lunedì 28 marzo 2016

ma non succede niente?


Siamo certi che non succede niente?

by maomao comune
E' da un pezzo che in Messico l'arroganza e la violenza delle istituzioni e della criminalità hanno creato una situazione insopportabile che in altri tempi avrebbe generato insurrezioni. Perché ora non accade? Non è per la paura, sebbene sia chiaro che la maggioranza della gente non vuole altra violenza. Il fatto è che l'esperienza ha dimostrato in modo chiaro che il mero cambiamento dei dirigenti non è sufficiente a produrre cambiamenti reali, così come non lo sono le grandi riforme degli apparati. Eppure, a saper leggere le cose con occhi attenti qualcosa sta accadendo
Berta-Cáceres
Siamo tutti Berta Caceres. Foto tratta da telecolor 
di Gustavo Esteva 
I nostri 43 e Berta Cáceres sono ormai simboli del momento e dello stato delle cose. Evidenziano il modo in cui il capitalismo e i suoi complici al governo commettono impunemente ogni genere di crimine mentre accelerano la spoliazione senza precedenti che caratterizza la situazione attuale. Rivelano però anche la resistenza che cresce con vigore. La strategia mortale e distruttiva “di quelli che stanno in alto” sta incontrando i suoi limiti naturali, umani e politici.
Le mobilitazioni nazionali e internazionali che continua a suscitare Ayotzinapa e che ora si propagano per Berta e per proteggere Gustavo Castro hanno mostrato vigore insolito, capacità di concertazione, velocità di risposta. Ogni tanto mobilitazioni del genere ottengono risultati puntuali: la liberazione di un prigioniero politico, la difesa di un territorio, la cancellazione di un'opera, l'espulsione di un'azienda transnazionale...
Molti continuano tuttavia a chiedersi perché "non succede niente", perché non c'è una sollevazione che fermi l'orrore che subiamo, perché continuiamo a sopportare queste classi politiche ed economiche incompetenti, corrotte, autoritarie e violente....E' da un pezzo che prevalgono le condizioni che in passato hanno prodotto sollevazioni e rivoluzioni. Perché ora non accade?
Di sicuro “quelli che stanno in alto” hanno imparato a prevenire e combattere la risposta popolare. Il Rapporto Ayotzinapa consente di sospettare, per esempio, che utilizzino nuovi metodi per impedire l'identificazione e la punizione dei colpevoli. Le tecniche di repressione preventiva combinano l'omicidio dei dirigenti con l'uso di provocatori e l'infiltrazione delle organizzazioni per dividerle o farle lanciare nel vuoto. Le loro azioni e le loro nuove iniziative sono innumerevoli. Però non bastano per spiegare ciò che sta succedendo o quello che invece non succede più.
Il cinismo e l'impunità di “quelli che stanno in alto” sembrano concretizzarsi in quello che appare come il rafforzamento di ciò che continuiamo a chiamare la destra. Serve una spiegazione per ciò che è successo in Argentina, Bolivia, Brasile, Venezuela e da molte altre parti. Come mai, in pochi anni, l'estrema destra ha raccolto più voti in Francia, passando dal 15 al 30 per cento, e in alcune regioni addirittura al 40? Secondo Piketty, questa evoluzione è dovuta in parte alla "profonda delusione per il modo in cui i governi di sinistra hanno governato". E' un'affermazione sulla Francia ma può essere applicata senza difficoltà a tutti gli altri casi.
Entriamo così nel solco di altre risposte. Non hanno imparato solo “quelli che stanno in alto”. L'hanno fatto anche “quelli che stanno in basso”. Le sollevazioni e le rivoluzioni che hanno portato alla rimozione e sostituzione dei dirigenti non hanno però prodotto i risultati auspicatiHanno causato, in generale, solo rimpasti tra le classi dominanti, trasformandosi in semplici colpi di Stato, persino nei casi in cui c'è stata ampissima mobilitazione, partecipazione popolare e alcuni cambiamenti sostanziali nell'orientamento delle politiche pubbliche e della struttura sociale. Ricordiamo il Nicaragua.
Nel 1993, quando gli zapatisti stavano ultimando i preparativi per la sollevazione del primo gennaio 1994, nacque il Consiglio Civico delle Organizzazioni Popolari e Indigene del Honduras (Copinh) che era diretto da Berta Cáceres. Insieme ad altre donne dell'organizzazione, lei fu tra le prime a proclamare quel 'non abbiamo paura' che si è andato generalizzando e si è trasformato con il tempo nel lemma attuale: "Ci hanno tolto talmente tanto che ci hanno tolto perfino la paura". E' arrivato il momento di dire Basta!
Non è per la paura che non si produce una sollevazione. Certo, la maggioranza della gente non vuole provocare la violenza che inevitabilmente accompagna una sollevazione contro i poteri costituiti, ma non sembra comunque essere questo il fattore che impedisce di reagire in modo tradizionale di fronte a una situazione insopportabile. Si è sedimentata l'esperienza che il mero cambiamento dei dirigenti non sia sufficiente e che non bastino neppure grandi riforme degli apparati.
Molti, comunque, scommettono ancora sul voto perché hanno l'illusione che possa cambiare qualcosa... o perché non vedono altra possibilità. Altri hanno acquisito la convinzione che ci si può fidare solo della gente stessa; non affidano la propria volontà a nessun leader o a nessun partito. Si staccheranno da “quelli che stanno in alto” quando si renderanno conto che “quelli che stanno in basso”, con la loro organizzazione, possono controllare il processo di cambiamento e impedire che qualcuno approfitti delle turbolenze per ristabilire di nuovo un controllo egemonico. E questo, progredire con la costruzione dal basso e articolare coscientemente le iniziative, in modo orizzontale e non partitico, è quello che sta succedendo ovunque. E' ciò che intreccia misteriosamente i fili del Copinh, Ayotzinapa e il Chiapas con quelli di Ferguson, della Palestina e di altri punti della nuova geografia della resistenza e della trasformazione.
Genera un dolore profondo la morte di Berta Cáceres, e non basta a consolarci il vedere spuntare i semi che aveva seminato lei o la forza dell'organizzazione che dirigeva. Continua a preoccupare sempre più la situazione di Gustavo Castro, esposto a molti pericoli, e l'orgoglio di ascoltare il suo coraggio, la sua integrità e la soddisfazione di vedere il sostegno che riceve non bastano a dissipare la preoccupazione.
Senza negare il dolore e la preoccupazione, che non devono lasciarci, dobbiamo tenere gli occhi ben aperti su ciò che succede. Sta succedendo quel che deve succedere.

da La Jornada del 14/3/16
Traduzione a cura di Camminar Domandando
Camminar Domandando è una rete di relazioni impegnata nella traduzione e diffusione delle voci provenienti dal mondo latino americano radicato in basso e a sinistra, con una particolare attenzione al variegato mondo indigeno.
‏Sul nostro sito sono gratuitamente consultabili e scaricabili articoli, libri e quaderni di cui abbiamo curato la traduzione.
Tra i tanti autori: Gustavo Esteva, Jean Robert, Raul Zibechi, Pablo Davalos e altri.
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