Dai primi anni del 2000 i ricercatori di alcune Università italiane, finanziate dal MIUR, stanno mettendo a punto nuove importanti tecniche di fitorisanamento e fitorimediazione per la bonifica dei terreni contaminati da sostanze inquinanti e metalli pesanti.
Questi sistemi di risanamento dei territori potrebbero rappresentare un’alternativa davvero importante per il futuro di alcune zone della nostra penisola particolarmente interessate dall’inquinamento industriale, come ad esempio la Terra dei Fuochi o i suoli che circondano l’Ilva, famigerata acciaieria di Taranto, dove alcuni progetti di bonifica dei terreni sono già iniziati.
Per il risanamento ecosostenibile dei terreni, la canapa è una delle piante che meglio si presta al raggiungimento dell’obiettivo: proprio presso la Masseria del Carmine – terra simbolo tristemente nota per essere stata contaminata da diossina e policlorobifenili provenienti dalle acciaierie pugliesi – lo scorso anno è partito un progetto promosso dall’associazione CanaPuglia che consiste nella bonifica dei terreni inquinati attraverso la coltivazione di canapa su quattro ettari di terreno. L’esperimento proseguirà per tre anni e per tre raccolti e sarà osservato dall’Università di Bari in collaborazione con il CRA (Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura): verranno quindi valutate scientificamente le capacità di assorbimento della canapa delle sostanze inquinanti e il loro successivo rilascio, per poter sviluppare tecniche sempre più collaudate di fitorisanamento ambientale.
Dal punto di vista ecologico, la cannabis si sta rivelando una risorsa naturale dalle mille capacità. La sua riconsiderazione passa anche attraverso le ormai conosciute proprietà terapeutiche, dal momento che essa è stata (ed è) oggetto di studi scientifici che ne stanno dimostrando l’efficacia nella terapia contro il cancro, la SLA o l’epilessia.
Per la sua capacità di assorbire circa 10 tonnellate di anidride carbonica per ettaro, la canapa è anche utilizzata nella bioedilizia, per la produzione di particolari mattoni in grado di migliorare il comfort abitativo delle case. Ma il processo depurativo della canapa non si verifica soltanto attraverso l’aria, dalla quale essa “imprigiona” grandi quantitativi di Co2, ma le sue radici sono anche in grado di assorbire dal suolo metalli come piombo, zinco, ferro (che potrebbero essere successivamente recuperati e riutilizzati) e di catturare dall’acqua ossido di azoto e altre sostanze inquinanti.
Oltre ai benefici strettamente vantaggiosi per l’ambiente, il fitorisanamento con la canapa è una tecnica ecosostenibile particolarmente economica: la coltivazione di questa pianta, infatti, è semplice e veloce. Essa non richiede l’uso di particolari pesticidi, né di troppa acqua. Cresce inoltre molto velocemente ed è una materia prima utilizzabile in tantissimi settori, dal tessile all’alimentare, dal cosmetico all’automobilistico.
L’ultima frontiera nello sviluppo di queste tecniche ecosostenibili che utilizzano la canapa come principale mezzo di bonifica riguarda un recente progetto diEcofitomed, azienda pugliese che si occupa di tutela dell’ambiente attraverso l’utilizzo di biotecnologie. L’idea è quella di usare la cannabis per la depurazione dei fanghi inquinati provenienti da fognature e scarti industriali, che oggi vengono raccolti, essiccati e gettati nelle discariche oppure bruciati, con impatto ambientale e costi di gestione molto elevati. Attraverso la coltivazione su un terreno misto a fanghi, la canapa sarebbe in grado – nel tempo – di rigenerare la terra trasformandola in suolo bonificato e coltivabile. Attualmente l’azienda sta cercando finanziamenti per sostenere il progetto, che quindi – con molta probabilità – potrebbe vedere i suoi primi sviluppi iniziali soltanto all’estero.
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