Aboliti i rituali. Il Festival diventa Festa del cinema di Roma
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Negli ultimi anni, in ogni parte del mondo, si è assistito ad un aumento incontrollato di festival cinematografici, che si sono sovrapposti, a volte in maniera irragionevole e inappropriata, a quelli con una storia consolidata e gloriosa. Ce ne sono di ogni tipo e qualità, e nel momento in cui sono stato chiamato ad assumere il ruolo di direttore artistico dell'evento che si terrà a Roma dal 16 al 24 ottobre, mi sono immediatamente detto che non avrei contribuito a rafforzare questa tendenza, che ritengo sterile e nociva.
La mia prima decisione è stata quella di trasformare il Festival in Festa, come peraltro era stata concepita quando fu fondata, dieci anni fa. Può apparire un gioco formale e lessicale, ma in realtà si tratta di una differenza sostanziale: intendo la Festa non solo come un momento di gioia e aggregazione, ma soprattutto di celebrazione del cinema.
Credo che questa decisione rappresenti anche una prima risposta all'osservazione rivolta ripetutamente ai miei predecessori: quella di aver costruito una rassegna senza un'identità. Devo ammettere di non aver mai compreso cosa intendesse esattamente questa annotazione negativa, e mi auguro che quanto ho avviato stemperi eventuali argomentazioni pretestuose e giudizi relativi al passato.
Ho deciso quindi di cancellare il concorso, le giurie, le cerimonie di apertura e chiusura: si tratta di rituali che ritengo ingessati e impropri rispetto a quello che ho in mente. Per lo stesso motivo ho deciso di annullare i premi, con l'eccezione di quello del pubblico, tenuto in vita proprio per sottolineare l'elemento di condivisione popolare: nella Festa che ho l'onore di dirigere, ogni film ed ogni ospite è un vincitore nel momento in cui viene invitato.
Un altro elemento che caratterizza i festival, e rispetto al quale ho voluto dare un segno forte di discontinuità, è quello delle anteprime. Sono felice e orgoglioso di poter dire che la Festa avrà una maggioranza assoluta di anteprime europee e mondiali, ma presenterà anche alcune anteprime italiane.
Ritengo assurdo e persino ridicolo che il pubblico che affollerà la Festa di Roma debba essere privato della possibilità di vedere un film solo perché è stato proiettato in precedenza a New York o a Parigi. Non credo che la qualità di un evento si misuri dall'essere riuscito a strappare una pellicola ad una rassegna rivale, o dall'anticiparne la programmazione di qualche giorno, ma dal grado di emozione e condivisione che i film riescono a generare tra il pubblico.
Sono orgoglioso di aver operato una piccola rivoluzione, stabilendo un'alleanza con un Festival prestigioso come quello di Londra: nel momento in cui ci siamo resi conto con la direttrice Clare Stewart che in più di un'occasione avevamo adocchiato gli stessi titoli, abbiamo deciso di condividere gli inviti, alternando le date delle anteprime dei film nelle rispettive città. Nel ringraziare Clare per la collaborazione e la lungimiranza, credo di poter affermare che siamo riusciti a dare un segno importante, stabilendo un rapporto curatoriale sano: i beneficiari di questa nostra scelta saranno gli spettatori di Roma e Londra, che potranno vedere film altrimenti negati dalla logica miope, arrogante ed egoista dell'anteprima.
Ho avuto il privilegio di lavorare con un gruppo di selezionatori di eccellenza, che non potrò mai ringraziare abbastanza per dedizione e competenza: Alessia Palanti, appassionata e sferzante; Giovanna Fulvi, saggia e acuta; Francesco Zippel, energetico ed entusiasta; Alberto Crespi, profondo e ironico; Mario Sesti, che del gruppo è stato il coordinatore ed ha portato la sua preziosa esperienza di ex-direttore della sezione Extra e poi di Taormina, e Richard Peña, che ha accettato questo lavoro di consulenza dopo aver diretto per venticinque anni il New York Film Festival. Ricordo questi elementi e queste caratteristiche personali per sottolineare lo spirito collegiale e di autentica collaborazione che ha animato il nostro lavoro. Abbiamo ovviamente gusti, formazioni e predilezioni diverse, ma siamo accomunati dall'amore per il cinema di qualità: voglio rivelare che sono stati pochissimi i film sui quali non ci sia stato un parere pressoché unanime. Proprio per segnare la differenza del nostro sguardo, che si è rivelata una grande fonte di arricchimento, ho chiesto ad ognuno di scegliere un film prediletto del passato, che sarà presentato nell'ambito della Festa: si tratta di un ulteriore segno di condivisione.
Al gruppo dei selezionatori va affiancata la squadra dell'Ufficio Cinema: Sara Colautti, Marta Giovannini, Jacopo Mosca, Simona Patrizi e Alessandra Fontemaggi, che ha diretto la struttura e spesso ha lavorato intere nottate per rendere possibile la realizzazione del programma. A lei voglio esprimere pubblicamente un grazie particolare, per l'umiltà con cui sceglie ripetutamente di non apparire quando meriterebbe invece di essere al centro di un risultato positivo.
All'inizio del nostro lavoro mi sono limitato a dare ad ognuno dei selezionatori un'indicazione, sulla quale ci siamo intesi immediatamente, e che si riassume in tre parole: discontinuità, varietà e qualità. La ricerca della qualità ci ha costretto a pronunciare dei "no" dolorosi e a volte inaspettati, ma credo di poter dire a nome di tutti di essere estremamente soddisfatto di aver tenuto alta l'asticella. La Festa che abbiamo organizzato è inclusiva per il pubblico, ma esclusiva per gli invitati nella lista finale dei trentasette film della Selezione Ufficiale. Sono molti i titoli di cui siamo sinceramente entusiasti: alcuni dei registi sono estremamente affermati e di culto, ma ad essi se ne affiancano altri, più giovani o ancora poco conosciuti, destinati ad un sicuro avvenire. Ritengo che la mescolanza tra celebrazione e scoperta rappresenti uno degli scopi principali della Festa.
Sono felice di aggiungere che nessuno dei selezionatori ha mai avuto la tentazione di suggerire un film per l'opportunità di conquistare qualche pagina di giornale grazie ad un tema pruriginoso, o per la presenza di una star: non esiste un brutto film che trovi redenzione con un bel red carpet o per un articolo che parli del tema affrontato. È uno dei segni con cui ho voluto caratterizzare la Festa: troppo spesso, ultimamente, si sono confusi festival, rassegne e persino premi planetari con sfilate di moda. Lo dico con il massimo rispetto per chi lavora in quel settore, ma si tratta di cose estremamente diverse, e il mio intento è contribuire a riportare il cinema alla sua autentica essenza: la condivisione, all'interno di uno spazio buio, di un'emozione generata da una narrazione sul grande schermo. Il successo della Festa sarà misurato da quell'emozione condivisa, non altro.
Per quanto riguarda la varietà, il sottoscritto, come tutti coloro che hanno lavorato alla selezione, crede fermamente nei "generi", e ritiene che non ce ne siano di più o meno nobili: esistono semplicemente film belli e film brutti. Chi parteciperà alla Festa potrà immediatamente accorgersi dei frutti di questa impostazione: nei nove giorni di programmazione saranno presentati musical, documentari, thriller, melodrammi, commedie, animazioni, film d'azione che a volte sconfinano nel sovrannaturale, serie televisive e opere di ricerca personale. Chi mi conosce sa quanto sia refrattario alla schiavitù politicamente corretta delle quote, ma sono felice di affermare che la varietà dei generi sarà amplificata ulteriormente dalla differenza di proposte culturali: quanto proponiamo proviene da ogni parte del mondo e offre un affresco ricco e affascinante su come sta evolvendo, in questo momento, il cinema mondiale.
Riguardo alla discontinuità, determinante per rendere possibile la rinascita della Festa, credo che oltre agli esempi già fatti sia esemplare il disegno che ho voluto dare alla struttura dell'evento, divisa in tre fasce: i trentasette film della Selezione Ufficiale; le retrospettive, ed una serie di incontri, ai quali vanno aggiunti gli omaggi a grandi maestri del cinema contemporaneo e del passato. Le retrospettive, che saranno curate da Mario Sesti, offrono un altro segno di varietà: un grande autore italiano troppo spesso dimenticato come Antonio Pietrangeli, un cineasta tra i più significativi dell'attuale panorama internazionale come Pablo Larraín, e la Pixar, che ritengo una delle realtà più importanti e rivoluzionarie degli ultimi anni.
La retrospettiva dedicata ad Antonio Pietrangeli e gli omaggi ai maestri si avvalgono della collaborazione con Luce Cinecittà e la Cineteca Nazionale: voglio esprimere per questo la mia gratitudine a Roberto Cicutto ed Emiliano Morreale per aver compreso come l'arte e la cultura in generale abbiano un fondamentale bisogno di essere industria e sistema.
Un ennesimo segno di discontinuità con il passato è offerto dalla diffusione degli eventi nella città: oltre all'Auditorium, che rimane il centro della Festa, ci saranno proiezioni organizzate all'interno di alcune tra le più prestigiose istituzioni della città, a cominciare dal MAXXI e dalla Casa del Cinema. È il momento di ringraziare Giovanna Melandri e Giorgio Gosetti, ricordando parallelamente che alcuni eventi verranno organizzati in aree finora inedite, come ad esempio il Pigneto: si tratta di un altro modo di ribadire l'idea di condivisione che è alla base della filosofia della Festa.
Ritengo che uno dei segni più importanti di discontinuità sia offerto dagli incontri, che ho voluto chiamare ravvicinati, in omaggio ad un regista che amo profondamente e che spero in futuro di poter celebrare. Ogni sera, nelle sale dell'Auditorium, saliranno sul palcoscenico alcune grandi personalità dell'arte, dello spettacolo e della cultura che racconteranno come il cinema ha influenzato la loro vita, e, in alcuni casi, parleranno del loro amore per il cinema italiano. È il caso, ad esempio, di due artisti che si esprimono in campi differenti quali Wes Anderson e Donna Tartt. Credo fermamente nel dialogo tra le diverse forme espressive, e penso che nel caso di arte autentica, i linguaggi differenti rappresentino un modo di intuire l'universale nel particolare, l'assoluto nel dettaglio. E, per dare un ennesimo segno di discontinuità, ho deciso di affidare la scelta di una riscoperta anche ad uno dei nostri ospiti: quest'anno è stata proprio la Tartt che ha scelto un documentario rarissimo e straordinario, intitolato Holy Ghost People.
Abbiamo inoltre deciso di sostituire la classica sigla che precede i film con una serie di sequenze di scene di festa tratte da pellicole celebri: è un altro nostro modo di sottolineare la nostra concezione dell'evento e il nostro amore per il cinema.
Infine abbiamo voluto firmare l'immagine della Festa e il catalogo che state leggendo con una foto di Virna Lisi, una magnifica attrice che è riuscita ad essere nello stesso tempo profondamente italiana, anzi romana, e internazionale: credo che anche questo offra un segno di cosa voglia essere la Festa. Sarebbe ipocrita nascondere le difficoltà nei sette mesi passati dal giorno della mia nomina, a cominciare dalla contrazione dei giorni di programmazione (nove anziché dieci), da un budget decisamente ristretto rispetto agli anni precedenti, e dalla mancata disponibilità della Santa Cecilia, la più grande delle sale dell'Auditorium, che comporterà un'inevitabile flessione del numero di spettatori. Ma sarebbe grave non apprezzare l'opportunità che mi è stata offerta, pur nella difficoltà: da molto tempo ho fatto mia la definizione di Winston Churchill, il quale spiegava che la differenza tra un pessimista ed un ottimista è che il primo vede difficoltà in ogni opportunità e il secondo opportunità in ogni difficoltà. Voglio essere, anzi sono ottimista e mi riconosco interamente nel lavoro realizzato: non c'è film o evento del quale non sia convinto ed orgoglioso. Lotterò perché l'anno prossimo queste problematiche scompaiano, ma credo che queste difficoltà ci abbiano spronato a dare il meglio di noi.
Nel ringraziare gli sponsor, generosi e illuminati, l'intero staff della Fondazione Cinema per Roma (siete tanti, ma vi abbraccio ad uno ad uno, a cominciare da Valeria Allegritti), e tutti coloro che hanno riposto fiducia nel mio lavoro, voglio esprimere il mio affetto e la mia gratitudine a Piera Detassis, che si è dimostrata serena e affettuosa nei momenti più difficili, e a Lucio Argano e Francesca Via, i quali non mi hanno mai fatto mancare il loro appoggio.
Scrivo queste note a New York, la splendida metropoli nella quale vivo da ventidue anni. Uno dei tanti privilegi della mia nomina a direttore artistico è rappresentata dall'opportunità di passare nuovamente molti mesi a Roma, la città nella quale sono cresciuto: è di gran lunga la più bella del mondo, e non esiste luogo che abbia una storia ugualmente ricca e gloriosa. Auspico che in questo periodo complesso la Festa rappresenti un momento di gioia, eleganza, condivisione e ulteriore arricchimento. Come augurio voglio salutarvi scegliendo le parole conclusive di Marcello Mastroianni in 8 ½. Dopo un momento di crisi, riscopre la felicità e l'incanto e dice: "è una festa la vita, viviamola insieme".
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