ha contribuito costantemente e profondamente nel corso della sua brillante carriera. Tra i molteplici pregi dei suoi lavori credo sia necessario enfatizzare in primo luogo la capacità di offrire contributi generali per la comprensione delle cause e degli effetti dei fallimenti del mercato, pur ispirandosi sempre a casi molto concreti e di ampio interesse pratico. In secondo luogo, quello che colpisce della produzione scientifica di Tirole è la capacità di offrire ricette di policy estremamente semplici, a dispetto dalla complessità dei fenomeni in esame. L’obiettivo tipico che egli pone ai suoi contributi è, infatti, l’identificazione non solo delle strategie più efficaci d’intervento dello stato nell’economia reale ma, al tempo stesso, anche di quelle più comprensibili agli addetti ai lavori, e quindi semplici da applicare. L’intreccio complesso tra potere di mercato e la naturale asimmetria informativa che permea il rapporto tra regolatori e regolati, rende il raggiungimento di tale scopo un compito piuttosto arduo.

Infatti, il rischio di fare ricerca in questo campo è di produrre risultati di scarso rilievo pubblico, ossia a impatto pressoché nullo sulla realtà. Sorprendentemente, in ogni articolo firmato Jean Tirole, tale rischio è assente! Non a caso, oltre agli indubbi meriti scientifici, egli rappresenta un faro per i giovani ricercatori che rischiano spesso di indirizzare la propria ricerca su temi con scarso interesse pubblico. In un certo senso, quindi, il premio Nobel di quest’anno premia anche le generazioni di ricercatori che, nel solco tracciato dal progetto di ricerca di Tirole, hanno contribuito a meglio comprendere il ruolo delle autorità pubbliche, i limiti di tali istituzioni e le strategie di correzione delle distorsioni di mercato. L’importanza degli sforzi fatti negli ultimi decenni dalla teoria economica della regolamentazione, a mio avviso, si estende ben oltre il piano normativo, e permea anche quell’area di ricerca al confine tra economia e scienze dell’amministrazione, il cui scopo è il disegno ottimale dell’allocazione dei poteri e delle responsabilità all’interno delle organizzazioni. Questo è l’aspetto che di più ammiro nello stile di ricerca che Tirole propone ai suoi lettori.

Tuttavia, volendo mettere in prospettiva il Nobel e le sue motivazioni, mi sembra abbastanza naturale chiedersi quali siano le nuove sfide per la teoria della regolamentazione. What’s next? L’attuale stato dell’economia europea rende necessaria, dal mio punto di vista, una profonda riflessione sul rapporto tra economia industriale, politiche della concorrenza e globalizzazione. La caratterizzazione di politiche di correzione dei meccanismi di fallimento del mercato non può oggi prescindere da un’attenta valutazione dei vincoli dettati dalla concorrenza internazionale, dalla globalizzazione e dalla presenza di organismi sovranazionali, il cui comportamento può interferire con quello delle singole autorità antitrust e di regolamentazione nazionali. Politiche di tassazione eccessivamente onerose, associate a un eccesso di regolamentazione e a politiche antitrust troppo vincolanti, potrebbero, ad esempio, stimolare fenomeni di delocalizzazione industriale verso paesi con regimi fiscali più generosi e regolamentazioni più leggere, pena una perdita di competitività con effetti di welfare negativi e potenzialmente di lungo periodo. Come si disegna una politica industriale in un contesto in cui la concorrenza internazionale non avviene solo a valle tra i regolati, ma anche a monte tra i regolatori? Esistono davvero dei vantaggi dall’omogeneizzazione delle politiche industriali tra paesi appartenenti a una stessa area economica? Quali sono i costi legati all’accentramento dei poteri? Quali sono i fattori che fanno propendere per una o l’altra forma organizzativa dell’intervento pubblico nell’economia?

Sono certo che nei prossimi anni la ricerca scientifica darà risposte concrete a queste domande!

“Wir mussen wissen, wir werden wissen”  (David Hilbert) 

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