Perché leggere? Perché scrivere?by JLC |
di Michael Albert
Domande piuttosto stupide – perché scrivere, perché leggere – e tuttavia talvolta le domande più stupide possono rivelare idee utili. E così, perché uno scrittore scrive e perché un lettore legge? Uno scrittore può sentire di avere qualcosa da dire che, ascoltata da altri, può dare loro un beneficio. Oppure forse uno scrittore scrive per essere pagato, o per essere ammirato, o per esprimere se stesso, che è un fatto puramente personale, come un ballerino può ballare o un giocatore di baseball può giocare anche senza avere spettatori. Analogamente, un lettore forse legge qualcosa di edificante o di illuminante, per adempiere a un compito, per apparire brillante, o per suo piacere.
Supponiamo di perfezionare le domande. Se si vuole cambiare il mondo, o anche soltanto il proprio paese, perché si scrive, perché si legge?
Ottenere l’edificazione della propria audience o di se stessi presumibilmente non è più un problema primario. E farlo non è l’arte che uno fa per se stesso o un’ espressione della propria personalità. Né è essere tenuto in grande considerazione. Oppure essere pagato. O apparire brillante. O anche divertirsi. Oppure almeno questi scopi non dovrebbero essere fondamentali se si cerca principalmente di contribuire a cambiare la società.
Cercando il cambiamento, si dovrebbe invece leggere per divulgare o assorbire opinioni, idee, scopi, valutazioni, qualsiasi cosa – per promuovere il cambiamento sociale.
Fin qui, tutto semplice. Supponiamo, però, di guardare tutte le cose che vengono scritte dagli autori che vogliono contribuire al cambiamento sociale, e, per derivazione, anche a tutte le letture. Sembra che questo dimostri i motivi che ci aspettiamo?
Mi capita di vedere, come parte della mia attività quotidiana, una gran proporzione di ciò che è scritto da coloro che cercano il cambiamento sociale, almeno in lingua inglese.
Se leggessi realmente tutto, ogni giorno, finirei in manicomio o, precocemente, in una tomba precoce. Troppa negatività da sopportare. Troppi pochi obiettivi da sostenere. Un piano d’azione troppo ridotto da adottare.
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Guardate i notiziari televisivi o i programmi di intrattenimento? Se sì, potreste aver notato che quando uno spettacolo va bene, quel tipo di programma prolifera. Abbiamo tonnellate di reality televisivi, o telefilm polizieschi, o programmi di medicina, o Zombie, o qualsiasi altro, con nuovi esempi che si accumulano su quelli vecchi, fino a quando la formula smette di funzionare. Soltanto allora c’è la ricerca di qualcosa di nuovo, che, una volta che qualcosa sembra funzionare, prolifera di nuovo. Una versione ancora più estrema e diffusa di questo, è che i canali Tv delle notizie e i giornali coprono tutti le stesse notizie, di cui una minuscola frazione potrebbe essere discussa, e lo stesso vale per i talk show, e anche per le riviste. Anche se mettiamo da parte la conformità ideologica, persiste ancora una conformità diversa. Non so ancora come chiamare il fenomeno. Offende la creatività. Penso che forse rifletta la codardia.
Sembra che coloro che decidono che cosa appare sulle nostre televisioni siano considerevolmente più motivati dalla paura di fallire e di essere considerati colpevoli per il fallimento, di quanto siano motivati da un desiderio di innovare o anche di divertire. Così, se qualche tipo di spettacolo prende piede in un caso, le persone che sviluppano e scelgono i programmi sanno che possono dedicarsi a quel tipo di programma e che questo può anche funzionare, dato che tutti si aspettano quel tipo di programma e si abituano a questo. Ma, inoltre, anche se un programmatore opta per quel tipo ed esso non funziona, non è un problema perché lui o lei non verranno incolpati. Tutto quello che un programmatore, un editore, deve fare è cercare di farlo bene come gli altri. Non c’è bisogno di pensare a qualcosa di nuovo, almeno fino a quando non funzioni nulla. Non devo rischiare di essere considerato un fallimento per aver tentato di fare innovazioni.
E così i programmi di informazione coprono tutti le stesse notizie, e dato che le persone vogliono notizie, e si sono abituati a vedere la stessa vecchia roba, il modello persiste.
Ritornando alla sinistra, le cose non sono simili? I nostri scrittori non producono un pezzo dopo l’altro che è sicuro per i loro lettori, nel senso che non hanno alcun dubbio circa la validità di quello che dicono perché è stato detto ripetutamente – e quindi, almeno nei circoli della sinistra dove essi operano, le loro parole sono terribilmente ridondanti ma non rischiano di apparire stupide o poco conosciute?
Se il pubblico si interessa di X, di qualche avvenimento o di qualsiasi cosa, certamente ci dovrebbe essere una cosa ben scritta su X; se però le persone dovessero cominciare a scrivere di nuovo ripetutamente su X, tanto tempo dopo aver detto qualcosa di nuovo al riguardo, e, di fatto se dovessero continuare a dire le stesse cose l’un l’altro e spesso le stesse cose che essi stessi hanno detto, a esclusione di scrivere su Y, di cui nessuno scrive, quale potrebbe essere ugualmente o anche più importante?
Se non considerate questa una circostanza comune, ok, forse la mia percezione è molto remota. Dimenticatela. Ma se vedete davvero questo modello, come me, allora sorge la domanda: perché accade? Perché gli scrittori e i lettori restano fedeli a ciò che è provato e vero, ma ridondante, invece di cercare di innovare, di sollevare e affrontare nuovi interessi, di offrire nuove idee, di scrivere ciò che le persone non hanno ancora letto che influenza il cambiamento sociale? Perché gli scrittori non dovrebbero volere più spesso esplorare ciò che non viene esplorato da altri, ancora meno da quasi tutti? Perché non dovrebbero voler trattare ciò che non è già nella mente delle persone, ma che lo scrittore pensa non dovrebbe essere nella mente delle persone, invece che scrivere soltanto riguardo a ciò che è nella mente delle persone e che, nella maggior parte dei casi è stato accettato da tempo? E del resto ci si potrebbe chiedere la stessa cosa riguardo a coloro che leggono quello che già conoscono abbastanza e a coloro che non vogliono leggere ciò che è impegnativo.
Supponiamo di riconsiderare le ragioni che pensavamo avessero un senso riguardo al perché le persone che cercano un cambiamento sociale scrivono e leggono. Non sono incoerenti rispetto al modello che cito? Se sarete determinati a contribuire al cambiamento sociale, non vi occuperete di problemi che hanno bisogno di essere espressi perché non sono visibili, non di problemi di cui tutti hanno già scritto fino alla morte? E, tuttavia, questo non è ciò che accade prevalentemente.
Considerate, però, il resto dei motivi per cui le persone scrivono: per denaro, per apparire brillanti, per divertimento, per non aver torto, ecc., specialmente nei contesti in cui viviamo, compresi gli editori che gareggiano per avere l’audience da vendere ai pubblicitari, i direttori preoccupati per la paura di essere rimproverati per deviare dal comportamento “normale” soltanto per perdere il lavoro, e amici e comunità dove si vuole apparire brillanti e sentirsi accettati da coloro che sono propensi a ricompensare l’avere ragione circa ciò che è familiare, ma che castiga l’avere torto su qualsiasi cosa. Queste altre ragioni sono molto coerenti con il modello che almeno io vedo.
E quindi, il modello di focus limitato è reale? Se non lo è, va bene. Ma se lo è, non è necessario un cambiamento?
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