«Penose le carceri che non recuperano le persone»
Il Papa tra i detenuti del Curran-Fromhold Correctional Facility: tutti abbiamo qualcosa da cui essere puliti, purificati. Gesù ci cerca e «vuole che nessuno rimanga fuori» dalla sua mensa
ANDREA TORNIELLIFILADELFIA
Nell'ultimo giorno della sua visita negli Stati Uniti, Francesco ha voluto incontrare i carcerati. Ha visitato, arrivando in elicottero di Filadelfia, il Curran-Fromhold Correctional Facility, un penitenziario intitolato a due agenti di polizia carceraria uccisi durante il servizio nel carcere di Holmesburg nel 1973. È il carcere maschile più grande di Filadelfia, con quattro blocchi di detenuti, circa 2800. I detenuti hanno costruito la grande sedia in legno foderata di bianco, che il Papa ha usato.
Francesco ha spiegato a una delegazione di detenuti vestiti con la camicia azzurra, che lo ascoltavano commossi in silenzio: «Una società, una famiglia che non sa soffrire i dolori dei suoi figli è “condannata” a rimanere prigioniera di sé stessa, prigioniera di tutto ciò che la fa soffrire. Sono venuto come pastore - afferma - ma soprattutto come fratello a condividere la vostra situazione e a farla anche mia».
Il Papa ha ricordato l'episodio evangelico nel quale Gesù lava i piedi ai suoi discepoli nell’ultima Cena. All'epoca, spiega Bergoglio, «tutti percorrevano i sentieri che lasciavano impregnati di polvere» ed era abituale lavare i piedi arrivando in una casa prima di cena. Gesù «lava i piedi, i nostri piedi, quelli dei suoi discepoli di ieri e di oggi». Perché «vivere è camminare, vivere è andare per diverse strade, diversi sentieri che lasciano il loro segno nella nostra vita» e Gesù «ci cerca, vuole guarire le nostre ferite, curare i nostri piedi dalle piaghe di un cammino carico di solitudine, pulirci dalla polvere che si è attaccata per le strade che ciascuno ha percorso».
Non ci chiede dove siamo andati, «non ci interroga su che cosa stavamo facendo». Viene incontro a noi «per calzarci di nuovo con la dignità dei figli di Dio. Vuole aiutarci a ricomporre il nostro andare, riprendere il nostro cammino, recuperare la nostra speranza, restituirci la fede e la fiducia. Vuole che torniamo alle strade, alla vita, sentendo che abbiamo una missione; che questo tempo di reclusione non è stato mai sinonimo di espulsione».
Vivere, aggiunge Francesco, «comporta “sporcare i nostri piedi” per le strade polverose della vita, della storia. Tutti, io per primo, abbiamo bisogno di essere purificati, di essere lavati. Il Signore ci cerca tutti per darci la sua mano. È penoso - osserva - riscontrare a volte il generarsi di sistemi penitenziari che non cercano di curare le piaghe, guarire le ferite, generare nuove opportunità. È doloroso riscontrare come a volte si crede che solo alcuni hanno bisogno di essere lavati, purificati, non considerando che la loro stanchezza, il loro dolore, le loro ferite sono anche la stanchezza, il dolore e le ferite di una società».
Dopo aver spiegato che Gesù non vuole lasciar fuori nessuno, e prepara una tavola «per tutti e alla quale tutti siamo invitati», Francesco ha detto ai detenuti: «Questo momento nella vostra vita può avere un unico scopo: tendere la mano per riprendere il cammino, tendere la mano che aiuti al reinserimento sociale. Un reinserimento di cui tutti facciamo parte, che tutti siamo chiamati a stimolare, accompagnare e realizzare. Un reinserimento cercato e desiderato da tutti: reclusi, famiglie, funzionari, politiche sociali e educative. Un reinserimento che benefica ed eleva il livello morale di tutta la comunità».
Gesù, conclude, «ci insegna a guardare il mondo con i suoi occhi. Occhi che non si scandalizzano della polvere della strada, anzi, cerca di pulire e di sanare, cerca di rimediare. Ci invita a lavorare per creare nuove opportunità: per i detenuti, per i loro familiari, per i funzionari; un’opportunità per tutta la società. Siate artefici di opportunità, artefici di cammino, di nuove vie. Tutti abbiamo qualcosa da cui essere puliti, purificati».
Al termine del suo discorso, Bergoglio ha salutato uno ad uno alcune decine di prigionieri, accompagnato dal frate francescano cappellano del carcere.
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