lunedì 29 febbraio 2016

migranti:siamo sulla stessa barca

Accogliere? Siamo sulla stessa barca

by JLC
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di Alessia Cristofanilli e Ilaria Olimpico 
Il progetto "accoglienza" nasce da un sogno, un sogno collettivo creato nel luglio 2015.
L'idea era di dare vita a una ricerca sociale sul tema dell'accoglienza, l'urgenza comune era quella di attivarsi e fare qualcosa per cambiare il sistema di accoglienza in Italia.
Siamo un gruppo di artisti e artiste, teatranti, operatori e operatrici che lavorano nel campo sociale, e crediamo nel teatro e nelle arti partecipative come motori di cambiamento. Crediamo che il linguaggio dell'arte e in particolare quello teatrale sia in grado di attivare un processo di trasformazione, non solo a livello scenico ma anche e soprattutto sociale. Prendiamo ispirazione da Augusto Boal e dal Teatro dell’Oppressoche vede il teatro come uno strumento di indagine e trasformazione delle persone e della società, in particolare ci ispiramo alla tecnica del Teatro Legislativo, che usa il teatro e l’arte per cambiare dal basso e in modo creativo la realtà su tutti i livelli.
Abbiamo esperienza diretta o indiretta del teatro messo a servizio delle storie migranti, strumento delicato e al tempo stesso vulcanico, di denuncia civile e di testimonianza sensibile. Sappiamo che organizzazioni e associazioni di settore elaborano proposte legislative per migliorare l’attuale sistema. Noi vorremmo mettere insieme la denuncia e l’artela partecipazione e la professionalità, il coinvolgimento e la legislazione, i vissuti e i sogni. Crediamo che il sistema di accoglienza in Italia necessiti di un cambiamento, di una scossa, sentiamo di vivere in un paese che non sa cosa vuol dire "accogliere”.
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Niente bandi, niente progetti finanziati. Siamo anche un po’ stanche e stanchi delle logiche di finanziamento. Inizieremo con un crowdfunding, una raccolta fondi dal basso, per essere sostenibili nel nostro lavoro ma anche e soprattutto per cominciare da subito coinvolgendo le persone, facendo rete e aprendo un dialogo. http://linkpdb.me/9875
"Accoglienza", parola di apertura e calore, è usata per definire il sistema intrigato e macchinoso della politica dell’asilo in Italia. Cosa significa accoglienza? Cosa intendono le istituzioni per accoglienza e come i cittadini italiani vivono questo fenomeno? Come vivono l'accoglienza le persone "accolte"? Come vivono? Dove vivono? Quali sono le loro speranze? Il nostro sistema di accoglienza è l'unico possibile? È pensabile un sistema alternativo? Come possiamo portare avanti un altro tipo di accoglienza? Queste domande sono le radici del nostro progetto e le domande che rimangono aperte mantengono in vita il nostro percorso artistico e sociale.
Abbiamo sognato in grande, abbiamo immaginato un progetto che si articolasse in diverse azioni, a diversi livelli, abbiamo immaginato un progetto a cui tutti potessero dare il proprio contributo.
Abbiamo cominciato Il 20 ottobre 2015 con il laboratorio teatrale “Accoglienza” e abbiamo scelto come sede del laboratorio La città dell’Utopia, luogo di incontro e di scambio tra culture, spazio di cittadinanza attiva, accogliente e pieno di buone energie.
Consideriamo prezioso l'incontro e la condivisione di tutte le persone che sono coinvolte nel sistema di accoglienza, per questo abbiamo aperto il laboratorio ai/alle migranti e a chi opera nei centri di accoglienza. È stata per noi una grande emozione vedere persone interessate a conoscere il nostro progetto e pronte a mettersi in gioco per pensare e costruire insieme un sistema di accoglienza migliore.
Ci siamo incontrati ogni martedì per tre mesi in una stanza dalle pareti rosse e ci siamo raccontati, con le parole e con i nostri corpi, abbiamo condiviso le nostre storie, ci siamo trasformati, siamo diventati qualcos’altro, abbiamo danzato con i nostri desideri e abbiamo lottato con le nostre paure, abbiamo cantato terre lontane e abbiamo immaginato il cambiamento. Alcuni partecipanti sono diventati parte del gruppo stabile, alcuni sono venuti a portare la loro testimonianza e a cantare una canzone. È la fase della raccolta di storie, di immagini, di suoni e suggestioni da mettere al servizio della creazione, di questa forma di arte che non si ferma all’arte ma trascende se stessa nell’incontro con l’altro, con le problematiche sociali, con la vita.
Ogni contributo, ogni parola, ogni movimento è stato accolto come traccia importante per la creazione della performance e raccolto come materiale necessario e prezioso per il processo di teatro legislativo. Dal mese di febbraio al mese di aprile si costituisce il gruppo stabile che lavora alla creazione della performance, pur restando il gruppo aperto a contributi esterni e collaborazioni. Iniziamo un lavoro strutturato sulla costruzione dei personaggi, lavoriamo sulla gestualità e sulla voce, sulla creazione di scene di teatro forum.
I ragazzi sono pieni di entusiasmo e voglia di raccontarsi, presenti e felici di essere lì  in “un posto dove nessuno ti giudica perché non sei cittadino Italiano”, “un luogo dove poter giocare e raccontarsi”, “dove ci si rilassa e si riflette”, “dove è possibile esprimersi non solo con le parole”. Queste riflessioni, dette nel rituale del cerchio di chiusura che ci concediamo alla fine di ogni incontro, ci riempiono di fiducia e ci danno forza per affrontare lo step successivo: la messa in scena di uno spettacolo.
E sono proprio i partecipanti, i ragazzi che frequentano il nostro gruppo che ci ricordano con i loro racconti quanto il connubio tra teatro e sociale sia imprescindibile.
C’è B. che ci ha narrato la sua storia di viaggio, un’odissea dei nostri giorni, fatta di profezie, visioni, peripezie e cambi di identità:
Per poter viaggiare devo diventare un altro, rinnegare il mio nome e il mio cognome, memorizzare la data di nascita del mio amico. 
Per arrivare alla prossima costa, uno di noi deve morire, inghiottito dalle onde, ci manda l'ultimo saluto attraverso gli occhi grandi di un pesce... una balena... una sirena... chi può dirlo, non mangiamo da due settimane... Sacrificio, magia, agnello del mare, dopo la sua morte il motore della barca ritorna a navigare...
C’è B. che ci racconta l’altra faccia dell’integrazione:
I miei compagni nel centro d’accoglienza, dicono che sono un traditore perché siamo arrivati insieme e io adesso parlo l’italiano, studio, mi sto integrando, dicono che sto diventando come loro, come gli Italiani.
C’è V. che ci racconta il momento in cui arriva il tanto atteso permesso di soggiorno:
Quando arrivi in Europa ti dicono che devi ottenere al più presto il permesso di soggiorno, fino a quel momento sei nel campo, ma quando arrivano i documenti da un giorno all’altro senza un lavoro e una casa, ti ritrovi fuori, senza nulla, vivo in una casa senza finestre, la notte è molto freddo.
Storie tristi di “accoglienza”, di cui non vogliamo cogliere solo la lamentela ma di cui vogliamo accogliere la sfida del cambiamento.
La macchina del sistema di accoglienza non funziona. Non funziona per chi dovrebbe essere accolta o accolto, non funziona per chi lavora nel sistema, non funziona per tutta la cittadinanza perchè siamo tutti e tutte interconnessi. Come diciamo nei nostri cartelli, con i nostri volti: Siamo nella stessa barca. Per questo, il nostro non è un progetto “per” i migranti e le migranti, ma è un progetto che riguarda tutti e tutte noi e tutti e tutte siamo chiamati a immaginare, provare e attuare un cambiamento.
Il teatro legislativo ci permette di farlo. Il teatro legislativo è una delle tecniche della metodologia del Teatro dell’Oppresso, è la continuazione e lo sviluppo della tecnica del teatro forum, portandolo nella dimensione delle istituzioni e del cambiamento del quadro normativo. Il teatro forum permette di mettere in scena una problematica e chiedere al pubblico di intervenire in scena per provare delle proposte di cambiamento. A questo, il teatro legislativo aggiunge una ri-elaborazione delle proposte pervenute in scena, in forma di documento/proposta di legge da sottoporre alle istituzioni e a chi ha potere decisionale e attuativo in merito.
Attraverso il teatro legislativo, apriamo un dialogo con la cittadinanza prima di tutto e raccogliamo dal basso i tasselli per una visione di un sistema di accoglienza più equo, più sensibile, più sostenibile.

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