23 maggio, l’Italia ricorda Giovanni Falcone. E Palermo ci prova anche con l’arte pubblica. Prendendo due brutte cantonate. Opere abusive? Macché…
Salvatore Gottuso, 17 e cinquantotto, 2015
ANTIMAFIA E ARTE “ENGAGÉ”
Palermo e il brutto dell’antimafia. E non c’entrano, stavolta, considerazioni politiche in chiave sciasciana, tra ambigui “professionisti” del settore. Qui parliamo d’arte e impegno civile. E di comunicazione. Perché per quanto sacrosanta possa essere una causa, niente – tantomeno un tema sociale – giustifica un’opera brutta, scadente, fuori luogo. La delicatezza è d’obbligo, quanto la qualità.
Trascorso questo 23 maggio in mezzo ai consueti slogan, alle cerimonie, le citazioni e i ricordi commossi, resta l’eco di quell’esplosione sulla Palermo-Capaci, rinnovata ogni anno. E poi restano, nel mucchio, certe iniziative mediocri, inspiegabilmente promosse e autorizzate.
Palermo e il brutto dell’antimafia. E non c’entrano, stavolta, considerazioni politiche in chiave sciasciana, tra ambigui “professionisti” del settore. Qui parliamo d’arte e impegno civile. E di comunicazione. Perché per quanto sacrosanta possa essere una causa, niente – tantomeno un tema sociale – giustifica un’opera brutta, scadente, fuori luogo. La delicatezza è d’obbligo, quanto la qualità.
Trascorso questo 23 maggio in mezzo ai consueti slogan, alle cerimonie, le citazioni e i ricordi commossi, resta l’eco di quell’esplosione sulla Palermo-Capaci, rinnovata ogni anno. E poi restano, nel mucchio, certe iniziative mediocri, inspiegabilmente promosse e autorizzate.
Giovanni Falcone
UN RICORDO SPLATTER PER GIOVANNI FALCONE E LA STRAGE DEL ‘93
Tra il 22 e il 24 maggio, mentre tutta l’Italia ricordava Giovanni Falcone, il giovane “maestro scultore” – così ufficialmente definito – Salvatore Gottuso piazzava la sua installazione dal titolo 17 e cinquantotto a Palermo, sulla centralissima via Cavour, a due passi dal Teatro Massimo. Un perimetro di macerie, con un manichino-salma coperto da un lenzuolo e i resti della deflagrazione intorno. Inclusi brandelli di corpo, macchie di sangue e porzioni di lamiera. In poche parole: la gratuità dell’orrore, il cattivo gusto, la voglia – dichiarata – di “aggradire” emotivamente il passante. Nessuno spostamento concettuale, nessuna finezza intellettuale, trasposizione simbolica o seduzione narrativa. Semplicemente una brutta copia di un evento criminale, scimmiottato con attitudine splatter. La domanda è: ma perché? E soprattutto, com’è possibile siano stati concessi i permessi, con tanto di partecipazione all’opening di alcuni consiglieri comunali? Agghiacciante, tour court.
Tra il 22 e il 24 maggio, mentre tutta l’Italia ricordava Giovanni Falcone, il giovane “maestro scultore” – così ufficialmente definito – Salvatore Gottuso piazzava la sua installazione dal titolo 17 e cinquantotto a Palermo, sulla centralissima via Cavour, a due passi dal Teatro Massimo. Un perimetro di macerie, con un manichino-salma coperto da un lenzuolo e i resti della deflagrazione intorno. Inclusi brandelli di corpo, macchie di sangue e porzioni di lamiera. In poche parole: la gratuità dell’orrore, il cattivo gusto, la voglia – dichiarata – di “aggradire” emotivamente il passante. Nessuno spostamento concettuale, nessuna finezza intellettuale, trasposizione simbolica o seduzione narrativa. Semplicemente una brutta copia di un evento criminale, scimmiottato con attitudine splatter. La domanda è: ma perché? E soprattutto, com’è possibile siano stati concessi i permessi, con tanto di partecipazione all’opening di alcuni consiglieri comunali? Agghiacciante, tour court.
Marisa Polizzi, murale per la scuola Ninni Cassarà, Palermo
IL MURALES IN MEMORIA DI NINNI CASSARÀ
Meno grave, ma altrettanto evitabile, l’episodio che ha riguardato il liceo linguistico palermitano Ninni Cassarà, dove in questi giorni è spuntato un murale dedicato al commissario di polizia, vittima di mafia trent’anni fa. L’autrice, che ha tradotto in pittura alcune suggestioni elaborate dagli studenti, si chiama , ex studentessa dell’Accademia di Belle Arti. Di murales progettati nelle scuole se ne vedono sempre più spesso; ed è, in generale, una pratica intelligente, fortemente educativa. Nei casi migliori, almeno. Laddove esiste un percorso didattico adeguato, ma soprattutto il talento di un artista, la sua testimonianza esemplare e la bellezza del suo lavoro. In questo caso, invece, l’istituto palermitano si ritrova in dono un wall painting dal sapore amatoriale, tecnicamente e iconograficamente debolissimo. Inaugurato anch’esso il 23 maggio, il muro nasce nell’ambito del progetto S.O. S. Scuola lanciato da L’Alveare Cinema, in collaborazione – addirittura – con il Ministero dell’Istruzione: a proposito di garanzie istituzionali.
In definitiva, che bisogno c’è di tanti murales, di tanta arte urbana, di tante installazioni a cielo aperto, quando la qualità manca? La retorica del bene comune e dello spazio pubblico si lascia dietro, sovente, un’insopportabile scia d’approssimazione. Dimenticando che se l’arte è sempre eccellenza, quella engagé viaggia su un crinale difficile. Il populismo è un’altra storia. Il dilettantismo anche.
Meno grave, ma altrettanto evitabile, l’episodio che ha riguardato il liceo linguistico palermitano Ninni Cassarà, dove in questi giorni è spuntato un murale dedicato al commissario di polizia, vittima di mafia trent’anni fa. L’autrice, che ha tradotto in pittura alcune suggestioni elaborate dagli studenti, si chiama , ex studentessa dell’Accademia di Belle Arti. Di murales progettati nelle scuole se ne vedono sempre più spesso; ed è, in generale, una pratica intelligente, fortemente educativa. Nei casi migliori, almeno. Laddove esiste un percorso didattico adeguato, ma soprattutto il talento di un artista, la sua testimonianza esemplare e la bellezza del suo lavoro. In questo caso, invece, l’istituto palermitano si ritrova in dono un wall painting dal sapore amatoriale, tecnicamente e iconograficamente debolissimo. Inaugurato anch’esso il 23 maggio, il muro nasce nell’ambito del progetto S.O. S. Scuola lanciato da L’Alveare Cinema, in collaborazione – addirittura – con il Ministero dell’Istruzione: a proposito di garanzie istituzionali.
In definitiva, che bisogno c’è di tanti murales, di tanta arte urbana, di tante installazioni a cielo aperto, quando la qualità manca? La retorica del bene comune e dello spazio pubblico si lascia dietro, sovente, un’insopportabile scia d’approssimazione. Dimenticando che se l’arte è sempre eccellenza, quella engagé viaggia su un crinale difficile. Il populismo è un’altra storia. Il dilettantismo anche.
Helga Marsala
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